6 settembre 2008

Intervista a Mons. Mani arcivescovo di Cagliari: «Con Benedetto XVI guarderemo al futuro» (Muolo)


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«Con Benedetto XVI guarderemo al futuro»

Intervista a Giuseppe Mani arcivescovo di Cagliari: «Il Papa troverà un popolo la cui fede è radicata nella cultura.

La sua visita ci aiuterà a rileggere la nostra storia»

DA ROMA MIMMO MUOLO

Appuntamento con la storia e con il futuro. Ma soprattutto appuntamento con la fede.

Perché, spiega monsignor Giuseppe Mani alla vigilia dell’arrivo di Benedetto XVI, «il Santo Padre viene per confermarci proprio nella fede e lo farà dal Santuario che è la capitale spirituale non solo di Cagliari, ma di tutta la Sardegna».
L’arcivescovo del capoluogo sardo, 72 anni, presidente della Conferenza episcopale regionale, presenta così la domenica che i cagliaritani si apprestano a vivere insieme con Papa Ratzinger. Non solo per ricordare i cento anni della proclamazione della Madonna di Bonaria a patrona massima della Sardegna, ma soprattutto per progettare il domani dell’annuncio del Vangelo in una terra che ha conservato intatte le proprie tradizioni.

Monsignor Mani, lei è a Cagliari da cinque anni. Qual è il volto della Chiesa locale che il Papa vedrà arrivando?

Il Pontefice trova sicuramente una comunità piena di fede. Una fede radicata nella cultura e diffusa anche attraverso le forme della religiosità popolare. Certo non mancano limiti e problemi, ma posso dire che il depositum fidei si è mantenuto intatto e vivo.

La visita di Benedetto XVI si inserisce nelle celebrazioni mariane in onore della Madonna di Bonaria. Che cosa rappresenta questa devozione mariana per Cagliari e la Sardegna?

Cagliari si identifica con Bonaria. E da quando 100 anni fa la Vergine è stata proclamata patrona massima di tutta l’isola, a questo Santuario guardano con grande devozione e fiducia tutte le diocesi sarde. Non è solo questione di religiosità popolare, ma un confidare totalmente nella Madonna, che coinvolge tutta la Chiesa locale. In questo senso davvero la visita del Papa è un appuntamento con la storia, perché ci permette di fare i conti con questo secolo così difficile, un secolo che ha visto due guerre mondiali, tante distruzioni e poi la ricostruzione. Ma, lo ripeto, la fede, vissuta e pregata, si è mantenuta. E di questo vogliamo ringraziare il Signore insieme con il Santo Padre.

Come vi siete preparati all’incontro con il Papa?

Tutta la catechesi è stata incentrata su Pietro che viene a confermarci in questa nostra fede. Il cristianesimo è arrivato in Sardegna grazie ai martiri, coloro che venivano deportati ad metalla, cioè nelle miniere. Poi c’è stata la stagione degli esiliati dall’Africa, dove aveva preso piede l’arianesimo. Infine questa fede si è evoluta ed è diventata santità, come testimoniano le figure di Sant’Ignanzio da Laconi e del beato Nicola da Gesturi, o in tempi più recenti Antonia Mesina, la Maria Goretti sarda. Oggi la sottoponiamo al Successore di Pietro per ricevere la sua parola e il incoraggiamento.

Dunque questa visita è anche un appuntamento con il futuro?

Certo e abbiamo voluto simboleggiarlo attraverso l’incontro con i giovani, l’ultimo impegno del Santo Padre prima di far ritorno a Roma. Giovani di Cagliari e anche di altre diocesi, che si stringeranno intorno al Pontefice a meno di due mesi dalla Gmg di Sydney. Per questo l’incontro con Benedetto XVI sarà preceduto da una intera giornata, quella odierna, che avrà come suo filo conduttore la proposta della vita come impegno e vocazione. Ci vedremo alla Fiera di Cagliari e questa sera ci sarà anche la veglia e l’adorazione notturna.

Con quali problemi dovrà misurarsi la Chiesa sarda nei prossimi anni?

Disoccupazione e disimpegno, soprattutto. Ma sono convinto che la nostra terra abbia tutte le risorse per vincere la sfida. Turismo, ambiente, tradizioni e cultura sono le risorse da valorizzare. E noi vogliamo contribuire a uno sviluppo che sia davvero a misura d’uomo.

