3 aprile 2008

Il ricordo di Wojtyla: qualità soprannaturali. Intervista al cardinale Dziwisz (Bobbio)


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Il ricordo di Wojtyla: qualità soprannaturali

Benedetto XVI: il suo «Non abbiate paura» è diventato un motto Il cardinal Re: pensò alle dimissioni, ma si affidò alla Provvidenza

Alberto Bobbio

Città del Vaticano Nel terzo anniversario della morte di Papa Wojtyla una veglia di preghiera nelle Grotte Vaticane conclude nella notte la lunga giornata della memoria cominciata con la Messa di Benedetto XVI sul sagrato della Basilica di San Pietro, celebrata con 52 cardinali e decine di vescovi. Sessantamila persone - secondo quanto ha scritto nel pomeriggio l'Osservatore Romano - hanno partecipato al rito, fedeli venuti da ogni parte del mondo. Sventolano bandiere polacche, ma anche quelle della Malaysia e dell'Australia.
Ratzinger guarda la folla e ricorda «la stima e l'affetto che egli aveva conquistato nell'animo di tantissimi credenti e di persone di ogni parte della Terra». Ma di Karol Wojtyla il suo successore ha sottolineato soprattutto le doti spirituali: «Tra le tanti qualità umane e soprannaturali, aveva infatti anche quella di un'eccezionale sensibilità spirituale e mistica».
Benedetto XVI ha ricordato che Giovanni Paolo II «intratteneva con Dio una conversazione intima, singolare e ininterrotta» e aveva una fede straordinaria. Lo definisce «fedele e coraggioso servitore della Chiesa» e lo prega di continuare ad «intercedere dal Cielo per ciascuno di noi». E poi chiede a Papa Wojtyla di intercedere per lui «in modo speciale», chiamato «a raccogliere la sua inestimabile eredità spirituale». Infine Ratzinger si rivolge alla Chiesa, a cui raccomanda di seguire i suoi insegnamenti ed esempi e di proseguire «fedelmente e senza compromessi» la sua missione.
Benedetto XVI riprende le parole che Giovanni Paolo II pronunciò all'inizio del suo pontificato, quel «non abbiate paura» che è diventato, ha detto, «una specie di motto sulle labbra di Giovanni Paolo II»: «Le ha pronunciate sempre con inflessibile fermezza, dapprima brandendo il bastone pastorale culminante nella Croce e poi quando le energie fisiche andavano scemando, quasi aggrappandosi ad esso». E il «non abbiate paura», ha rimarcato Ratzinger, «non era fondato sulle forze umane, né sui successi ottenuti, ma solamente sulla Parola di Dio, sulla Croce e sulla Resurrezione di Cristo».
La fiducia totale di Giovanni Paolo II nella Provvidenza è stata messa in luce dal cardinale Giovanni Battista Re, prefetto della Congregazione per i vescovi, che ieri pomeriggio ha partecipato alla presentazione del volume di Marco Politi, vaticanista di «Repubblica», «Papa Wojtyla. L'addio». Re ha rivelato che nel periodo più duro dalla malattia, che lo avrebbe portato alla morte, Wojtyla ha pensato seriamente alle dimissioni, ma poi scelse di «affidarsi alla Provvidenza», dopo «aver riflettuto sul problema». Il cardinale ha riepilogato il ragionamento che fece allora il Papa: «Io Giovanni Paolo II non avevo mai pensato di diventare Papa e se c'era una cosa lontana da me era di salire al soglio di Pietro. La Provvidenza mi ha portato qui e perciò lascio alla Provvidenza ogni decisione. Vado avanti finché posso - ha continuato Re, riferendo le parole di Giovanni Paolo II - e lascio alla Provvidenza di decidere il giorno e il modo di portarmi via». Poi ha spiegato che si era anche posto il problema dell'eventuale coesistenza tra un Papa in carica e un Papa «emerito». Ma ha detto che «ciò che ha pesato veramente è stato questo ragionamento sulla Provvidenza»: «Per un mistico come lui questo abbandono è stato il vero motivo per cui ha portato la Croce sino alla fine e ha fatto vivere al mondo quel suo straordinario tramonto».
Nel libro, Marco Politi descrive proprio l'emozione di quei giorni e soprattutto quel «sentimento collettivo», che travolse il mondo alla morte di Giovanni Paolo II. Anche il cardinale Sandri, che nel periodo della malattia fu la «voce» del Papa, ha insistito, alla presentazione del libro, proprio sul «fremito religioso che si diffuse ovunque quella sera». Ad un tema molto caro a Wojtyla, la misericordia di Dio, è stato dedicato il convegno, che si è aperto ieri nella basilica di San Giovanni in Laterano con una relazione del cardinale di Vienna, Schoenborn, il quale, riprendendo il filo di molti insegnamenti di Giovanni Paolo II, ha ripetuto che «l'eutanasia non è mai misericordia verso un sofferente, ma è solo un omicidio». Anche il Custode di Terra Santa, il bergamasco padre Pierbattista Pizzaballa, ha voluto riservare un ricordo a Karol Wojtyla, sottolineando che la sua memoria «è viva anche tra i musulmani e gli ebrei»: «Non mancava mai di stimolare il dialogo e la riconciliazione».

