2 ottobre 2008

I «preamboli della fede»: Il soprannaturale è una persona in carne e ossa (Inos Biffi per l'Osservatore Romano)


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I «preamboli della fede»

Il soprannaturale è una persona in carne e ossa

di Inos Biffi

Per praeambula fidei - troviamo questa espressione in Tommaso d'Aquino - metafisici, intendiamo qui anzitutto la struttura dell'uomo capace di raggiungere e di riconoscere l'oggettività dell'essere e quindi la verità come un dato che non rifluisce nella soggettività dell'uomo stesso, coincidendovi.
O anche: la radicale e immanente apertura dell'uomo alla "intuizione" dei primi principi - principia nobis innata, come li chiama san Tommaso - fondati sulle esigenze dell'essere, a partire dal principio di non-contraddizione e dell'identità, e alla sua capacità di formulare dei giudizi sia universali e analitici, sia sintetici o in base all'esperienza, che egli sa criticamente e veritativamente interpretare.
Una teoria che contestasse questa capacità intenzionale dell'uomo nei confronti della verità, vanificando un autentico discorso di ragione, e relativizzando il soggetto a se stesso, fino a contestare che sia in grado di avere una conoscenza oggettiva e di attingere la res, tramite gli enuntiabilia, renderebbe da subito vano ogni discorso riguardante il soprannaturale, la fede e quindi la figura di Cristo, che del soprannaturale è la forma storica.
Tale teoria non solo estranierebbe il soggetto dal soprannaturale, ma dissolverebbe il soggetto, che si troverebbe umanamente stemperato, e persino del tutto spento, per rifarci ancora all'immagine di san Tommaso, che parla di lumen naturaliter inditum.
Questi praeambula fidei, "che è necessario conoscere nella fede" - quae necesse est in fide scire - sono presupposti o, si direbbe meglio, sono inclusi per la conoscenza e nella conoscenza del soprannaturale, o conoscenza teologica.
Essi - precisa san Tommaso - sono disposti ancillarmente e preambularmente sul piano della temporalità - in via generationis - e tuttavia vengono dopo quanto a valore - dignitate posteriores.
Quanto, poi, al loro contenuto, gli stessi praeambula comprendono "quello che di Dio è provato mediante le ragioni naturali, come la sua esistenza, la sua unità e altre cose del genere, riguardanti Dio e le creature, provate nella filosofia e presupposte dalla fede - ea quae naturalibus rationibus de Deo probantur, ut Deum esse, Deum esse unum, et alia huiusmodi vel de Deo vel de creaturis, in philosophia probata, quae fides praesupponit."
Senza queste premesse strutturali, gnoseologiche e ontologiche, e senza i contenuti fondamentali che si risolvono nel riconoscimento del Deum esse, con quanto ne consegue, il linguaggio elementare della fede e il suo discorso mancherebbero della loro primaria - ossia linguistica e concettuale - plausibilità. E neppure sarebbe ipotizzabile un soprannaturale: una concezione della ragione afflitta da radicale debolezza, per cui il suo giudizio non riesce a cogliere la realtà e a riconoscerne la trascendenza, ne pregiudica la possibilità di qualsiasi discorso.
Ma con l'affermazione della disponibilità trascendentale veritativa e teologica (di teologia filosofica), siamo ancora - direbbe san Tommaso - sub metis philosophiae - e non abbiamo ancora realmente varcato il confine o l'eccedenza (excessus) per l'ingresso nel soprannaturale. Di esso possiamo unicamente ammettere la possibilità, che in ogni caso potrebbe solo configurarsi come un itinerarium Dei in mentem, totalmente lasciato, nel suo "avvenire", alla libertà di Dio e, nella sua conoscibilità, al lumen fidei, al novum lumen, o nova lux intelligibilis, o al divinum lumen o lumen inspirationis divinae.
È come dire che il soprannaturale è concepibile non come una realtà necessaria, avente evidenza metafisica, che risulterebbe confinata nell'area filosofica, ma come evento, o anche "contingenza", che appunto "avviene", "appare", presentandosi con i segni del suo esserci e della sua soprannaturalità, così che sia possibile accorgersi della sua storicità, e riconoscerlo nella sua compiuta identità.
In altre parole, senza alcuna premessa metafisicamente e storicamente necessaria:

- il soprannaturale deve offrirsi, in modo tale da giustificare un giudizio storico o proveniente dall'esperienza, quindi da una "visione": senza apparizione storica, senza "visione" e senza esperienza il soprannaturale resterebbe inaccessibile.

