7 aprile 2008
Isola Tiberina: Benedetto XVI celebra i martiri del Novecento (Libertà)
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Isola Tiberina: Benedetto XVI celebra i martiri del Novecento
Fausto Gasparroni
CITTÀ DEL VATICANO - Rendere omaggio a quanti, nel Ventesimo secolo, hanno pagato con la vita la propria testimonianza di fede. La visita che Benedetto XVI farà oggi pomeriggio nella chiesa romana di San Bartolomeo, all'Isola Tiberina, oltre che a ricordare il 40° anniversario della Comunità di Sant'Egidio cui l'antica basilica è affidata, è diretta a celebrare tutti i martiri del '90. Le reliquie lì raccolte, infatti, costituiscono in San Bartolomeo il primo Santuario "Memoriale dei martiri del nostro tempo". L'appuntamento è per le 17,30: il Papa, che sarà accolto dal cardinale vicario Camillo Ruini e dall'intero vertice di Sant'Egidio, visiterà la basilica, uno dei più antichi luoghi di culto di Roma, costruito oltre mille anni fa dall'imperatore Ottone III, e vi presiederà una celebrazione della Parola in memoria dei testimoni della fede del Ventesimo secolo. È dal 2002 che, sull'Isola Tiberina, sorge il Santuario Memoriale, voluto e affidato alla Comunità di Sant'Egidio da Giovanni Paolo II. La basilica di San Bartolomeo ospita memorie e reliquie di molti martiri dei nostri tempi: dal vescovo salvadoregno Oscar Arnulfo Romero, assassinato sull'altare dagli squadroni della morte il 24 marzo 1980, al cardinale messicano Posadas Ocampo, ucciso dai narcotrafficanti all'aeroporto di Guadalajara, dal pastore evangelico Paul Schneider, detto il "predicatore di Buchenwald", al contadino Franz Jaegerstaetter entrambi oppositori del nazismo per obiezione di coscienza e testimonianza di fede, dal monaco Sofian Boghiu, oppositore del regime comunista in Romania, a don Andrea Santoro, il prete romano ucciso a Trebisonda, in Turchia, come il prete francese Andrè Jarlan in Cile, testimoni del dialogo e dell'amicizia con i più poveri. Non mancano, tra i tanti, i ricordi degli armeni sterminati in massa dai turchi durante la prima guerra mondiale, o delle suore morte in Africa nel 1995 accanto ai malati di Ebola, o anche di don Pino Puglisi, parroco del quariere Brancaccio di Palermo, caduto nel 1993 per aver voluto formare i giovani a una nuova concezione della dignità e della solidarietà, sottraendoli al potere mafioso. Le reliquie esposte su sei altari formano un luogo di pellegrinaggio «attraverso le fede e la carità di cristiani contemporanei - spiega la Comunità di Sant'Egidio - che hanno reso la loro testimonianza fino al sacrificio della vita in luoghi e tempi difficili, dai gulag ai campi di sterminio, dall'Africa delle grandi epidemie come l'Aids e Ebola alle tante frontiere della convivenza tra etnie e popoli diversi, dalle periferie delle megalopoli contemporanee e della violenza diffusa alle zone di guerra nel mondo».
© Copyright Libertà, 7 aprile 2008
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