3 ottobre 2008

«La Parola di Dio nella vita della Chiesa»: via al Sinodo dei vescovi. Il contributo di Joseph Ratzinger nella redazione della Dei Verbum (Accornero)


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«La Parola di Dio nella vita della Chiesa»: via al Sinodo dei vescovi

Pier Giuseppe Accornero

«La Chiesa non trae la sua vita da se stessa, ma dal Vangelo e dal Vangelo essa non cessa di orientarsi nel suo pellegrinaggio». «La Chiesa deve sempre rinnovarsi e ringiovanire grazie alla Parola di Dio, che non invecchia né si esaurisce e che, tramite lo Spirito Santo, ci guida alla verità tutta intera».
Papa Benedetto inquadra significato e importanza del XII Sinodo dei vescovi, in programma in Vaticano da domenica 5 a domenica 26 ottobre (oggi la conferenza stampa di presentazione, dopodomani la Messa d'apertura in San Paolo fuori le Mura) su «La Parola di Dio e nella vita e nella missione della Chiesa» che si riallaccia a quello del 2005 «L'Eucaristia nella vita e nella missione della Chiesa». Obbligato punto di partenza è la costituzione «dogmatica» del Concilio (1962-65) sulla «Divina Rivelazione», il cui titolo «Dei Verbum» riecheggia quello del Sinodo: «Verbum Domini in vita et missione Ecclesiae». Altri documenti di riferimento sono il «Catechismo della Chiesa cattolica» (1992), che ha recepito e sviluppato la «Dei Verbum», e lo sterminato magistero dei Papi, delle Conferenze episcopali e dei vescovi.
Non stupisce che Papa Benedetto abbia scelto il tema della Parola di Dio. La «Dei Verbum», infatti, rappresentò una svolta fondamentale del Vaticano II: fu approvata nell'ultima sessione, il 18 novembre 1965, dopo un acceso dibattito durato tutto il Concilio.

Il 35enne teologo Joseph Ratzinger partecipò al Vaticano II come consulente teologico del cardinale Joseph Frings, arcivescovo di Colonia, e dell'episcopato tedesco. Brillante ed esperto, offre un notevole contributo al dibattito, acquista notorietà internazionale, trascorre le serate a tenere conferenze a vescovi di varie nazionalità, è arruolato tra i «progressisti». Un formidabile trampolino di lancio, quanto a conoscenze e popolarità, per il giovane studioso bavarese, che impara e affina l'uso delle lingue. La sua produzione libraria, prima del papato, è strabiliante: 700 titoli di libri e articoli scientifici. Tra i primi proprio quelli sul Concilio. Al termine di ogni sessione redige una presentazione dei lavori e un bilancio dei risultati: «La prima sessione del Concilio Vaticano II. Uno sguardo retrospettivo» (solo in tedesco) nel 1963; «Concilio in cammino: sguardo retrospettivo sulla II sessione» (Roma, 1965); «Risultati e problemi del terzo periodo del Concilio» tradotto in italiano nel 1967. Nello stesso anno escono in tedesco un «Kommentar», «Commento alla "Dei Verbum"» e altri eccellenti commenti ai documenti del Concilio del quale è un convinto assertore e sostenitore, ma con la sua linea «continuità e non frattura», contraria a eccessi e a manipolazioni, come dimostra la sua attività accademica, i 25 anni trascorsi a capo della Congregazione per la dottrina della fede, della Pontificia Commissione biblica e della Commissione teologica internazionale, e i primi 3 anni e mezzo di pontificato.

Il fatto singolare è che l'arcivescovo Frings – che era uno dei 10 cardinali presidenti del Concilio e del quale Ratzinger era l'esperto – il 14 novembre 1962 nella prima sessione fece in aula un intervento durissimo contro lo schema sulle «Fonti della Rivelazione» dal quale tre anni dopo nascerà la «Dei Verbum».

Sentenziò il cardinale tedesco: «Dico apertamente che lo schema non piace, anzitutto per il linguaggio. La verità può essere predicata in maniera tale che gli uomini se ne sentano attratti, oppure in modo che se ne allontanino. Nello schema non c'è né si fa udire la voce della Chiesa madre e maestra, né quella del Buon Pastore, ma usa un linguaggio scolastico che non costruisce né vivifica. Si desidera, invece, quel carattere pastorale che il beatissimo Papa Giovanni ardentemente desidera in tutte le parole del Vaticano II. Lo schema usa contenuti e linguaggio che vanno sconsigliati per evitare che, fin dalle prime parole, i fratelli separati si sentano offesi perché viene sottolineata una dottrina controversa tra cattolici e non cattolici».
Una stroncatura senza remissione. Il risultato fu che lo schema fu cassato, ritirato, rifatto di sana pianta, ripresentato nella seconda sessione e approvato nel 1965. Ora, se Ratzinger era consulente di Frings, è lecito supporre che conoscesse in anteprima l'intervento, che vi avesse messo mano, che lo approvasse prima che il cardinale lo leggesse.
Ne è forse una prova il discorso che Benedetto XVI rivolge il 16 settembre 2005 ai partecipanti al congresso internazionale «La Sacra Scrittura nella vita della Chiesa». Definisce la «Dei Verbum» uno dei documenti «più importanti del Concilio»; ricorda che all'elaborazione «fui testimone partecipando in prima persona come giovane teologo alle vivaci discussioni che l'accompagnarono»; dice che «la Chiesa ascolta e annuncia la Parola di Dio, non vive di se stessa ma del Vangelo dal quale trae orientamento e del quale è annunciatrice»; rammenta che «la Chiesa ha sempre tributato alle Scritture una venerazione simile a quella riservata al Corpo del Signore» e – come dice San Girolamo – «l'ignoranza delle Scritture è ignoranza di Cristo»; si dice convinto che «solo dalla Parola di Dio può sbocciare la nuova primavera per la Chiesa».

© Copyright Eco di Bergamo, 3 ottobre 2008

Secondo molti commentatori l'intervento del cardinale Frings, quasi cieco, fu scritto dall'allora professor Ratzinger.
La cosa non stupisce affatto visto che il Santo Padre parla molto spesso del documento conciliare dimostrando di conoscerne anche le virgole :-)

R.

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