8 settembre 2007

Il Papa in Austria: gli articoli del Mattino e del Foglio


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ALCESTE SANTINI Interrompere una gravidanza non è «un diritto umano» ma «una profonda ferita sociale». Ed è uno spettro che crea «grande preoccupazione» «l’aiuto attivo a morire». Dall’Austria, Benedetto XVI condanna ancora una volta aborto - con una stoccata ad Amnesty international che l’aveva incluso tra i diritti umani - ed eutanasia. E spinge l’Europa a governare la globalizzazione assumendo «un ruolo guida nella lotta contro la povertà nel mondo e nell’impegno per la pace», parlando al presidente dell’Austria, Heinz Fischer, agli ambasciatori e agli esponenti di organismi internazionali accreditati nella capitale austriaca e riuniti nell’Hofburg, l’antica residenza degli Asburgo. Papa Ratzinger era giunto in questa veste per la prima volta, ieri alle 11,30, in Austria, che considera la sua «seconda patria», con lo scopo principale di recarsi oggi al famoso Santuario di Mariazell per celebrare i suoi 850 anni. Grande è stata l’accoglienza della popolazione e dei vescovi tra cui il cardinale Christoph Schonborn, nonostante la pioggia, che lo hanno salutato con prolungati applausi e con sventolii di fazzoletti gialli da parte dei bambini quando, in piazza «Am Hof» si è affacciato alla loggia della chiesa barocca dei «Nove cori angelici». Dopo aver ricordato, con il discorso al Corpo diplomatico, come l’Austria sia stata «un Paese ponte» mentre l’Europa era divisa in due sfere di influenza durante la Guerra fredda, il Pontefice ha sottolineato l’importanza della «Casa Europa solo se verrà costruita su un solido fondamento culturale e morale di valori comuni, che traiamo dalla nostra storia e dalla nostre tradizioni», riferendosi alle radici cristiane che «hanno modellato questo Continente». Ha, poi, rievocato «i tempi terribili» della seconda guerra mondiale alludendo alla «Judenplatz» dove, qualche ora prima, si era fermato per «rendere omaggio ai 65mila ebrei austriaci sterminati dal nazismo». E, dopo aver rilevato che «l’Europa invecchia demograficamente, ma non è spiritualmente vecchia», Benedetto XVI ha rivolto un appello ai responsabili della politica affinché non permettano che i figli vengano considerati «casi di malattia». E, nell’incoraggiare i giovani a «fondare nuove famiglie», il Papa ha invitato i Paesi europei ad «accogliere i bambini» e «le coppie giovani ad allevare dei figli» senza «chiudere gli occhi davanti ai ai problemi e ai conflitti di molte donne» alle quali non va negato ogni aiuto. Ma tutto ciò «non gioverà a nulla - ha detto il Santo Padre - se non riusciremo a creare nei nostri Paesi un clima di gioia e di fiducia nella vita, in cui i bambini non vengano visti come un peso, ma come un dono per tutti». E da questa visione ottimistica della vita, Benedetto XVI ha ribadito che essa deve svolgersi dal concepimento al suo naturale tramonto. E la persona deve essere «accompagnata con un’attenzione amorevole alla morte». Ha elogiato la «Hospizbewegung», una struttura ospedaliera di Vienna dove le persone, con «cure palliative», vengono accompagnate al momento estremo della morte. Molti i messaggi augurali di capi di Stato, tra cui quello di Giorgio Napolitano, e di Governo per questo settimo viaggio apostolico di Benedetto XVI. Questi ha chiuso la giornata affacciandosi, ieri sera alle 21,15, dal Palazzo arcivescovile, per salutare i giovani che lo acclamavano.

© Copyright Il Mattino, 8 settembre 2007


Tristezza e pentimento per le vittime dell’Olocausto

Vienna. «Tristezza» per l’Olocausto, e non solo «amicizia» per gli ebrei, ma anche «pentimento». È cominciato con un omaggio alle vittime della Shoah, che non nasconde le corresponsabilità dei cristiani, la visita del Papa in Austria, perché già sull’aereo che lo portava a Vienna Benedetto XVI ha indicato questo elemento tra i temi del viaggio. La parola «pentimento» è una delle più esplicite usate dal Papa per ricordare le corresponsabilità dei cattolici nell’odio contro gli ebrei. Anche lo Judenpltaz è luogo altamente simbolico delle persecuzioni: vi sono le rovine di un’antica sinagoga e vi si ricordano non sono le persecuzioni del nazismo, ma anche quelle che nel 1420-21 videro migliaia di ebrei messi a morte e circa duecento bruciati vivi, dopo aver rifiutato di essere battezzati a forza.

© Copyright Il Mattino, 8 settembre 2007


Benedetto Habermas

Il Papa cita il filosofo, per il quale alla ragion cristiana “non esiste alternativa”

Parlando alla Hofburg di Vienna, Benedetto XVI ha ripreso il ragionamento che aveva svolto nella celebre lezione di Ratisbona, con interessanti specificazioni sia sul tema della vita sia su quello del logos come fondamento ineludibile della libertà e della dignità umana. Per contrastare il pericolo più attuale, quello della “degenerazione della tolleranza in una indifferenza priva di riferimenti a valori permanenti”, il Papa ha ricordato che l’Europa è la patria della proclamazione dei diritti umani, primo fra i quali quello alla vita “dal suo concepimento sino alla sua fine naturale”. Da questo deduce che aborto ed eutanasia non sono diritti ma “il loro contrario”, aggiungendo che “la credibilità del nostro discorso dipende anche da quel che la chiesa stessa fa per venire in aiuto alle donne in difficoltà”, come d’altronde, per assicurare “un accompagnamento umano verso la morte”, oltre alla carità cristiana, sono necessarie “riforme strutturali in tutti i campi del sistema sanitario e sociale e l’organizzazione di strutture di assistenza palliativa”.
Parlando poi dell’eredità spirituale e culturale dell’Europa, “per la quale è essenziale una corrispondenza sostanziale tra fede, verità e ragione”, chiarisce che l’alternativa è tra una concezione secondo la quale “la ragione sia un casuale prodotto secondario dell’irrazionale e nell’oceano dell’irrazionalità, in fin dei conti, sia anche senza un senso”, e l’insegnamento del Vangelo di san Giovanni secondo il quale “all’origine di tutte le cose c’è la ragione”.
Il Pontefice ha citato una frase illuminante di Jürgen Habermas, pensatore non certo cattolico, come testimonianza autorevole della “modernità” della concezione ebraica della giustizia e di quella cristiana dell’amore e della ragione: “Per l’autocoscienza normativa del tempo moderno il cristianesimo non è soltanto un catalizzatore.
L’universalismo egualitario, dal quale sono scaturite le idee di libertà e convivenza solidale, è un’eredità immediata della giustizia giudaica e dell’etica cristiana dell’amore. Immutata nella sostanza, questa eredità è stata sempre di nuovo fatta propria in modo critico e nuovamente interpretata. A ciò fino ad oggi non esiste alternativa”. E’ proprio dalla piena coscienza del ruolo centrale del logos giudeo-cristiano nell’autocoscienza normativa, cioè nello spirito delle leggi, che Benedetto XVI deriva l’autorità intrinseca del discorso cristiano nel mondo moderno.

© Copyright Il Foglio, 8 settembre 2007

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