6 maggio 2008
L'evoluzione tra scienza e fede. Lapalissiano: l'anima spirituale non può derivare dalla materia (Osservatore Romano)
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L'evoluzione tra scienza e fede
Lapalissiano: l'anima spirituale non può derivare dalla materia
È in libreria il volume Le sfide dell'evoluzione. In armonia tra scienza e fede (Milano, Jaca Book, 2008, pagine 176, euro 16) del quale pubblichiamo un estratto.
di Fiorenzo Facchini
Se la capacità progettuale e la simbolizzazione possono essere considerate sul piano fenomenologico elementi extrabiologici e rappresentano un trascendimento rispetto alle proprietà degli altri viventi, ci si può chiedere quale sia la natura di tale trascendimento, che cosa cioè nell'uomo possa spiegare il trascendimento.
Una simile domanda non può avere risposta sul piano empirico. Alcuni la cercano nello sviluppo del cervello. Ma l'attività cerebrale non può identificarsi con la soggettività dell'essere umano, con la sua autocoscienza, con il suo io, anche se è richiesto il funzionamento del cervello.
L'attività cognitiva dell'uomo è di tipo astrattivo, non riconducibile alla conoscenza empirica, anche se parte da essa. Le idee, il pensiero, le emozioni non sono riducibili all'attività elettrica del cervello, che pure le accompagna. ma non ne è la causa.
Oltre alla capacità cognitiva c'è l'autodeterminazione, la libertà, che svincola le scelte dell'uomo da motivi puramente materiali. Si aggiunge il comportamento altruistico, la possibilità di libere scelte che possano comportare sacrifici. Sono espressioni che trascendono la sfera biologica e denotano una componente non di ordine fisico.
Si prospetta il problema della spiritualità dell'uomo, un problema essenzialmente filosofico, ma che non può essere deluso, altrimenti si compie un'operazione riduzionistica.
"L'uomo - osserva Blaise Pascal - non è che una canna pensante, la più debole della natura, ma una canna pensante (...) Tutta la nostra dignità consiste nel pensiero" (Pensieri, 347). E ancora Pascal: "Da tutti i corpi insieme non si potrebbe far scaturire un piccolo pensiero: ciò è impossibile e di un altro ordine" (Pensieri, 793).
L'uomo pensa e sa di pensare e attraverso di lui l'universo intero è pensato.
Con l'uomo si innesta nella evoluzione della vita il pensiero, nota Yves Coppens (2007), e la materia si fa pensante. E Gustave Martelet (2003): "L'universo è una universalità pensata o almeno pensabile, ma richiede che qualcuno lo faccia".
Se nell'uomo c'è un'attività spirituale e quindi un'anima, oltre alle cause fisiche naturali che determinano le caratteristiche biopsichiche fisiche umane, si deve ammettere un concorso superiore per l'anima.
Per l'uomo non c'è solo una discontinuità culturale, ma anche ontologica, ha notato Giovanni Paolo II nel messaggio alla Pontificia Accademia delle Scienze del 24 ottobre 1996. In tale messaggio il Papa riconosceva il carattere di teoria scientifica all'evoluzione e non più di ipotesi, come era detto nella enciclica Humani generis di Pio XII nel 1950. "Oggi nuove conoscenze conducono a non considerare più la teoria dell'evoluzione una mera ipotesi. È degno di nota il fatto che questa teoria si sia imposta all'attenzione dei ricercatori a seguito di una serie di scoperte fatte nelle diverse discipline del sapere. La convergenza non ricercata né provocata dei risultati dei lavori condotti indipendentemente gli uni dagli altri costituisce di per sé un argomento significativo a favore di questa teoria". Però, affermava, "con l'uomo ci troviamo di fronte a una differenza di ordine ontologico, dinanzi a un salto ontologico", e si domandava: "Proporre una tale discontinuità non significa opporsi a quella continuità fisica che sembra essere il filo conduttore delle ricerche sull'evoluzione dal piano della fisica e della chimica?". A questo riguardo rilevava che occorre tenere distinti i due diversi ordini del sapere: quello scientifico e quello filosofico-teologico: "Le scienze dell'osservazione descrivono e valutano con sempre maggior precisione le molteplici manifestazioni della vita e le iscrivono nella linea del tempo. Il momento del passaggio all'ambito spirituale non è oggetto di una osservazione di questo tipo, che comunque può rivelare a livello sperimentale una serie di segni molto preziosi della specificità dell'essere umano. L'esperienza del sapere metafisico, della coscienza di sé e della propria riflessività, della coscienza morale, della libertà e anche l'esperienza estetica e religiosa sono di competenza dell'analisi e della riflessione filosofica, mentre la teologia ne coglie il senso ultimo secondo il disegno del Creatore".
Queste considerazioni rappresentano una grande apertura e nello stesso tempo sono chiarificatrici sul piano epistemologico. Non è che il magistero voglia portare nuovi argomenti a favore dell'evoluzione, ma l'autorevolezza di chi li propone, l'intrinseca coerenza e il rispetto delle diverse metodologie di indagine aiutano ad affrontare correttamente i problemi che si possono incontrare.
I richiami del Papa sulla specificità dell'uomo sono coerenti con quanto la Bibbia insegna: l'uomo è fatto "a immagine e somiglianza di Dio" e in ciò differisce essenzialmente dall'animale. "L'uomo è simile a Dio nella sua totalità", nota Gerhard von Rad (1993), "la somiglianza non riguarda soltanto lo spirito dell'uomo, ma anche il corpo".