© Copyright Avvenire, 6 settembre 2008

i dati

In dieci diocesi una comunità viva

Per un milione e 700 mila abitanti, in Sardegna operano 1.100 sacerdoti in oltre 600 parrocchie

DA CAGLIARI

SERGIO NUVOLI

La Chiesa sarda che domani accoglierà Benedetto XVI è costituita da 10 diocesi: Cagliari, Iglesias, Lanusei, Nuoro, Oristano, Ales- Terralba, Sassari, Alghero- Bosa, Ozieri, Tempio­Ampurias. Il loro territorio copre i 24.452 chilometri quadrati dell’isola, sulla quale vivono quasi un milione e 700 mila abitanti e operano 1.100 preti in 618 parrocchie. La Chiesa cagliaritana, guidata dal 2003 da Giuseppe Mani ( presidente della Conferenza episcopale sarda) può oggi contare anche su un vescovo ausiliare, Mosè Marcia, nominato nel giugno 2006. Secondo i dati dell’Annuario pontificio, le parrocchie cagliaritane sono 133 per circa 330 sacerdoti. La diocesi di Sassari è guidata dal 2004 da un frate minore, Paolo Atzei, ed è suddivisa in 61 parrocchie per 130 sacerdoti. Ignazio Sanna, membro dell’Istituto Secolare dei Sacerdoti Diocesani di Schoenstatt e autore di numerose pubblicazioni, dal 2006 guida la diocesi di Oristano con circa 120 sacerdoti per 85 parrocchie. Giacomo Lanzetti, fino al 2006 vescovo ausiliare di Torino, è il vescovo di Alghero- Bosa ( una novantina di sacerdoti e 61 parrocchie) mentre Giovanni Paolo Zedda guida dalla primavera del 2007 Iglesias ( 64 parrocchie e una novantina di sacerdoti). Sanna e Sergio Pintor, quest’ultimo vescovo di Ozieri ( 60 sacerdoti e 30 parrocchie) dal 2006 dopo essere stato direttore dell’Ufficio Cei per la Pastorale della Sanità, sono « sardi di ritorno » , sacerdoti che hanno proseguito i loro studi e il loro cammino lontano dalla Sardegna, loro terra d’origine. La diocesi di Lanusei ( 34 parrocchie, 50 sacerdoti) è guidata dal 1981 da Antioco Piseddu, in gioventù segretario dell’allora arcivescovo di Cagliari, cardinale Sebastiano Baggio, mentre quella di Nuoro ( una novantina di preti, 46 parrocchie) è retta da Pietro Meloni dal 1992. Ales- Terralba conta oggi poco più di 70 sacerdoti distribuiti in 57 parrocchie ed è guidata dal 2004 da Giovanni Dettori. Tempio- Ampurias ha 47 parrocchie e 70 sacerdoti ed è governata dal 2006 da Sebastiano Sanguinetti, destinato alla diocesi dopo 10 anni di permanenza a Ozieri. Segno di una grande vitalità spirituale del territorio, nell’ultimo anno e mezzo la Sardegna ha registrato una sorprendente fioritura di vocazioni religiose anche in alcuni conventi di clausura, specie quelli della famiglia francescana, come quello delle Sorelle povere di Santa Chiara del Buoncammino di Iglesias, che in pochi anni ha più che raddoppiato il numero di monache presenti. Numerose anche le religiose che, dopo la professione, sono state inviate in tutto il mondo.

© Copyright Avvenire, 6 settembre 2008

Di Paolo VI e Giovanni Paolo II le prime due visite

DI PAOLO PITTALUGA

Si perde nei secoli il legame tra i Papi e la Sardegna. Un rapporto che si è intensi­ficato nel ’ 900 grazie all’arrivo di ben due Pontefici in 38 anni.
E la visita di Benedetto XVI a Cagliari segna la terza volta di un Papa in Sardegna e al San­tuario di Nostra Signora di Bonaria. Prima di Papa Ratzinger fu Paolo VI, il 24 aprile 1970, a trascorrere l’intera giornata a Cagliari per celebrare il sesto centenario dell’approdo, sulla battigia del Golfo degli angeli, del si­mulacro della cosiddetta Madonna venuta dal mare. E quindici anni più tardi, il 20 ot­tobre 1985, nel capoluogo sardo concluse la visita sull’isola Giovanni Paolo II: era l’ultima tappa di un viaggio apostolico che l’aveva portato a Iglesias, Oristano, Nuoro e Sassari. Ma il legame dei successori di Pietro con la Madonna di Bonaria è ricco anche di altri si- gnificativi episodi. Ripercorrendone breve­mente alcuni momenti, tornando a ritroso, durante i festeggiamenti del V centenario del­l’arrivo della statua di Maria, Pio IX ne de­cretava l’incoronazione che avveniva il 24 a­prile 1870, presieduta dal vescovo di Eritrea Giovanni Iacovacci.
E trentasette anni dopo – 13 settembre 1907 – Pio X proclamava la Madonna di Bonaria Patrona massima della Sardegna. È invece il 1926 quando Pio XI, in occasione della con­sacrazione della nuova chiesa, stabilisce che il Santuario si fregi del titolo di Basilica mi­nore: allora venne ripetuta l’incoronazione della statua. Nel 1958, cinquantenario della proclamazione della Madonna a Patrona massima della Sardegna in un messaggio di Pio XII, trasmesso da Radio Vaticana, Papa Pacelli rivolgendosi ai sardi affermava: « Sia­mo certi che voi consentirete con noi se af­fermiamo che la Sardegna, a giusto titolo, si può considerare eredità e dominio di Maria, e che tale vuole restare nel futuro » . « Giovan­ni XXIII, Papa, pellegrino umile e devoto a Bonaria, dove celebrò il 29 ottobre 1921 » : è questa la dedica inviata – il 7 dicembre 1960 – da Papa Roncalli all’allora arcivescovo di Cagliari, Sebastiano Baggio, per la riapertura al culto del Santuario dopo i lavori di restau­ro.
E questa è solo la storia più recente dei rap­porti tra l’isola – e in particolare Cagliari – e i successori di Pietro. Perché si può aprire un capitolo risalente ad un periodo ancora più tardo. « La nostra è una Chiesa nata dal sacri­ficio dei cristiani mandati da Roma nell’iso­la – riportano gli storici della Chiesa locale – perché condannati ' ad metalla', cioè ai la­vori forzati in miniera, per non aver voluto a­biurare alla loro fede che è stata fortificata nella sofferenza e poi riproposta alle popola­zioni locali e da loro generosamente accetta­ta » . Vanno ricordate le persecuzioni nei confron­ti dei cristiani avvenute durante l’Impero ro­mano e, in particolare, alcuni martiri sardi quali Simplicio, Gavino, Lussorio, Saturno ed Efisio, condannati a morte tra il III e il IV se­colo, sotto Diocleziano. Ma anche i due ve­scovi sardi, Eusebio e Lucifero, che tra il 315 ed il 371 si distinsero per la loro predicazio­ne. E ancora, nel secolo successivo, altri due insigni uomini nati in Sardegna che diven­nero Papi, Ilario ( dal 461 al 468) e Simmaco ( Pontefice dal 498 al 514). E andrebbe ricor­dato anche Callisto I, Pontefice dal 217 al 222, quando venne martirizzato: pur sapendo po­co della sua vita, è certo che fu condannato a lavorare nelle miniere dell’isola per espiare la ' colpa' di credere in Cristo. Stessa sorte toccò a papa Ponziano ( Pontefice dal 230 al 235): costretto ' ad metalla' morì martire nel 235 nell’isola o, forse, nell’isoletta di Molara.

