17 aprile 2008

Il Pontefice ammette per la prima volta: «La crisi dei preti pedofili gestita in modo pessimo» (Accattoli) Il caso: Bush è cattolico?


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IL PAPA: NESSUNA MIA PAROLA PUO' DESCRIVERE DOLORE PER ABUSI A MINORI

STADIO DI WASHINGTON STRACOLMO PER LA MESSA DI BENEDETTO XVI. FOLLA ANCHE ALL'ESTERNO

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Preti pedofili: mai nessun Papa prima di lui ha parlato di questo problema così duramente, così apertamente (Giansoldati)

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INTERVISTA CONCESSA DAL SANTO PADRE SULL'AEREO PER GLI USA: PRETI PEDOFILI, IMMIGRAZIONE, SOCIETÀ AMERICANA E VISITA ALL'ONU...

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Missione a Washington Compleanno alla Casa Bianca per Benedetto XVI e un lungo incontro privato con il presidente Usa

Il Papa e Bush, impegno «in difesa della vita»

Il Pontefice ammette per la prima volta: «La crisi dei preti pedofili gestita in modo pessimo»
Nello Studio ovale una breve preghiera «in favore della famiglia». C'erano anche la moglie e una delle figlie del presidente


Luigi Accattoli

DAL NOSTRO INVIATO

WASHINGTON — La reazione della Chiesa americana allo scandalo dei preti pedofili «non è stata facile» e a volte fu «gestita in pessimo modo»: lo ha detto ieri Benedetto XVI ai 436 vescovi statunitensi. La seconda giornata del papa negli Usa — dove resterà fino a domenica — era iniziata con un ricevimento alla Casa Bianca aperto da un discorso del presidente Bush, secondo il quale il mondo ha oggi bisogno della predicazione del papa «per non cadere preda del fanatismo e del terrorismo».

Sui preti pedofili il papa ha riaffermato il sentimento di «vergogna» e di «enorme dolore » che aveva confidato martedì ai giornalisti in aereo e ribadito la linea della «tolleranza zero » per «eliminare questo male ovunque esso capiti».

Nuove in assoluto per un papa, compreso Wojtyla, sono state invece le parole di autocritica sul comportamento della Chiesa: «La risposta a simile situazione non è stata facile e, come indicato dal presidente della vostra Conferenza episcopale, è stato "talvolta gestito in pessimo modo". Ora che la dimensione e la gravità del problema sono compresi più chiaramente, avete potuto adottare misure di rimedio e disciplinari più adeguate e promuovere un ambiente sicuro che offre maggiore protezione ai giovani».

Nulla il Papa ha specificato sul «pessimo modo» di quella reazione ma negli ambienti dell'episcopato statunitense si interpretano quelle parole come un'allusione alla prassi di spostare i preti coinvolti nello scandalo da un luogo all'altro senza allontanarli dalle attività «pastorali ». E anche all'abitudine di fidarsi di consulenti «clinici» che indicavano come «guarite» persone risultate poi recidive per anni e decenni.

In mattinata, alla Casa Bianca, Benedetto XVI aveva detto che «la democrazia può fiorire» solo quando i leader politici «sono guidati dalla verità e ispirano le decisioni alla saggezza generata dal principio morale ». Se queste parole erano musica per le orecchie di Bush, metodista «rinato», il presidente ne aveva appena suonata un'altra gradita al Papa: «In un mondo dove alcuni invocano il nome di Dio per giustificare atti di terrorismo, assassinio, e odio, abbiamo bisogno del suo messaggio che Dio è amore».
Dopo l'incontro pubblico, il Papa e il presidente ne hanno avuto uno privato al termine nel quale — informa un comunicato — hanno affermato il «comune impegno» nella «difesa e promozione della vita, del matrimonio e della famiglia », come nell'istruzione delle «generazioni future», nel promuovere uno «sviluppo sostenibile », nella «lotta alla povertà e alle malattie epidemiche specialmente in Africa». Hanno anche sollecitato una «soluzione del conflitto israelo-palestinese in linea con la visione dei due Stati» e il soccorso allo «precarietà delle comunità cristiane in Iraq e in Medio Oriente». Papa e presidente (con moglie e figlie) hanno quindi pregato insieme nello Studio Ovale in favore della famiglia.

