3 luglio 2007

SPECIALE DI "REPUBBLICA" SULLA MESSA TRIDENTINA (parte seconda)


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IL LATINO DALL´ANTICHITÀ A OGGI

MA QUANTI EQUIVOCI SULLA LINGUA PERDUTA

esoterismo Alcuni fautori del suo ritorno sostengono che nella etimologia delle parole latine si celano segreti e rivelazioni razionalità C´è chi vede nel latino una lingua logica e razionale, studiando la quale ci si addestra a ragionare

RAFFAELE SIMONE

Il cardinal Bertone ha assicurato (la Repubblica del 29 giugno) che la Chiesa non intende egemonizzare l´Italia ma solo evangelizzarla. In quest´inedito piano di reconquista il Vaticano usa i suoi argomenti di sempre, a partire dal rilancio del latino come lingua di tradizione.
L´operazione si sta sviluppando su più fronti. Qualche settimana fa l´insolita coppia formata dal Pontificio Comitato di Scienze Storiche e dal Cnr ha tenuto a Roma un convegno dal titolo Futuro Latino, con l´obiettivo di inquadrare il latino come "fondamento per la costruzione e l´identità dell´Europa" e verificare (pensate!) le sue potenzialità per la scienza. Non so che risultati il convegno abbia avuto, ma il segnale è eloquente.
Se può esser difficile convincere gli scienziati che il latino serva loro a qualcosa, agire sui fedeli (sinceri o fittizi) è più agevole. Oggi tocca infatti agli aspetti liturgici. Un motu proprio papale di prossima pubblicazione prevede che, se almeno trenta fedeli lo chiedono, il sacerdote è tenuto a dire messa in latino senza obbligo di avvertire il vescovo. Così si chiuderebbe per sempre la riforma "popolare" di Giovanni XXIII, che introdusse nella liturgia l´uso delle lingue nazionali come segno di accostamento alla sensibilità della gente.
Ma perché mai i fedeli dovrebbero chiedere una messa in latino? Cosa significa questa lingua per chi ne rivendica il restauro, quasi si trattasse di un vessillo mortificato? Il latino è abituato a essere coinvolto in rivendicazioni e nella storia gli è toccato prestarsi alle maschere più diverse. Per lo più è stato usato come bandiera del ritorno a un´origine imprecisata e ai presunti valori che questa rappresenta. Insomma come simbolo di conservazione o di reazione. Non a caso in una delle sue rivendicazioni l´arcivescovo Lefebvre richiedeva proprio il ripristino della messa in latino.
Ma rivendicando il latino come lingua liturgica non si aspira certo al piacere di ascoltare discorsi in una lingua che magari nessuno dei richiedenti è in grado di capire. Per molti di loro il latino è puro suono, cantilena o assonanza, fonte più di confusione che di raccoglimento. Le fantasie nate dall´incomprensione di formule liturgiche sono così numerose e frequenti che sul tema si sono scritti libri interi (come il bel Sicuterat. Il latino di chi non lo sa di Gian Luigi Beccaria). Antonio Gramsci raccontava che per sua zia Grazia il da nobis hodie del Padrenostro era diventato il nome di una nobile Donna Bisodia, che veniva citata spesso come esempio.
Il fatto è che le religioni amano associarsi a lingue presunte "originarie" e dotate di un flavor esoterico e iniziatico, anche se nessuno le capisce: anzi esattamente per quello. Così assicurano la propria autenticità e continuità rispetto agli inizi: allora le formule rituali possono trasformarsi tranquillamente in mantra, in "Donne Bisodie" e in "sicuterat". Non importa che si capisca, quel che conta è che ci si distingua dagli altri.
La chiave in cui la Chiesa difende il latino è proprio questa. Del resto, va notato che il latino cristiano, e più ancora quello della chiesa moderna, propriamente… non è latino. Il primo (come si vede nella traduzione delle Scritture e nella Patristica) è una metamorfosi semplificata e contaminata dell´idioma di un tempo. Il latino della Chiesa d´oggi è un´invenzione delle cancellerie, una sorta di esperanto per preti.
A questa visione fantastico-iniziatica se ne salda un´altra, secondo cui nell´etimologia delle parole latine si celano segreti e rivelazioni. Sono stati in molti a ricercare (nelle parole latine e di altre lingue) queste radici arcane, secondo una linea che potremmo chiamare "Vico-Heidegger." Il meraviglioso Giovanbattista e l´oscuro Martin hanno infatti pescato a piene mani nella scomposizione etimologica (vera o fantasiosa), l´uno del latino l´altro del tedesco, alla ricerca di significati riposti. Il gioco mostra però la corda, perché a questa linea si sono associati anche autentici folli, come quel Jean-Pierre Brisset, "Prince des penseurs" amato da surrealisti e psicoanalisti, che, ai primi del Novecento, proprio scomponendo parole arrivò a dimostrare l´origine "batracica" del linguaggio, cioè la sua provenienza dal cracrà delle ranocchie.
Di segno opposto è la seconda maschera che il latino si trova spesso addosso: quella di lingua logica e razionale, studiando la quale ci si addestra a ragionare. I linguisti sanno bene che di lingue logiche non ne esistono, perché a esser logiche e ordinate (o il contrario) non sono le lingue ma semmai le teste di quelli che le usano. Ma questo semplice fatto non basta a convincere i fissati. Alcuni tratti della struttura del latino lo espongono davvero, del resto, al rischio di esser preso per una lingua-calcolatore: è ricco di casi e di flessioni complicate, ha una sintassi raffinata e mobile, tende a distanziare le parole che hanno a che fare tra loro e ha una forte propensione all´ellissi (il "sottinteso" che fa impazzire i lettori di Tacito e di Orazio). Per questo è stato facile spacciarlo come una lingua che richiede, per essere capita, un lavoro mentale particolarmente intenso. Anche qui l´argomento è debole. Se si volesse davvero insistere su quelle forme di complessità, la scuola avrebbe a disposizione un´altra lingua più ricca e complicata, il greco: ancora più folto di flessioni e di forme, ancora più drastico nelle "parole mancanti", ancora più ricco di problemi da risolvere prima di cominciare a capire qualcosa.
Pure Gramsci era cascato in questa trappola: «Il latino non si studia per imparare il latino», scriveva in un passo dei Quaderni del carcere dedicato a questo tema. La sua formula svela l´inganno di tutte queste operazioni: i difensori spuri del latino (dal clero tradizionalista e i fedeli lefebvriani ai supposti educatori del ragionamento) non hanno alcun interesse per il latino, ma solo per ciò che presumono che si possa ottenere usandolo.
Chi volesse davvero far qualcosa per il latino nella cultura della modernità dovrebbe invece promuoverlo come tale, cioè come una lingua dalla magnifica struttura, come la porta di una formidabile letteratura e il vessillo di una civiltà che ancora ci intriga.