© Copyright Avvenire, 6 settembre 2008

Angelo, 100 anni spesi tra lavoro e fede

Paolo Viana

Ammette di non ricostruire bene il volto di Benedetto XV, ma tutti gli altri Ponte­fici se li ricorda perfettamente. So- prattutto Giovanni Paolo II, che ha incontrato vent’anni fa insieme ai Cursillos. «De Colores! Il mondo è tutto a colori» è il suo saluto per Be­nedetto XVI, che Angelo Valdés, clas­se 1908, vedrà domani in Cattedra­le a Cagliari. La visita papale preve­de anche la partecipazione di un gruppo di ultracentenari, testimo­ni della storia sarda ma soprattutto di quella longevità caratteristica del­le sue popolazioni, soprattutto resi­denti nel Nuorese tra Orroli e Laco­ni, e tuttora oggetto di studio.
«Faccio esami del sangue completi ogni sei mesi, ho avuto la malaria ma sto benissimo» assicura Angelo, che vive nel capoluogo e ha un eli­sir di lunga vita tutto suo: «Sapersi voler bene ed evitare gli eccessi». I­nutile cercare di carpirgli un altro segreto che non c’è. La vita di que­sto arzillo centenne che usa il com­puter per scrivere i suoi romanzi e ogni giorno fa una capatina nei ne­gozi del quartiere San Benedetto ha conosciuto un solo dolore capace di far piangere ancora oggi: la mor­te di Mariuccia, sposa per 64 anni e madre dei suoi quattro figli. Per il resto, è stata un’esistenza intera­mente di lavoro e di fede – «sono cattolico praticante», rivendica con orgoglio – iniziata nel contesto non proprio salutare della vita di minie­ra: «Sono l’unico sopravvissuto tra coloro che hanno visto nascere Car­bonia ». Finito a estrarre il carbone perché «una lira e mezza al giorno era un reddito importante in una fa­miglia come la mia, dove ero il pri­mo di nove figli», divenuto mecca­nico e poi tecnico dei sondaggi mi­nerari, Valdés ha concluso la carrie­ra tra l’Italia e Santo Domingo come «incastonatore»: il suo compito era montare a martellate sull’acciaio delle trivelle i brillanti che servono a rompere la roccia più dura. «Ov­viamente, senza frantumarli» pre­cisa mostrandoci gli attrezzi del me­stiere. Una vita spesa, ci dice anco­ra, «con tanta fede e speranza». Quanto al futuro, conclude, «lascio fare a Dio, anche se spero di stare qui ancora un pochino».

© Copyright Avvenire, 6 settembre 2008

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Ciao Raffaella, oggi sul Corriere ci sono due articoli che ti segnalo: uno si trova nelle pagine di cultura e parla di un saggio di uno che dice (molto in sintesi) che la chiesa parla di politica. Cita da subito il card. ratzinger.
Poi due pagine più avanti c'è un trafiletto cortissimo sulla prossima visita del papa in francia che secondo il giornalista è un paese vuoto dal punto di vista religioso... Ma li ho letti frettolosamente quindi non vorrei dare giudizi... Se vuoi inserirli credo che faranno discutere...

Marco, ciao, buon rientro (se torni oggi)

Raffaella ha detto...

Grazie Marco :-)
R.