9 aprile 2008

In un paese liberale anche la Chiesa ha diritto di dire la sua: presentazione de "Il Papa laico" sul vergognoso "caso Sapienza"


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In un paese liberale anche la Chiesa ha diritto di dire la sua

di Cristiana Vivenzio

Se non fosse stato per i giornalisti, le telecamere, i blocchetti degli appunti e le macchine fotografiche, la presentazione del libro “Il Papa laico”, curato da Gaetano Quagliariello ed edito da Cantagalli, che c’è stata oggi all’Hotel Nazionale sarebbe stata poco più di una riunione di famiglia.

Cicchitto e Quagliariello i relatori, moderati dal Direttore, Giancarlo Loquenzi, che per l’occasione, nonostante l’atmosfera amicale, si è calato nella parte del provocatore. All’inizio nessuno ci credeva veramente, ma l’energia delle risposte di Cicchitto non ha lasciato adito ad altri dubbi. E, lanciato l’assist, le aspettative non sono andate deluse. Merito anche di un Mario Sechi mezza punta, che ha rianimato la discussione sui grandi temi della politica, riportandoli sul terreno di noi comuni mortali che tra meno di una settimana dovremo scegliere come votare.

Il "Papa laico" è un libro nato da sé, ha esordito Quagliariello (o poco più, aggiungerebbe chi sa come sono andate le cose). Un libro nato per rispondere ad una provocazione, che non è troppo definire indegna, lanciata da Paolo Flores d’Arcais nell’ultimo numero di Micromega. Lì, realizzando un’opera di dubbia onestà intellettuale, Flores non mancava di utilizzare tutti gli strumenti a sua disposizione per “dimostrare” che questo Papa è il vero ispiratore di una cordata oscurantista e reazionaria che dalle gerarchie ecclesiastiche raggiunge alcuni ambienti intellettuali e politici nostrani.

Sentitosi chiamato in causa, Quagliariello, laico devoto quasi per antonomasia, in nome e per conto di molti di coloro ai quali Flores ha lanciato il suo atto d’accusa, ha dato una risposta secca ma inequivocabile: “Se essere dalla parte del Papa significa ritenere che nei principi propri del Cristianesimo affonda la parte più importante delle nostre radici; che la manipolazione dell’umano non possa spingersi fino a pianificare la nascita e la morte degli individui e il loro patrimonio genetico; che creare le condizioni affinché al Pontefice sia impedito di parlare in una università è più grave che negare la parola ad un’altra autorità politica o religiosa espressione di un’altra cultura e di un’altra civiltà ebbene sì, allora sono più papista del Papa. Ma se tutto questo significa essere oscurantisti e reazionari allora no: Paolo Flores, e quelli come lui, si è sbagliano di grosso”. Da qui l’idea di raccogliere in un libro alcuni degli articoli pubblicati sull’Occidentale ai tempi della grande rinuncia del Papa alla Sapienza e il dibattito scatenato da un articolo di Aldo Schiavone apparso su Repubblica, in cui si denunciava un fantasma neoguelfo che si aggira per l’Italia.

Ma allora Cicchitto che c’entra in tutto questo? Non sarebbe stato meglio invitare uno dell’altra parte? Uno tipo Marcello Cini o Odifreddi, per intenderci, che hanno fatto della scienza la nuova ideologia del loro tempo?

In questo piatto clima pre-elettorale poche cose hanno suscitato una qualche emozione come la questione del cattolicesimo politico. Forse per la scelta di Casini di correre da solo, o per la presenza della lista di Giuliano Ferrara, che certamente catalizza gli umori di una parte dell’elettorato cattolico o forse - ancora e soprattutto - perché la collocazione dei cattolici in politica costituisce un nervo per gran parte scoperto sia nel Pd sia nel PdL. Con una differenza sostanziale: nel partito di Veltroni la militanza “alla comunista” impone l’irreggimentarsi delle posizioni e chi dissente – vedi la Binetti – è un traditore; nel partito di Berlusconi e Fini il confronto tra laici e cattolici non solo non è affatto un tabù ma trova addirittura una sorta di sublimazione ideologica e politica nel ricorso all’obiezione di coscienza, uno tra i più liberali appelli cui un individuo possa ricorrere.

Da qui il motivo della presenza di Cicchitto: dimostrare senza mezzi termini che la questione cattolica del PdL non è una questione, e che sui temi della biopolitica si può trovare un comune terreno d’intesa. Che, tradotto in termini politici e nel caso di vittoria del centrodestra, significa il prossimo governo non rimarrà impantanato nelle sabbie dello scontro radicale su questi temi, come è accaduto per due anni a Prodi e ai suoi.

Se ne è convinto uno come Fabrizio Cicchitto, laico doc e senza aggettivi – come ama dire lui – che su molti temi non si trova d’accordo con i vari Quagliariello e Roccella del suo partito, anche noi che assistiamo al dibattito iniziamo a convincerci che dev’essere vero. Una convinzione che, a sipario quasi chiuso, si fa certezza di una realtà che supera la fantasia: “Non sono né papista né devoto ma neanche anticlericale – dice Cicchitto – ma la Chiesa deve avere la totale libertà di espressione in qualsiasi materia”. Anzi, vi dirò di più, chiosa il deputato di Forza Italia, “quando le gerarchie ecclesiastiche sostengono che quanto meno si legifera sulle questioni che riguardano la vita e la morte e meglio è, io sto dalla parte della Chiesa”. Quagliariello, attonito, diventa d’un lampo più laico del suo compagno di partito. Poche lapidarie parole e il gioco delle parti è saltato. Ma, del resto, si sa è in famiglia che ci si concedono i migliori “siparietti”.

© Copyright L'Occidentale, 8 aprile 2008

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