2 aprile 2008

Gli Usa, il Papa e il dialogo (Arrigo Levi per "La Stampa")


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Gli Usa, il Papa e il dialogo

ARRIGO LEVI

Papa Benedetto XVI si prepara alla sua visita negli Stati Uniti, che si terrà dal 15 al 20 aprile. Celebrerà il suo ottantunesimo compleanno, il giorno 16, dicendo messa nella piccola cappella dell’ambasciata del Vaticano a Washington; e negli Stati Uniti, pur distratti dalla campagna presidenziale, cresce l’attesa per la visita di un Pontefice che, secondo il Nunzio negli Usa monsignor Pietro Sambi, «è conosciuto come un uomo intransigente, quasi un uomo inumano». Il Nunzio è certo che basterà ascoltare papa Benedetto per «cambiare completamente l’immagine di una persona dura e inumana»: giudizi in verità sorprendenti (se le parole citate dall’Herald Tribune del 31 marzo sono corrette). Vi è comunque molta curiosità per quel che dirà il Papa. L’America è un Paese di credenti, che fonda le sue libertà sulla fede in Dio; ma gli americani esigono il rispetto delle loro laiche istituzioni e della varietà del loro panorama religioso. Si attende dal Papa un’apertura al dialogo. Già si sa che Benedetto incontrerà esponenti musulmani, ebrei, buddhisti, induisti e altri ancora: non i Sikh, che portano un coltello cerimoniale e sono risultati perciò inaccettabili, non al Papa ma al Secret Service. Sicuramente la visita, e i discorsi che il Papa terrà, segneranno un passaggio importante, che ci auguriamo positivo, per il dialogo interreligioso, che negli ultimi tempi ha avuto alti e bassi.

Premetto che, avendo da tempo teorizzato e praticato la dottrina del dialogo fra le fedi (compresa la mia di laico non credente), ed essendo stato accettato come interlocutore da autorevoli esponenti cattolici amici, ho messo in conto inevitabili incidenti di percorso; senza però rinunciare alla convinzione che questo è un mondo troppo pericoloso per poter fare a meno di una ricerca delle vie della fratellanza tra le Nazioni, e quindi di un dialogo sincero fra tutti gli uomini di fede.

Anche perché, ai margini di questa o quella fede religiosa, emergono allucinanti fondamentalismi che predicano cose orrende. Oggi è il mondo islamico (che ha da poco superato per aderenti i cattolici nel mondo) ad essere principalmente sotto accusa. Ma altre religioni lo sono state in passato. Nessuno lanci la prima pietra e tutti stiano attenti a quello che dicono o fanno.

Le gerarchie cattoliche (sempre secondo l’Herald Tribune) «vogliono evitare il genere di malinteso» creato dalla battuta, ritenuta anti-islamica, del discorso del Papa a Ratisbona. Più di recente, il fatto che il Papa abbia battezzato la scorsa Pasqua un noto intellettuale musulmano, Magdi Cristiano Allam, è stato duramente criticato da molti esponenti islamici, che giudicano Allam un seminatore di odio e un feroce nemico dell’Islam. Non aiuta il fatto che lo stesso Allam, ancorché illuminato dalla sua nuova fede, subito dopo il battesimo si sia detto sempre convinto della malafede dei 138 «sedicenti saggi dell’Islam» che hanno proposto (sulla base di versetti coranici che egli giudica falsati nel loro significato) un dialogo col Vaticano: proposta che il Vaticano e anche il Consiglio Ecumenico delle Chiese Cristiane hanno invece accolto con favore.

Quanto agli Ebrei americani, una comunità più che mai influente in tempi di campagna presidenziale, non ignoreranno il fatto che papa Benedetto abbia concesso il ripristino di una preghiera pasquale che auspica che il Signore «illumini il cuore dei Giudei, affinché riconoscano Gesù Cristo salvatore di tutti gli uomini». L’Assemblea rabbinica italiana ha giudicato il nuovo-vecchio testo in contraddizione con quarant’anni di dialogo ebraico-cattolico, dal momento che «si legittima un’idea di “dialogo” finalizzato in realtà alla conversione degli ebrei al Cattolicesimo». Non so se saranno giudicate soddisfacenti le colte spiegazioni storico-teologiche di un sacerdote da tutti rispettato come monsignor Ravasi. (Dalla nuova posizione a cui il Papa l’ha chiamato di presidente della Pontificia Commissione della Cultura, mons. Ravasi non ha escluso, in una recente intervista alla Radio Vaticana, che anche atei partecipino alle assemblee del suo dicastero).

Ombre, e luci, quindi, sul dialogo interreligioso. Tra le luci segnalo il solenne appello del sovrano saudita a favore del dialogo fra tutte tre le religioni abramitiche, appello subito salutato con favore dal rabbino capo d’Israele Yona Metzger e da autorevoli personalità cristiane. Per parte mia, mi auguro che una volta tanto abbia torto Sergio Romano quando giudica che «Ratisbona non fu una svista», e che la Chiesa di Benedetto «sarà poco incline alla coesistenza pacifica con i “figli dell'errore”». E ritengo importante (anche se la cosa, a rigor di logica, non mi riguarda) la proposta di Luigi Pedrazzi su La Stampa che al dialogo interreligioso si affianchi un «dialogo fra cattolici» che egli giudica «carente a tutti i livelli nella Chiesa». Il fatto è che per me al principio di tutto non fu il Logos, ma il Dialogo. O almeno, lo ritengo vitale oggi, in un momento che giudico fra tutti come il più pericoloso, di questa storia incompiuta, per la sopravvivenza della specie. Questo mio auspicio è un atto di fede. E fede vuol dire (con Paolo, nella traduzione di Dante) «sustanza di cose sperate - ed argomento delle non parventi».