© Copyright Corriere della sera, 17 aprile 2008

Il caso Il «Washington Post»: Casa Bianca influenzata dalle dottrine della Chiesa di Roma

George W. «criptocattolico»: scommesse sulla conversione

Massimo Gaggi

George W. Bush primo presidente cattolico della storia americana?
La provocazione, pubblicata qualche giorno fa dal Washington Post, hafatto infuriare i democratici (impegnati a conquistare il voto cristiano) e i «blogger » radicali che hanno elencato su Internet le politiche sostenute dalla Casa Bianca — dall'invasione dell'Iraq al ricorso alla pena di morte — incompatibili con la dottrina della Chiesa.
Del resto gli Usa un presidente cattolico l'hanno già avuto: il democratico John Kennedy. Lo sa bene anche Daniel Burke, l'autore dell'articolo comparso sul «Post», che è la firma di punta del «Religious News Service», primo servizio d'informazione religiosa d'America. Ma Burke sostiene che, mentre Kennedy tenne la religione il più lontano possibile dalle sue funzioni presidenziali, Bush, pur essendo un cristiano metodista, ha aperto senza alcuna riserva la porta della Casa Bianca alla dottrina e agli insegnamenti della Chiesa di Roma.
Quindi, così come Bill Clinton è stato definito «il primo presidente nero d'America» per le sue iniziative a favore della minoranza di colore, Bush potrebbe essere chiamato «il primo presidente cattolico» per le politiche da lui adottate a livello federale ispirandosi ai principi cristiani. È il caso, ad esempio, dell'«iniziativa basata sulla fede» — la struttura della Casa Bianca che finanzia le organizzazioni religiose impegnate nella soluzione di problemi sociali come l'aiuto ai poveri e il recupero dei giovani abbandonati nelle periferie degradate delle metropoli — sostenuta con vigore dalla Casa Bianca in applicazione del concetto di sussidiarietà: un principio di matrice cattolica che Bush ha studiato a fondo.
Burke va più in là: dipinge un Bush affascinato dalla storia millenaria della Chiesa, dalla sua disciplina, dalla profondità della sua teologia, e poi dà la parola a Michael Gerson, il consigliere che per anni ha scritto i discorsi del presidente, secondo il quale per capire Bush bisogna leggere le sue scelte di politica interna con le lenti del cattolicesimo. Paul Weyrich, celebre attivista della destra religiosa, si spinge ancora oltre, scommettendo che, esaurito il suo mandato presidenziale, Bush seguirà le orme di Tony Blair, convertendosi al cattolicesimo. A parlare di conversione e di Bush «cattolico nascosto» (come fa anche l'ex direttore della «Faith Based Initiative» della Casa Bianca, DiIulio) si rischia di fare della «fantareligione ». Non c'è, però, dubbio alcuno che il pensiero cattolico abbia un'influenza profonda sull'attuale presidente.
Il grande pubblico se ne accorge oggi, quando Bush riserva al Papa onori che non hanno precedenti nei sette anni della sua presidenza. Gli analisti politici ne erano consapevoli da tempo, visto che Bush si è circondato di collaboratori cattolici molto più dei suoi predecessori e che aveva cominciato a manifestare grande attenzione per la Chiesa romana prima ancora di divenire presidente: da governatore del Texas, mentre si preparava a lanciare la sua candidatura, convocò alcuni intellettuali cattolici che lo istruirono sui principi della dottrina sociale della Chiesa.
Appena insediato, nel gennaio del 2001, come primo atto ufficiale invitò, poi, a cena l'arcivescovo McCarrick mentre Karl Rove, il suo celebre «braccio destro», pur essendo un episcopale, chiese che i suoi uffici nella West Wing della Casa Bianca venissero benedetti da un sacerdote cattolico.
Certo, sulla figura di Bush ci sono controversie anche all'interno del mondo ecclesiastico: per i cattolici progressisti, ad esempio, il presidente è il leader che si impegna più di altri per sconfiggere l'Aids in Africa, ma è anche l'uomo di governo che, tagliando le tasse solo ai ricchi, ha aumentato i divari sociali e ha trascurato i poveri.

© Copyright Corriere della sera, 17 aprile 2008

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