9 aprile 2008
"Il reporter di Joseph". Biografia del giornalista cattolico Gerlich ucciso dai nazisti le cui cronache erano seguitissime dal giovane Ratzinger
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Il reporter di Joseph
STORIA. Una biografia del giornalista cattolico Fritz M. Gerlich ucciso dai nazisti a Dachau nel 1934. Le sue cronache erano seguitissime dal giovane Ratzinger
DI LORENZO FAZZINI
La resistenza al nazismo in Germania non venne solo dagli studenti della Rosa Bianca; altre figure del mondo cattolico intuirono con drammatica lungimiranza quale fine poteva subire il Paese nel caso in cui 'il caporale austriaco' fosse arrivato al potere.
«Un pazzo che va isolato»; «una devianza che porterà alla barbarie»; «un altro Stalin»; «un genio del male»: con tali icastiche pennellate nei primi anni Trenta Fritz Michael Gerlich designava Adolf Hitler. Dalle colonne della «Der gerade Weg» (La retta via), il settimanale di Monaco da lui diretto dal 1930 al ’33, quando le squadracce con la svastica lo chiusero con violenza, Gerlich condusse una battaglia culturale che lo rese un nemico giurato del futuro Fuhrer. Il quale lo fece eliminare a Dachau nel 1934. A Gerlich, nato a Stettino nel 1883 ma bavarese di adozione, diventato cattolico nel 1931 grazie alla veggente Teresa Neumann, di cui fu amico e biografo, è dedicata la scorrevole monografia di Ovidio Dallera e Ilsemarie Brandmair: in Un giornalista contro Hitler (Mursia, pagine 271, euro 18) è condensata la vicenda di questo 'lottatore', come lo definì il nunzio vaticano a Monaco, mons. Alberto Vassallo di Torregrossa.
Anche a casa del giovane Joseph Ratzinger si leggeva sempre il settimanale di Gerlich: «Mio padre si era abbonato al giornale 'Der gerade Weg', un foglio antinazista; posso ancora ricordarmi le caricature contro Hitler. Si esprimeva in termini molto duri»: così il futuro Benedetto XVI parlava di Gerlich in Il sale della terra, il libro-intervista con Peter Seewald.
La categoria biblica di 'profeta', colui che 'vede prima' e denuncia il male, ben si addice a Gerlich, fieramente anticomunista e alieno da ogni simpatia sinistrorsa. Già nel 1932 vergava questa previsione: «Il nazismo è destinato a crollare molto prima del marxismo: la sua sorte è di scoppiare come una bolla di sapone, perché in nessun punto del suo programma è ancorato alle grandi correnti di pensiero dell’umanità. Il suo è un programma fatto solo di 'anti', cioè di negazioni». Nel 1923 l’allora direttore del quotidiano 'Münchner Neueste Nachrichten' – l’incarico precedente alla direzione della 'Der Weg' – aveva incontrato Hitler su richiesta insistente di quest’ultimo. «Un mentecatto »: fu tale la secca definizione di Gerlich. Negli anni a seguire, mentre l’establishment teutonico faceva a gara per accaparrarsi i favori dell’ex militare, il giudizio del giornalista cattolico sarà sempre più duro contro il nazionalsocialismo: il 1 maggio 1932 puntava il dito contro il nazismo che vuole «far proclamare, nelle chiese ripulite dai crocifissi, la nuova religione del mito della razza». C’è un particolare che ben fa risaltare Gerlich quale antinazista: era un reporter capace di veri scoop che misero più volte in crisi l’oliato sistema di falsificante propaganda e cinica destrezza politica di Hitler e soci. Fu Gerlich a svelare su 'Der Weg' la programmata marcia su Berlino delle Camicie Brune; era in possesso delle dirette responsabilità del Fuhrer nell’incendio del Reichstag e si apprestava a pubblicarle; conosceva indizi precisi che proprio Hitler aveva assassinato la cugina Geli; prima dell’arresto (marzo ’33) stava per scrivere documentate indiscrezioni sul presunto putsch di Eric Röhm ai danni di Hitler stesso. Una volta in carcere a Monaco – raccontano i testimoni – Gerlich «non pronunciava mai una parola di odio contro i suoi avversari politici. Da parte sua aveva perdonato da tempo ciò che gli avevano fatto». Nelle lettere alla moglie Sophie faceva trasparire la sua fede e, con naturalezza, le esigenze di un carcerato: «Quando verrai, porta anche del tabacco da fiuto, marca Saarbrücken»; «tutte le cose volgono al meglio per coloro che amano Dio». Dopo essersi comunicato ogni domenica fu ucciso – portava una croce al collo – a Dachau il 30 giugno 1934.
© Copyright Avvenire, 9 aprile 2008
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