23 novembre 2007
Osservatore Romano: "L'assemblea di Sibiu ha smentito lo stallo ecumenico"
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Una riflessione del presidente della Conferenza delle Chiese Europee
L'assemblea di Sibiu ha smentito lo stallo ecumenico
Jean-Arnold de Clermont
Malgrado le difficoltà, le tensioni e l'inevitabile pesantezza organizzativa di un incontro ecumenico con duemilacinquecento delegati, sono tornato molto incoraggiato dall'Assemblea di Sibiu: non tanto perché ci siano stati straordinari progressi sul piano ecumenico, rispetto alle precedenti assemblee, quanto perché Sibiu ha smentito un luogo comune. Mi riferisco all'affermazione che l'ecumenismo si trovi in una situazione di stallo, perché le voci delle tre grandi confessioni cristiane - la cattolica, l'ortodossa e la protestante - sarebbero diventate così parallele da togliere ogni speranza di convergenza.
Ormai la terza assemblea ecumenica europea di Sibiu è storia. Essa si è riunita sul tema "La luce di Cristo illumina tutti. Speranza di un rinnovamento e unità in Europa". Come le precedenti Assemblee di Basilea (1989) e Graz (1997) anche quella di Sibiu è stata convocata congiuntamente dal Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee (Ccee) e dalla Conferenza delle Chiese Europee (Kek), organismo che riunisce centoventi Chiese di tradizione ortodossa, protestante, anglicana e vecchio-cattolica. Il comitato centrale della Kek riunito a Vienna dal 14 al 17 novembre ha avviato una prima riflessione su Sibiu.
Ebbene, il "popolo ecumenico" presente a Sibiu ha chiaramente affermato che vale la pena di continuare a dialogare: anche se il confronto può essere difficile e aspro, dei progressi sono possibili - penso in particolare alla seconda raccomandazione del messaggio finale, che invita a "proseguire il dibattito sul riconoscimento reciproco del battesimo, tenendo conto degli importanti risultati raggiunti su questo argomento in diversi paesi". Inoltre, i delegati di Sibiu hanno riaffermato il loro impegno a far avanzare questioni che tutti abbiamo a cuore, come la salvaguardia dell'ambiente, la giustizia sociale, l'accoglienza degli immigrati, la lotta contro la povertà in Europa e nel mondo, l'impegno per la pace.
La domanda che ci dobbiamo porre, come teologi e come pastori, è la seguente: quando constatiamo che i membri delle nostre comunità, così diverse tra loro, sono, su tanti temi, impegnati in un cammino comune, siamo noi pronti ad accompagnarli perché alla comune testimonianza si uniscano una sempre più profonda spiritualità ecumenica, una lettura comune della Bibbia, un dialogo teologico sempre più forte?
Credo che occorra leggere l'incontro di Sibiu alla luce del dibattito assembleare sul messaggio finale; ad una prima bozza alquanto generica i delegati hanno reagito dicendo: non è questo quello che vogliamo, vogliamo dire quello su cui siamo pronti ad impegnarci insieme. Certo, le dieci raccomandazioni contenute nel messaggio non sono completamente nuove, ma sono convinto che consentiranno al movimento ecumenico in Europa di riprendere vitalità.
Un altro elemento positivo che vorrei sottolineare è la partecipazione dei leader politici europei, che per la prima volta sono venuti ad un'assemblea ecumenica europea per esprimere loro attese nei confronti delle Chiese rispetto al processo di integrazione europea.
A Vienna il comitato centrale della Kek ha avviato una prima riflessione sui risultati dell'assemblea di Sibiu: le tappe successive saranno l'analisi dei rapporti dei nove "forum" in cui si è articolato il lavoro assembleare, e l'individuazione di una strategia per mettere in pratica le raccomandazioni finali. Il tutto andrà fatto in collaborazione con il Ccee, e sarà in particolare compito della prossima riunione del comitato congiunto tra Kek e Ccee che avrà luogo a Londra il prossimo febbraio 2008.
In quella sede dovremo anche riflettere su come ottimizzare la collaborazione dei due organismi. A questo proposito, mi chiedo se non dovremmo osare una domanda radicale, vale a dire se non dovremmo cominciare a lavorare ad un'unica struttura ecumenica europea. So bene quali e quante siano le difficoltà, ma l'impegno ecumenico in Europa ne trarrebbe un enorme giovamento; non solo in termini di efficacia, ma anche per ritrovare una visione dell'ecumenismo a lungo termine. D'altronde, l'esigenza di trovare una piattaforma ecumenica comune è una preoccupazione delle Chiese a livello mondiale, come è emerso dalla recente riunione del "Forum cristiano globale" a Nairobi.
Molti si chiedono se valga ancora la pena di convocare assemblee ecumeniche come quella di Sibiu. Sono tentato di dire: attenzione a non buttare via il bambino con l'acqua sporca. Dal punto di vista dell'incontro ecumenico, l'incontro di Sibiu è stato un grande avvenimento. Non dimentichiamo che i delegati erano tre volte più numerosi rispetto alle precedenti assemblee. Si possono fare molte critiche, si possono studiare nuove modalità di organizzazione, ma l'incontro, quando è di qualità, non può che nutrire lo spirito ecumenico. E questo è confermato dai rapporti che stiamo ricevendo da molti delegati, o dai blog ecumenici che alcune delegazioni (come quella francese) hanno curato sulla rete. Particolarmente positive sono le valutazioni dei giovani: sebbene fossero solo duecento e non abbiano trovato facilmente il loro ruolo nell'assemblea, il loro entusiasmo e il loro impegno sono stati encomiabili. Il documento approvato dai giovani delegati, allegato al messaggio finale, ne è la prova. Perché allora non immaginare di offrire ai giovani delle nostre Chiese un'assemblea giovanile ecumenica europea, che potrebbe dare nuovo slancio all'ecumenismo nel vecchio continente?
(©L'Osservatore Romano - 23 novembre 2007)
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