7 settembre 2007

Il Papa in Austria fra riflessioni e luoghi comuni


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Alberto Bobbio

CITTÀ DEL VATICANO Benedetto XVI arriva questa mattina alle 11 a Vienna per un viaggio di tre giorni, che è stato concepito e strutturato come un pellegrinaggio nel cuore di quella Mitteleuropa, che ha custodito tradizioni culturali e letterarie, che ha protetto la fede cattolica dalle intemperie della Riforma e poi da quelle giacobine, che ha costituito un ponte tra le società latine e slave, e che è stata al centro, negli anni oscuri della guerra fredda, di trame e intrighi. Al punto che i viennesi continuano a discutere se la città sia il sogno di se stessa, custode di un passato a volte malinconico, oppure se sia l'archetipo della difesa della stessa civiltà occidentale, perché l'immaginario collettivo non scaccia dalla memoria i turchi battuti sotto le sue mura dagli eserciti cristiani e costretti a ritirarsi.
Ma il Papa va a Vienna anche per proseguire, domani, fino al Santuario di Mariazell, 140 chilometri ad Occidente, cuore della Stiria, regione di grande orgoglio e di tradizioni cattolicissime, dove i benedettini 850 anni fa si misero a curare una cappella, diventata con gli anni santuario della libertà di religione, luogo da cui invocare la democrazia e il dialogo tra popoli tedeschi, austriaci, slavi e ingheresi, che la politica e la cortina di ferro voleva opposti e nemici. A Mariazell, durante la rivolta d'Ungheria nel 1956, ogni giorno una processione di fedeli, dietro alla piccola statua di legno di tiglio che raffigura la Madonna con in braccio il bambino, percorreva le navate della chiesa e le vie della cittadina e la preghiera s'alzava per la libertà del popolo ungherese. A Mariazell è stato sepolto dal 1975 al 1991 l'indomito cardinale Mindszenty, imprigionato dai comunisti. Nel suo testamento aveva lasciato scritto di essere sepolto a Mariazell, finché la sua patria non fosse stata libera. E a Mariazell veniva a riposarsi, a pregare e a studiare il cardinale Koenig, l'uomo più amato d'Austria, il grande elettore di Karol Wojtyla al Conclave del 1978, il vescovo delle missioni difficili oltrecortina, dove andava ad incontrare vescovi e sacerdoti prigionieri o costretti agli arresti domiciliari e intanto tesseva quel dialogo che avrebbe portato frutti e contribuito a spezzare la cortina. Non è un santuario «normale» Mariazell. È un luogo evocativo di drammi e di speranze. Un luogo europeo, anche per via del fatto che è retto dai figli di quel San Benedetto, proclamato patrono d'Europa. Qui sono venuti i regnanti d'Asburgo a ringraziare la Madonna dopo la vittoria sui turchi, qui è custodita in sacchetti di tela grigia la terra di tutti i campi di concentramento nazisti d'Europa, simbolo del male assoluto di cui c'è bisogno sempre di fare memoria e per cui c'è sempre bisogno di una Grazia perché esso non si ripeta mai più. Ecco perché il viaggio di Benedetto XVI non sarà una questione esclusivamente austriaca.
Oggi pomeriggio il Papa incontrerà i diplomatici accreditati a Vienna non solo presso il governo, ma anche presso le numerose istituzioni internazionali che hanno sede nella capitale austriaca. E il suo discorso è annunciato come assai importante per le istanze internazionali aperte nel mondo. Accanto a tutto ciò vi è il risvolto nazionale.

Il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi, incontrando in un briefing informale i 70 giornalisti che viaggeranno a bordo dell'aereo papale, ha fatto riferimento ad una Chiesa «che sta uscendo solo ora da un periodo di grande difficoltà e sofferenza e che Benedetto XVI con il suo viaggio intende incoraggiare».

È la prima volta che un Papa va in Austria dopo il dramma delle dimissioni, anni fa, dell'arcivescovo di Vienna Groer per molestie sessuali ai seminaristi e dopo la crescita di una delle sessioni nazionali più agguerrite di «Noi siamo Chiesa», movimento di contestazione europeo dell'istituzione ecclesiastica, che denuncia nella Chiesa cattolica discriminazioni sessuali e critica pubblicamente la condanna dell'aborto. Oggi il movimento è stato molto ridimensionato, anche dall'intelligente azione di mediazione pastorale dell'attuale arcivescovo di Vienna Christoph Schoenborn, discepolo di Ratzinger, il quale ha organizzato in questi anni il «Dialogo per l'Austria», chiamato anche «Dialogo di salvezza» fra tutte le componenti ecclesiali, nel corso del quale non sono mancate tensioni e controversie, ma alla fine sono usciti rafforzati la fede e il ruolo della Chiesa. Il cardinale di Vienna ha ammesso che «per le ultime due generazioni i legami tradizionali con la fede cattolica si sono affievoliti, ma che, dopo anni difficili, oggi c'è da parte dei cattolici austriaci un senso di coraggio più esplicito ad essere presenti nella società». Il risveglio e la vitalità sono testimoniati anche dalla Missione urbana di Vienna che ha impegnato la Chiesa della capitale nei mesi scorsi e dall'elezione, a marzo, di 35 mila membri dei Consigli parrocchiali, che il Papa incontrerà nella Messa di domani a Mariazell.
Anche in campo ecumenico il dialogo e la collaborazione procedono bene, come dimostra il documento elaborato insieme da tutte le Chiese cristiane dopo quattro anni di lavoro. Sul piano sociale la Chiesa si è fatta promotrice dell'«Alleanza per la domenica», un'iniziativa per la difesa della domenica come giorno del Signore e giorno di riposo, promossa dalla diocesi di Linz, che ha avuto il consenso non solo delle Chiese, ma anche dei sindacati e di numerose formazioni politiche. E il Papa in uno degli 11 discorsi del viaggio ne farà certamente cenno.

