24 ottobre 2008

«Beatificazione di Pio XII, no alle ingerenze» (Avvenire)


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il caso

Da un ministro di Israele arriva un’ingiustificata critica al Vaticano sulla causa di papa Pacelli.

Il postulatore: «È una questione interna alla Chiesa»

«Beatificazione di Pio XII, no alle ingerenze»

DA ROMA

PIER LUIGI FORNARI

Un’intervista del mi­nistro per gli Affari sociali di Israele, I­saac Herzog, al quotidiano Hareetz riaccende la pole­mica sulla beatificazione di Pio XII. Secondo il ministro, che è anche responsabile degli Affari della Diaspora, della lotta all’antisemitismo e dei rapporti con le comu­nità cristiane, il «tentativo» di farlo diventare santo sa­rebbe «inaccettabile».
«Durante il periodo dell’Olo­causto il Vaticano sapeva molto bene quello che stava accadendo in Europa», insi­ste Herzog, secondo il quale non vi sarebbe «alcuna pro­va, per ora, di alcun provve­dimento preso dal Papa che, come Santa Sede, avrebbe potuto ordinare». Addirittu­ra il processo di beatificazio­ne, a detta dell’esponente del governo israeliano, sarebbe una forma di «sfruttamento dell’oblio» rispetto a quei fat­ti, e testimonierebbe «un’as­senza di consapevolezza».
Un motivato no comment è la risposta del direttore del­la Sala Stampa vaticana pa­dre Federico Lombardi: «Non ho nulla da dire, non voglio alimentare la polemi­ca ».
«Stupisce – osserva il po­stulatore della causa di bea­tificazione di Pacelli, padre Paolo Molinari – che un mi­nistro dello Stato di Israele faccia un intervento con cui si ingerisce con un affare che, per la sua natura, è interno alla Chiesa cattolica».
Moli­nari si dice altrettanto stupi­to per l’affermazione di Her­zog secondo cui non vi sa­rebbe alcuna testimonianza di passi concreti in difesa de­gli ebrei. Il postulatore ribat­te citando le affermazioni di autorevoli esponenti, dal pri­mo ministro Moshe Sharrett e, da quello degli Esteri Gol­da Meir (diventata anch’es­sa primo ministro), allo sto­rico Martin Gilbert, inglese di origine ebraica tra i più noti studiosi dell’Olocausto.
A «titolo personale» inter­viene il cardinale Andrea Cordero Lanza di Monteze­molo, che firmò per il Vati­cano le relazioni diplomati­che con Israele, sottolinean­do che «la Santa Sede ha un atteggiamento responsabile ma certe intromissioni nelle cose interne della Chiesa an­noiano: sono giudizi esterni; certo il Papa è sensibile, ha scelto un momento di rifles­sione, però non bisogna di­sturbarlo con dichiarazioni per obbligarlo in un modo o nell’altro. Ciascuno abbia re­sponsabilità nell’ambito del­le sue competenze».
Anche l’ambasciatore di I­sraele presso la Santa Sede, Mordechay Lew ammette che la beatificazione di Pio XII è una «questione interna alla Chiesa cattolica».
I dis­sensi tra Israele e Vaticano ri­guardano invece «il ruolo storico» di papa Pacelli. A suo giudizio, comunque, questo aspetto verrà chiari­to soltanto «con l’apertura degli archivi vaticani». Alla domanda se questa vicenda stia o meno influenzando la possibilità di un viaggio pa­pale in Israele, l’ambasciato­re risponde: «Il Papa è il ben­venuto in Israele, è stato in­vitato, e spetta a lui decide­re tempi e modi, noi non in­terferiamo in questo».
Su quanto avvenuto ieri da registrare la rubrica Sacri pa­lazzi de Il Foglio online dal titolo «Non sarà un ministro straniero a interrompere la causa di Pio XII».
Da buona fonte, anzi, «si ribadisce» che già da prima dell’estate «è chiara la volontà nei Sacri Palazzi di pubblicare il de­creto sulle virtù eroiche».
Ma prima di questo passo è sta­to dato incarico a padre Am­brosius Eszer, domenicano tedesco molto autorevole e stimatissimo dal Papa, di da­re un’ultima revisione ad al­cuni faldoni di documenti. «Il lavoro di padre Eszer, che è stato fino a poco tempo fa relatore generale della Con­gregazione delle cause dei santi, sta procedendo celer­mente e quindi – afferma Sa­cri palazzi – non è escluso che entro l’anno, o subito dopo, venga dato l’annun­cio ». Questo non vuol dire ovviamente che Pio XII sarà automaticamente beatifica­to.

© Copyright Avvenire, 24 ottobre 2008

ISAAC HERZOG

È IL NIPOTE DEL RABBINO CHE ELOGIÒ PACELLI

«Santità, (...) il popolo ebraico ricorderà sempre con profonda gratitudine l’aiuto dato ad un così alto numero di suoi fratelli sofferenti durante la persecuzione nazista, sia dalla Santa Sede in generale che da decine di vescovi e di sacerdoti cattolici in tutta l’Europa (...) Voglia Dio che la storia possa ricordare che, quando tutto era buio per il nostro popolo, Sua Santità accese per noi una luce di speranza!». Così scriveva Isaac Halevi Herzog, rabbino capo nella Terra Santa di Gerusalemme a Pio XII in data 12 marzo 1946.
«Durante l’intero periodo della Shoah in Vaticano sapevano bene cosa succedeva in Europa. Non c’è alcuna testimonianza di alcun passo concreto adottato dal Pontefice, così come avrebbe richiesto lo status della Santa Sede», ha detto ieri il ministro israeliano agli Affari sociali Isaac Herzog.
Il 48enne Herzog è il nipote del rabbino capo Herzog che, evidentemente, aveva testimonianze dirette dell’opera svolta da papa Pacelli a favore degli ebrei perseguitati dai nazisti. Testimonianze che il ministro pare aver dimenticato.

© Copyright Avvenire, 24 ottobre 2008

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