© Copyright L'Eco di Bergamo, 3 aprile 2008


Sensibilità mistica eccezionale Ore e ore a parlare col Signore

A sera, mentre s'infila ancora in auto per correre ad un ennesimo appuntamento di questo giorno della memoria, l'arcivescovo di Cracovia, cardinale Stanislao Dziwisz, ti guarda negli occhi sereno: «È stata una bella giornata» afferma l'ex segretario di Wojtyla.

Eminenza, cosa l'ha colpita di più?

«La folla di questa mattina in piazza San Pietro. Il raccoglimento della gente, l'affetto mai diminuito per Karol Wojtyla».

Benedetto XVI nell'omelia ha detto che aveva doti soprannaturali. Cosa voleva dire?

«Non sta me interpretare il Papa. Ma vorrei far osservare che le parole dell'omelia vanno lette nel contesto generale del testo. Non è corretto pensare che Giovanni Paolo II avesse chissà quali qualità taumaturgiche. Il Papa ha detto che tra le tante qualità umane e soprannaturali che aveva c'erano anche quelle di una sensibilità mistica e spirituale eccezionali, cioè un po' speciali».

Da dove gli derivavano?

«Dalla preghiera, dalla capacità di stare ore e ore a parlare con il Signore. Gli sono stato vicino come segretario personale per 40 anni. Mi ha sempre lasciato stupito come lui pregasse. E io da lui ho imparato a pregare con maggior forza».

Lei adesso si rivolge anche a Wojtyla?

«Manteniamo un dialogo spirituale. È un servo di Dio, chiedo il suo aiuto e la sua intercessione: Ma conosco tanta gente che fa come me».

A tre anni dalla morte cosa resta di Giovanni Paolo II?

«Tutto. Nessuno ha dimenticato niente. Anzi, stiamo riscoprendo cose nuove del suo pontificato e anche dell'uomo Wojtyla».

Cosa?

«Innanzitutto la sua grande spiritualità, la passione che egli aveva per la misericordia di Dio. Aveva vissuto sotto due regimi dittatoriali, il nazismo e il comunismo. Aveva sperimentato la potenza del male. Eppure non ha mai ceduto nel considerare la potenza di Dio, che si oppone a queste forze e che mette un limite al male, con un potere totalmente diverso e divino».

Perché volle la festa della Divina Misericordia?

«Riteneva che la devozione alla misericordia di Dio dà la possibilità a tutti di pregare per contribuire a cambiare la nostra società secolarizzata, che vive come se Dio non ci fosse. A Cracovia è sepolta suor Faustina Kowalska, che ha ricevuto il grande messaggio delle Divina Misericordia. Giovanni Paolo II l'ha elevata all'onore degli altari. Lui e suor Faustina sono due messaggeri della misericordia a cui oggi se ne aggiunge un terzo: Papa Benedetto XVI».

