8 settembre 2007

Il Papa si fa "avvocato" di chi non ha voce


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Il discorso dell'Hofburg

Avvocato della causa umana

Luigi Geninazzi

Che l'Europa non sia solo un'espressione geografica o un progetto politico ma abbia «qualcosa a che fare con l'anima», lo diceva già il filosofo Jan Patocka. C'è però il rischio di scivolare nel vago idealismo, quello che ha fatto scrivere tante pagine sulla necessità d'infondere uno slancio spirituale ad una realtà che ha ben altri corposi interessi, materiali e ideologici. La riflessione offerta da Benedetto XVI ai rappresentanti politici austriaci e ai diplomatici accreditati a Vienna rovescia i termini della questione: la fede non è un supplemento d'anima per un continente in crisi, è invece l'Europa che per essere se stessa deve fare i conti con l'umanesimo cristiano.
È un pronunciamento d'ampio respiro e di grande rigore intellettuale quello tenuto dal Pontefice nell'ex palazzo imperiale della città «crocevia» del mondo e cuore dell'Europa. Come già la lezione di un anno fa a Ratisbona il discorso di ieri alla Hofburg conferma la fiducia luminosa di Papa Ratzinger nell'argomentazione razionale innervata dalla fede. Qual è infatti la caratteristica fondamentale dell'Europa? È «la capacità autocritica che la distingue e la qualifica nel vasto panorama delle culture del mondo». Se è vero infatti, continua Benedetto XVI, che nel nostro continente è stato formulato per la prima volta il concetto di diritti umani va anche riconosciuto che il diritto fondamentale, presupposto di ogni altro, è il diritto alla vita. Lo dice senza alzare la voce, con aria mite e logica ferrea.

Non lancia anatemi, non crea nuovi dogmi. Parla come avvocato della causa umana e non per difendere «un interesse specificamente ecclesiale». Sull'aborto fa una notazione interessante che desume dalla legislazione austriaca dove l'interruzione volontaria della gravidanza viene permessa, ma al tempo stesso definita illecita e ingiusta. Insomma, è un reato, sia pur depenalizzato, e non un diritto come richiedono femministe e radicali. Mantenere questo carattere di profonda ingiustizia sign ifica non lasciar cadere la contraddizione che lacera la patria del diritto.

Il messaggio è chiaro: per rendere abitabile e gradevole «la casa Europa» occorre trasformarla nella casa della vita. Il che implica tra l'altro che l'accompagnamento alla morte venga fatto «con un'attenzione amorevole e non come un attivo aiuto a morire». Contro l'aborto, l'eutanasia e il crollo demografico il Papa chiama tutti i responsabili politici, siano essi credenti o non credenti. Torna qui un leit-motiv di questo pontificato, «l'allargamento della ragione» che trova nella fede un sostegno decisivo. «Non c'è alternativa all'universalismo egualitario ereditato dal cristianesimo », afferma citando Habermas, il filosofo tedesco con cui ha dialogato l'allora cardinale Ratzinger. Solo un'Europa cosciente di questo, e quindi rispettosa delle proprie radici cristiane, può diventare un modello e reggere la grande sfida della globalizzazione.
Nel suo discorso a Vienna, il Papa ha toccato tutti i punti caldi del dibattito europeo, dal processo di unificazione che valuta positivamente (anche se non risparmia un'annotazione critica nei riguardi di «qualche istituzione comunitaria») fino alla responsabilità, definita «unica», nell'impegno per la pace e nella lotta alla povertà. È questa l'Europa di Benedetto, per dirla col titolo di un libro scritto qualche anno fa da Ratzinger. Un'Europa che sa fare autocritica.

© Copyright Avvenire, 8 settembre 2007

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