Questa specificità spirituale comporta un divario ontologico rispetto all'animale. Ha osservato Pierre Teilhard de Chardin: "Il segreto dell'uomo non è negli stadi sorpassati della vita embrionale (ontogenetica e filogenetica): è nella natura spirituale dell'anima. Ora quest'anima sfugge alla scienza la cui essenza è di analizzare le cose nei loro elementi e nei loro antecedenti materiali. Solo il senso intimo e la riflessione filosofica possono scoprirla" (L'Avvenire dell'Uomo, p. 81).
L'essere umano, in forza dello spirito, è trascendente rispetto alle realtà infraumane, ma reclama una trascendenza nella sua origine, perché lo spirito non può derivare dalle forze della materia. Di conseguenza occorre un concorso particolare di Dio nella formazione dell'essere umano, pur rimanendo le cause naturali che portano alla sua emergenza. Qualcosa di analogo avviene nella generazione umana con l'animazione che comporta un concorso di Dio creatore nella procreazione, non essendo l'anima trasmessa dai cromosomi dei genitori.
Nella ominizzazione si può ritenere che, quando si sono realizzate le condizioni biologiche necessarie per supportare un essere capace di pensiero riflesso, la volontà di Dio creatore liberamente l'ha voluto ed è esistito l'uomo. Come ciò sia avvenuto non possiamo saperlo, così come non riusciamo a immaginare come avvenga il concorso di Dio nell'animazione di ogni essere umano.
Dunque, l'uomo deriva da una scimmia? No, si potrebbe meglio dire che in un ominide non umano in un certo momento si è accesa la scintilla dell'intelligenza per volontà di Dio ed è esistito l'uomo come persona, come soggetto capace di pensare e di decidere liberamente. "Non deriviamo dai bruti, ma ascendiamo da essi", diceva Antonio Fogazzaro. Con l'uomo l'ominide viene elevato a un livello superiore in forza di ciò che in lui trascende la dimensione puramente animale.
La comparsa dell'uomo non può essere vista né come un evento casuale e neppure come un evento strettamente necessario, in quanto dipendente da una volontà di Dio, in qualunque modo si sia realizzato nell'ordine naturale. Il ricorso a un intervento superiore non rappresenta una intrusione indebita nel campo della scienza - come nel caso dell'Id - ma è richiesto per spiegare la presenza dello spirito nell'uomo, che non può rientrare negli orizzonti e nei metodi di studio delle scienze empiriche.
Si può invece parlare di integrazione di vedute, sia pure muovendosi in un altro campo di indagine, come quello di ordine filosofico e religioso.
Joseph Ratzinger nel 1968 nota che Dio ha voluto l'uomo in un modo specifico e più diretto delle cose naturali, come un essere che lo conosce, capace di rivolgersi a lui. Per questo motivo non può essere fissato dalla paleontologia il momento dell'antropogenesi. La differenza qualitativa fra l'essere animale e l'essere umano comporta che non vi siano stati gradi intermedi nello psichismo veramente umano.
Il problema se l'era posto anche Jacques Maritain (1977). Per immaginare il processo di ominizzazione e il superamento della soglia umana Maritain ipotizza la presenza di "animali sovrasviluppati o preuomini", informati di un'anima sensitiva, ma sprovvisti di anima intellettiva (p. 142). Essi potrebbero avere generato i primi esseri forniti di anima umana direttamente e liberamente voluti da Dio a partire dalla vita fetale (p. 145). Si tratterebbe di una "ipotesi utile e feconda nelle mani dei paleontologi, benché sul piano della scienza non possa apparire che verosimile e non sia suscettibile di essere verificata".
La trascendenza sarebbe data dall'anima "grazie all'intervento finale di una scelta assolutamente libera e gratuita operata da Dio creatore e che trascende tutte le possibilità della natura materiale", anche se al termine di un processo evolutivo naturale.
Nessuna gradualità tra animale e uomo potrebbe ammettersi, ma soltanto una preparazione che potrebbe avere interessato anche lo psichismo; è da ammettersi negli ominidi che hanno preceduto l'uomo, gli australopiteci, uno psichismo più elevato di quello delle antropomorfe, ma non ancora di tipo astrattivo o riflesso come quello che caratterizza l'uomo.
In questa prospettiva la comparsa dell'uomo non può essere vista come un evento necessario, richiesto dal processo evolutivo. Esso avrebbe potuto fermarsi a una soglia preumana, anche se in tal caso ci si può chiedere quale significato potesse avere. Ma neppure può essere visto come un evento del tutto fortuito, perché il superamento della soglia umana richiede una volontà di Dio creatore che non è solo quella della causa prima che mantiene nell'esistenza tutte le cose create.
Come rileva Maritain, l'uomo è comparso per una libera scelta di Dio, anche se si è effettuata secondo la sua volontà raggiunte determinate condizioni evolutive.
Giovanni Paolo II aveva osservato in altra occasione: "Si può dunque affermare che dal punto di vista della dottrina della fede non si vedono difficoltà nello spiegare l'origine dell'uomo, quanto al corpo, mediante l'ipotesi dell'evoluzione(...) È cioè possibile che il corpo umano, seguendo l'ordine impresso dal Creatore nelle energie della vita, sia stato gradatamente preparato nelle forme di esseri viventi antecedenti. L'anima umana però, da cui dipende in definitiva l'umanità dell'uomo, essendo spirituale non può esser emersa dalla materia" ("L'Osservatore Romano", 17 aprile 1986).
(©L'Osservatore Romano - 5-6 maggio 2008)
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