© Copyright L'Eco di Bergamo, 7 settembre 2007

«Solo raucedine La sua salute non preoccupa»

«Non c'è nessuna preoccupazione» per la salute del Papa, che l'altro giorno aveva soltanto un po' di «raucedine» e, comunque, «ora sta meglio»: padre Federico Lombardi, direttore della sala stampa vaticana, ha smentito ieri ogni ipotesi circa un'influenza di Benedetto XVI alla vigilia del viaggio che compirà in Austria da oggi a domenica.
Nel corso dell'udienza del mercoledì, Benedetto XVI aveva spiegato lui stesso ai pellegrini presenti in piazza San Pietro per ascoltare la sua catechesi di soffrire di un po' di raucedine. «Chiedo scusa - aveva detto il Pontefice - la mia voce è un po' danneggiata, ma farò del mio meglio». Tanto è bastato ad un giornale austriaco, «Oesterreich», per titolare «Il Papa viene malato in Austria», attribuendo la colpa del malanno all'aria condizionata della villa estiva di Castel Gandolfo. «Oesterreich» ha anche ipotizzato che Benedetto XVI possa tagliare i discorsi pubblici che pronuncerà durante la visita a causa del malanno alla gola.

© Copyright L'Eco di Bergamo, 7 settembre 2007


COMMENTO

RATZINGER IN UN’AUSTRIA INDIFFERENTE

Roberto Giardina

PAPA RATZINGER quasi a casa sua. La Baviera natale confina con l´Austria dove trascorrerá il prossimo week end. Da venerdí a domenica, in pellegrinaggio in un paese di lingua tedesca e cattolico, dove tuttavia la fede viene giá vissuta con una sfumatura diversa, meno meridionale, piú mitteleuropea, cioè con animo più tormentato. Lutero non prese piede da queste parti, ma la sua voce si è in qualche modo fatta sentire.
Nel 2005, pochi mesi dopo l´elezione, Benedetto XVI si recó in Germania, ma al raduno della gioventú mondiale, un appuntamento che era stato previsto per Papa Wojtyla. L´anno scorso, sempre in settembre, tornó nel paese natale, e nella Monaco che era stata a lungo la sua diocesi. Quasi una vacanza dai suoi, piuttosto che una visita pastorale. Nell´Austria Felix, sarà meno facile. «Benedikt arriva in un paese che si allontana da lui», intitola Profil, il settimanale piú autorevole.

Un processo tuttavia iniziato da tempo, e che per la veritá non è rivolto contro Papa Ratzi.

Nel 1983, in occasione della prima visita di Giovanni Paolo, accorsero a salutarlo in mezzo milione. Cinque anni dopo erano trecentomila, e nel 1998 appena centomila. Gli austriaci non condividevano certe scelte «dure» di Wojtyla, per la morale sessuale e familiare. Oggi, secondo un sondaggio d´opinione, ben l’82% degli intervistati dichiara di essere per nulla o poco interessati alla visita del Pontefice. L’Austria rimane una terra di cattolici, ma che sempre meno credono a quanto viene predicato da Roma. Anche lo scandalo di dodici anni fa, che vide il vescovo di Vienna al centro di accuse di pedofilia, ha allontanato migliaia di fedeli.
Qualche decennio fa, il 91% si dichiarava cattolico, oggi siamo al 70, e nella capitale appena al 50, e solo il 17 per cento va regolarmente in chiesa la domenica. I giornali e la tv danno scarso risalto a quanto avviene in Vaticano, e ad esempio la notizia del raduno di Loreto è stata data in chiusura dei telegiornali. Si preferisce criticare le spese sostenute dallo Stato per la visita del Pontefice (cinque milioni di euro), e le rigide misure di sicurezza: 150 «Cobra», come vengono chiamate le teste di cuoio austriache, i supermen dell’esercito, controlleranno ogni passo dell’ospite.

Il due per cento dei cattolici ammette di aver cambiato idea, in meglio, riguardo alla Chiesa, grazie a Benedetto. Forse non sono pochi, per chi conosce la difficoltà degli austriaci a cambiare.

© Copyright Quotidiano Nazionale, 7 settembre 2007

Le parti evidenziate parlano da sole! Quanti luoghi comuni: bonta' del giornalista non avere insinuato che la "colpa" e' di Benedetto XVI!

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