- Ma questo non basta per il riconoscimento e il consenso: occorre che ci sia la facoltà adeguata al riconoscimento, e questa non potrebbe essere la "pura" ragione o il lumen naturaliter inditum, che non vi sarebbe consono e proporzionato.

Tommaso parlava di nova lux intelligibilis, o di divinum lumen, o lumen inspirationis divinae, in virtù del quale l'uomo è in grado non di bypassare, l'apparizione e la consistenza storica del soprannaturale, ma di riconoscere e di "giudicare" integralmente l'evento storico, e di aderirvi o consentirvi.
Questa adesione e questo consenso, possibili per la grazia di quella nova lux, è esattamente l'atto di fede.
E a proposito di tale nova lux importa osservare: che essa si diffonde e si insinua in tutto quanto abbiamo detto a proposito delle premesse strutturali, gnoseologiche e ontologiche, e dei praembula fidei, senza di cui la stessa nova lux resterebbe come "spiazzata", senza soggetto, e nell'impotenza a giudicare; non solo, ma che tale nova lux, invece di ridurre e di pregiudicare la capacità del giudizio, la potenzia, secondo la luminosa affermazione dell'Angelico: "I doni di grazia in questo modo aggiunti alla natura, non tolgono la stessa natura, bensì la perfezionano ulteriormente. Per cui il lume della fede, che ci viene gratuitamente infuso, non distrugge il lume della ragione naturale, che ci è dato da Dio - Dona gratiarum hoc modo nature adduntur, quod eam non tollunt set magis perficiunt; unde lumen fidei, quod nobis gratis infunditur, non destruit lumen naturalis rationis divinius nobis inditum."
In sintesi: senza la gratuita deliberazione divina il soprannaturale non c'è; il soprannaturale non può, quindi, che essere un "evento", un fatto, fenomenologicamente attingibile: senza questa storicità o fenomenologia, esso non sarebbe accessibile. Questo evento, poi, è un evento "complesso": in quanto costituito appunto di fenomenologia accessibile alla percezione e alla valutazione storica, ma nella quale è dato "il mistero" o la trascendenza oltre la natura: senza questa trascendenza si ridurrebbe a un dato filosofico o storico naturale, e non di grazia. Per l'accessibilità al soprannaturale e, di conseguenza, per il giudizio ad esso adeguato e pertinente, è imprescindibile il lumen divinae inspirationis che conformi la mente all'evento. E questa è la fede, o sono gli "occhi della fede", o gli "occhi illuminati del cuore" (Efesini, 1, 18), che permettono il giudizio "complessivo" e l'adesione. In Tommaso è diffusa la dottrina sugli occhi della fede: egli parla di oculi fidei; afferma: per oculum intelligitur fides.
Senza quindi la fede "oculata", come ancora si esprime l'Angelico, - fides oculata - resta disponibile la fenomenologia del soprannaturale, che verrebbe, tuttavia, inevitabilmente assunta in modo parziale e alla fine fraintesa e non obiettivamente interpretata. Il soprannaturale vive ed è percepibile e giudicabile nella fede.
Ma ora è inevitabile ormai la definizione e la denominazione concreta di questo soprannaturale: esso coincide con Gesù Cristo, con la storia che in lui trova la sua ragione iniziale e conclusiva, con i suoi "confini". È da lui che il soprannaturale irraggia ed in lui che esso quale tutto conviene.
Tutto quanto siamo venuti dicendo finora sul percorso al soprannaturale, sulle sue condizioni e le sue forme in concreto di riferisce a Gesù Cristo.

(©L'Osservatore Romano - 3 ottobre 2008)

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