4 marzo 2008

Incontro di lavoro in Vaticano tra una delegazione musulmana e il Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso (Radio Vaticana)


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Incontro di lavoro in Vaticano tra una delegazione musulmana e il Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso

Si svolge oggi e domani in Vaticano una riunione preliminare, di carattere tecnico-operativo, tra una delegazione musulmana e il Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso per definire alcuni aspetti procedurali per l’avvio di una riflessione comune e la preparazione di un incontro di personalità islamiche con il Santo Padre. La riunione segue un carteggio tra esponenti islamici e Santa Sede e la recente visita del cardinale Jean-Louis Tauran alla prestigiosa Università islamica di Al-Azhar al Cairo. Tra gli elementi di questo scambio epistolare figura una lettera inviata da 138 saggi musulmani al Papa e ai responsabili delle Chiese cristiane che individua nell’amore di Dio e del prossimo il punto in comune tra cristianesimo e islam. Ascoltiamo in proposito la riflessione di un teologo, don Andrea Pacini, consultore della Commissione per i rapporti religiosi con i musulmani presso il Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso. L’intervista è di Fabio Colagrande:

R. – Direi che la lettera esprime il frutto del dialogo intercorso negli ultimi decenni. Certamente non ha risolto i problemi, ma apre – semmai – delle prospettive interessanti per poterli risolvere in futuro. A me pare, per esempio, molto interessante che nell’introduzione a questa lettera venga detto in maniera esplicita che espressione concreta dell’amore per il prossimo è il rispetto del suo diritto alla libertà religiosa. Ma come noi sappiamo questo è un tema molto caro alle comunità cristiane minoritarie nei Paesi musulmani e che spesso hanno invece notevoli difficoltà a vedersi riconosciuto questo diritto e il fatto che sia stato messo a tema come espressione concreta dell’amore per il prossimo, mi pare un passo avanti importante.

D. – A proposito della franchezza, che deve sempre contraddistinguere il dialogo, è stato interessante quanto ha detto ai nostri microfoni il cardinale Tauran, tornando dal suo viaggio presso l’Università islamica Al-Azhar al Cairo. Ci ha infatti raccontato che la parte musulmana, durante questo incontro, ha insistito molto sul fatto che, secondo il Corano, in materia di religione non ci sia costrizione e lo stesso cardinale Tauran ne ha approfittato a questo punto per dire che questo è principio molto bello, ma che ci sono dei Paesi in cui questo principio non viene applicato e ci sono situazioni in cui i cristiani non hanno nemmeno la possibilità di avere una Chiesa per praticare il loro culto. Da parte musulmana c’è stato il riconoscimento che si tratta di un problema, di un problema da risolvere. Resta questa della libertà religiosa una delle tematiche più delicate?

R. – Questa della libertà religiosa è una delle tematiche più delicate e direi anche una tematica fondamentale. Tra l’altro, all’interno del mondo musulmano contemporaneo, noi anche recentemente abbiamo assistito a delle spinte diversificate. Facciamo un esempio: nel Qatar, abbiamo assistito ad una grande apertura gestita e diretta dall’attuale Emiro verso la libertà religiosa che ha portato alla concessione di spazi alle diverse Chiese cristiane per la costruzione di edifici di culto e quindi l’uscita non solo dalla clandestinità, ma direi anche addirittura il dono di terreni su cui costruire le chiese. La chiesa cattolica sarà inaugurata dopo la prossima Pasqua. Dall’altra parte non possiamo, però, non prendere anche atto che in Algeria, ad esempio, soltanto due anni fa è stata emanata una nuova legge che condiziona fortemente l’esercizio della libertà religiosa. E’ soltanto di un mese fa la notizia dell’arresto di un prete cattolico soltanto perché aveva condotto una preghiera all’interno di una famiglia cattolica. Questa legge prevede, infatti, che si possa celebrare il culto soltanto ed esclusivamente negli edifici ufficialmente riconosciuti come tali dallo Stato.

Il dialogo sarà, quindi, efficace in quanto passerà dalla dimensione - che ci vuole - di carattere culturale alla traduzione in prassi giuridiche che tutelino la libertà religiosa. Questo mi sembra il banco di prova e la verifica di efficacia di ogni percorso di dialogo.

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