© Copyright La Stampa, 2 aprile 2008 consultabile online anche qui.

Mi auguro che il nunzio Sambi non abbia veramente pronunciato quelle parole perche' sarebbe un fatto grave.
In un momento in cui tutti attaccano ed offendono Benedetto XVI non mi pare il caso che anche un monsignore ci metta del suo parlando addirittura di immagine di un "Papa inumano".
Cio' comunque cozza con l'ottima opinione che gli Americani hanno del Pontefice, dato confermato anche da recenti sondaggi.
Inoltre sono gli abitanti degli USA che si piazzano fra i primi posti nelle visite in Vaticano.
Non condivido le parole di Arrigo Levi soprattutto quando afferma che il principio di tutto e' il dialogo!
Il principio e' il Logos, il Verbo
.

In principio era il Verbo,
il Verbo era presso Dio
e il Verbo era Dio.


(Giovanni 1,1)

5 commenti:

mariateresa ha detto...

buongiorno a tutti
Beh, per essere un diplomatico al Nunzio Sambi non guasterebbe aggiornare il suo vocabolario.Comunque è evidente che non è lui che lo pensa, ma certuni. E qualcuno c'è stato che l'ha definito quasi così soprattutto per i suoi interventi con i teologi della liberazione, quasi li avesse squartati vivi, o verso i matrimoni gay , quasi potesse approvarli. Ma lasciamo perdere.
Ti segnalo, perchè sono rimasta di stucco, questo ricordo di GPII di Galeazzi. E' molto equilibrato e siccome è la prima volta che apprezzo un suo articolo, stappo lo spumante. Non vorrei nevicasse..

mariateresa ha detto...

ehm, devo svegliarmi

http://www.papanews.it/dettaglio_approfondimenti.asp?IdNews=6726#a

ci metto sempre un po' a ingranare. Mica ho la forza di ascoltare di prima mattina Politi e Mineo, come fai tu .
Mi verrebbe un coccolone.
C' è anche un altro articolo di Tosatti , sempre su Petrus, che secondo me è sensato e pieno di spunti di riflessione.

raffaele ha detto...

Non esageriamo: il nunzio avrebbe citato un'opinione purtroppo diffusa, ma per smentirla. Io ho apprezzato l'articolo di Arrigo Levi, sempre equilibrato. Logos e Dialogo non vanno contrapposti: la parola greca "Logos" significa "Verbo" (seconda persona della Trinità) ma anche "discorso". E, ben prima di Paolo VI (il papa del dialogo), gli apologisti del secondo secolo (alcuni dei quali martiri, come Giustino) usavano il dialogo come metodo.

mariateresa ha detto...

già caro raffaele. Si è diffusa, una certa opinione, perchè molti media ci hanno fatto delle grosse rotundas con la storia del panzerkardinal. Ripetendolo a ogni piè sospinto.

gemma ha detto...

non mi piace questo articolo, non mi dice nulla di più nè di nuovo rispetto a quanto letto dai teorici cultori della pace.
Parla del Papa come di un politico che deve togliere le castagne dal fuoco di tutti i mali del mondo
Di una idea sui contenuti e sulle modalità di questo possibile dialogo nessuno parla, a parte dire sempre si per non urtare la suscettibilità altrui. Tutti si scordano che rispetto a pochi anni fa, molto è cambiato sia in Medioriente che nell'atteggiamento di una parte dell'Islam nei nostri confronti. E resto perplessa di fronte a gente che crede ancora che uno come Giovanni Paolo II se ne sarebbe rimasto in silenzio in nome del dialogo se avesse ravvisato un cambiamento di rotta nella parte dialogante opposta. Se non sbaglio, è stato in piena fase di dialogo che il fondamentalismo islamico è cominciato a diventare un problema, non dopo Ratisbona. E' curioso che quando sono i buddisti a rompere il silenzio, anche con gesti provocatori, esponendo se stessi e la popolazione alla repressione violenta, come in Birmania o in Tibet, sono degli eroi e non si perde occasione di sbeffeggiare la "solita" Chiesa, paurosa e silenziosa (anche se tace per non esporre i suoi). Quando è il Papa, i preti di frontiera confezionano mail di disperazione all'amico giornalista e il Dalai Lama tace a sua volta la benchè minima solidarietà perchè uomo di dialogo pacifico che non si può compromettere. Peccato sia ormai inascoltato anche dai suoi seguaci, stanchi anche loro di un dialogo astratto e sussurrato che porta solo alla cancellazione della cultura del più debole. Nessuno vuole la chiamata alle armi ma se non mi lasci libero di esprimermi e se qualche esponente della tua famiglia è violento, devo dirtelo, non tacere per non darti dispiacere ( e viceversa). E allora si, se ne discute.