10 settembre 2008
Il Papa ricorda il sacrificio di don Muntoni, il sacerdote ucciso dieci anni fa a Orgosolo (Mannironi)
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Il Papa ricorda il sacrificio di don Muntoni
Il sacerdote venne ucciso dieci anni fa a Orgosolo mentre andava a dire Messa
Nell’incontro con i preti e la comunità della Pontificia facoltà di Teologia della Sardegna il Pontefice indica come esempi di fede il vice parroco assassinato e il missionario Battore Carzedda
di Piero Mannironi
CAGLIARI. «Voleva essere santo, è diventato un martire» aveva detto di lui il vescovo di Nuoro Pietro Meloni. Don Graziano Muntoni, vice parroco di Orgosolo, venne assassinato alla vigilia di Natale di dieci anni fa mentre andava a celebrare Messa. L’appuntamento con la morte alle 6,30 di una mattina gelida, in uno stretto viottolo a poche decine di metri dalla chiesa: una fucilata al petto gli portò via la vita. Ancora oggi il nome del suo carnefice è sconosciuto. Il Santo Padre lo ha voluto ricordare nell’incontro con i sacerdoti, i seminaristi e la comunità della Pontificia facoltà teologica della Sardegna.
Il Pontefice lo ha indicato come un esempio da seguire: ambasciatore di fede in una Chiesa di frontiera e di missione come la Barbagia.
Dopo aver salutato con affetto il vescovo Luigi De Magistris, suo collega nella Congregazione per la dottrina della fede, don Martino Murgia e il preside della facoltà di Teologia Maurizio Teani, Benedetto XVI ha citato don Muntoni e padre Battore Carzedda del Pime. Quest’ultimo ucciso da fondamentalisti islamici nel 1992 a Mindanao (Filippine), un missionario che «ha dato la vita perchè i credenti di tutte le religioni si aprano a un dialogo sincero sorretto dall’amore».
«Cari fratelli e sorelle - ha detto il Papa a seminaristi e sacerdoti - a voi tocca ora proseguire l’opera di bene compiuta da chi vi ha preceduto: la Sardegna ha conosciuto presbiteri che, come autentici maestri di fede, hanno lasciato meravigliosi esempi di fedeltà a Cristo e alla Chiesa. Lo stesso tesoro inestimabile di fede, di spiritualità e di cultura - ha continuato - è affidato oggi a voi; è posto nelle vostre mani, perchè di esso siate attenti e saggi amministratori. Abbiatene cura e custoditelo con gioia e passione evangelica. Possiate rispondere all’appello del Signore con totale fedeltà come, pure di recente, hanno fatto alcuni vostri confratelli».
«Non vi spaventino, nè vi scoraggino le difficoltà: il grano e la zizzania - ha detto ancora Benedetto XVI ai sacerdoti e ai seminaristi - cresceranno insieme sino alla fine del mondo. E’ importante essere chicchi di buon grano che, caduti in terra, portano frutto».
Il sacerdozio di don Graziano Muntoni, dunque, come eredità da raccogliere per tutta la Chiesa sarda. La sua morte rappresenta un esempio tragico di come la violenza che alimenta il cuore di tenebra della Barbagia sia capace di travolgere anche i ministri di Dio. Evenienza rara, per la verità, visto che negli ultimi quattrocento anni sono stati appena una decina i sacerdoti morti ammazzati in Sardegna.
Così lo ricordò don Salvatore Bussu il giorno dopo l’omicidio: «Don Graziano, rispetto agli altri sacerdoti, aveva una marcia in più. Entrato da piccolo in seminario, l’aveva dovuto abbandonare per motivi di salute. Ma non abbandonerà il sogno di diventare sacerdote sempre presente nella sua vita: prima nella chiesa, come animatore dell’Azione cattolica in tanti campeggi e campi scuola, poi nella società civile come presidente della Pro loco, consigliere comunale, capogruppo, assessore allo Sport, turismo e cultura, consigliere alla Comunità montana. Arriva al sacerdozio molto tardi, all’età di 50 anni, dopo oltre un ventennio di insegnante di lettere nelle scuole medie, insegnamento che continuerà anche da prete. Come vice parroco di Orgosolo divenne il punto di riferimento di tanti ragazzi e giovani, e delle loro famiglie. Era un uomo schietto, generoso, francescanamente semplice, quasi ingenuo. Diceva francamente la verità a tutti. E forse per questo dava fastidio. L’hanno ucciso: come don Puglisi a Palermo, come tanti altri sacerdoti nel mondo...».
Dopo dieci anni, la sua morte resta ancora un mistero. Orgosolo non ha saputo reagire a quella domanda di civiltà che imponeva di far emergere il demone e con il suo silenzio continua a proteggere chi ha ucciso un inerme ministro di Dio.
Ottorino Pietro Alberti, nuorese, ex arcivescovo di Cagliari, così commento il delitto: «L’assassinio di questo sacerdote è un segno che alcune persone sono arrivate a tal punto di abbiezione d’aver perso non solo il senso sacro della vita, ma addirittura la capacità di ragionare, di sentire sentimenti di rispetto verso la persona».
Si disse che don Muntoni fosse portare di un terribile segreto e che il peso di quel segreto segnò la sua fine. Si evocarono perfino i sequestri di persona e poi un omicidio brutale avvenuto nel centro di Orgosolo qualche mese prima. Si mormorarono tante, troppe cose senza però mai arrivare a una verità.
Ciò che resta, dopo dieci anni, è che un mite sacerdote è stato stroncato da una fucilata al petto perché seguiva la sua missione di pace e che una comunità non è stata capace di dare un senso al suo sacrificio. Non ha saputo cioé restituire in termini di verità e di giustizia la generosità di un uomo che coltivava con dolce tenacia il cambiamento tra i giovani. Quei giovani che - lui diceva - potevano essere la «vera salvezza di una terra di violenza e di dolore».
© Copyright La Nuova Sardegna, 8 settembre 2008
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