Cosa chiede la gente oggi a Karol Wojtyla?

«La gente prega e ottiene tante grazie. Credo che il Papa che sta in Cielo guardi con amore soprattutto alla famiglia, alle nostre famiglie, alle mamme, ai genitori».

Ha l'impressione che si sta un po' dimenticando il messaggio sociale del pontificato di Karol Wojtyla?

«No. Credo che, passando gli anni dalla sua morte, siamo in grado di capire meglio il suo messaggio. Prima ci soffermavamo a guardare all'uomo e osservavamo i suoi gesti. Ora siamo passati alla fase dell'approfondimento della dottrina, anche di quella sociale. Il tempo che passa ci permette pure di leggere con maggior cura i suoi discorsi, le encicliche, le lettere, i libri che ci ha lasciato. Io lo faccio continuamente e trovo sempre una freschezza straordinaria nelle parole di Giovanni Paolo II. Anzi, mi lasci dire, che più passano gli anni, vedo che quel grande Papa continua ad offrire un messaggio attualissimo, per esempio sulla difesa della vita, sulla pace, sul modo di pregare. La sua spiritualità mistica è un esempio per la nostra vita cristiana».

Lei, ieri, ha detto che prima «io stavo con lui, mentre adesso lui sta con me».

«Era un pensiero che mi è venuto così, spontaneamente. Volevo dire che da quando è morto, tre anni fa, non mi sono mai sentito solo. Sento la sua presenza vicino a me. Auguro a tutti di provare il mio stesso sentimento».

Come procede la causa di beatificazione?

«Molto bene. I documenti da esaminare sono moltissimi, ci sono testimonianze da tutto il mondo, oltre che da Roma e dalla Polonia. Per il momento non si vede alcun ostacolo per arrivare alla dichiarazione che elevi Giovanni Paolo II agli onori degli altari. Io preferisco dire così ed evitare di sottolineare la differenza tra Beato e Santo. La beatificazione significa il permesso per il culto locale in una città e in una diocesi. Ma nel caso di Giovanni Paolo II si tratta di un pontefice conosciuto e amato in tutto il mondo. Già adesso lo pregano in tutto il mondo. E questo può porre un problema: beatificarlo oppure passare subito alla canonizzazione, in modo che il culto sia autorizzato in tutta la Chiesa? Per ora non c'è una risposta. E l'unico che la può dare è il Papa».
Al. Bo.

© Copyright L'Eco di Bergamo, 3 aprile 2008

Beh...non scarichiamo la responsabilita' sul Papa. C'e' un procedimento canonico in corso che deve stabilire modi e tempi della beatificazione (altra cosa e' la canonizzazione).
R.

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Ah, è così, Raffaella. Anch'io infatti pensavo che il procedimento di beatificazione deve comunque andare avanti e concludersi, a meno di non cambiare le regole. Perchè dalle parole di Dziwisz sembrava che si potesse arrivare alla canonizzazione "per saltum". Buona giornata

Anonimo ha detto...

In teoria si puo' saltare soprattutto in caso di martirio, ma e' sempre bene attenersi alle regole per prevenire future contestazioni che investirebbero Giovanni Paolo II e, ancor piu', Benedetto XVI.
R.

Anonimo ha detto...

Ripeto che a mio giudizio non serve ne l' una ne l' altra. Molti lo considerno già santo e chissà che il titolo di Servo di Dio a Giovanni Paolo non fosse piaciuto più di tutti gli altri che gli anno dato in vita e che continuano a conferigli dopo morto.
mi è piaciuto molto il discorso del card. Dziwisz a conclusione del Roasrio nelle grotte vaticane ieri sera. Lo si può trovare da qualche parte? Cosa centrava il Card. Comastri?

Anonimo ha detto...

Per adesso il discorso dell'arcivescovo di Cracovia non e' disponibile in rete, ma forse sara' pubblicato dall'Osservatore.
Il cardinale Comastri e' il vicario del Papa per lo Stato della Citta' del Vaticano e per questo (e giustamente) era presente ieri sera.
R.