© Copyright Repubblica, 3 luglio 2007

Qui si fa una grandissima confusione. E' mai possibile che un autore attribuisca la riforma della Messa a Papa Roncalli? A me risulta che sia da attribuire a Paolo VI. Il suo predecessore, in verita', riformo' il Messale di Pio V, depurandolo di alcune espressioni decisamente inaccettabili come la preghiera per i "perfidi Giudei", ma non pose mai mano alla riforma liturgica nel senso moderno.
Inoltre, cari signori, Papa Benedetto non ha alcuna intenzione di sostituire il Messale tridentino a quello conciliare. Si trattera' di una libera scelta dei fedeli. A volte mi sembra che si voglia generare confusione fra i Cattolici con lo spauracchio della lingua latina di "scolastica" (nel senso di studiata o non studiata a scuola) memoria.
Piu' tardi leggeremo un commento decisamente piu' obiettivo
.
Raffaella

9 commenti:

euge ha detto...

Ecco che ci risiamo con le falsità.......... Come dici bene tu Raffaella, fu Paolo VI e non Giovanni XXIII ad adottare il Messale attuale per di più questa gente, deve capire che non è assolutamente intenzione del Santo Padre figuriamoci mettere in opposizione o addirittura sostituire il Messale di Pio V che poi di fatto sarà quello rielaborato da Giovanni XXIII nel 62, al posto del Messale attuale. Darà solo la possibilità che trovo sacrosanta, di scegliere chi vorrà e se lo vorrà raggiungendo l'ormai famoso numero di trenta persone, potrà richiedere al parroco di celebrare secondo il rito tridentino!!!!!!!! E' assurdo e di ristrette vedute, considerare tutto ciò non solo un tornare indietro ma, vederci qualcosa che possa portare chissà a quali sfaceli. Però si sa ogni cosa va bene pur di dare addosso a Benedetto!!!!!!!!!!!!!!!!!
Eugenia

Cristiano ha detto...

Vorrei chiedere a Raffaella se le sembra accettabile questa lettura dell'espressione "pro perfidis iudaeis": per i giudei che "pertransibunt a fide eorum", cioè si allontanarono dalla loro fede. Esssi infatti si allontanarono dalla fede rivelata quando non riconobbero il Messia!

Anonimo ha detto...

Ciao Cristiano, credo che "perfidi" si riferisca al fatto che gli Ebrei con condividono la fede in Cristo. In questo senso l'espressione ha un significato bene preciso. Tuttavia l'espressione "perfidi" oggi non e' piu' accettabile nel senso che l'aggettivo ha un altro significato.
Questa, almeno, e' la mia opinione.
Ciao
Raffaella

mariateresa ha detto...

cari tutti voi, lasciamo che passi la bufera, poi si calmeranno le acque e si ragionerà. Certo alcuni sembrano fare a gara a chi la dice più grossa.E si fa fatica a scegliere chi premiare. Nel blog di Accattoli ho addirittura letto che alcuni sono "inorriditi" per il motu proprio. Ditemi voi se non ci sia esagerazione. Con tutto quello per cui possiamo inorridire al giorno d'oggi, vogliamo proprio riservare l'orrore per la messa in latino cui desiderano partecipare dei nostri fratelli?
Io credo, in fondo alla razionalità umana, e quindi al netto delle strumentalizzazioni politiche, delle scemenze,della disinformazione, delle riserve in buona fede (ci sono sicuramente anche quelle) credo che tutto tra un po' di tempo verrà visto con più equilibrio.
Voglio crederlo.

Anonimo ha detto...

Ciao Mariateresa, non posso che concordare. Visto che il provvedimento non è obbligatorio non vedo che cosa ci sia da inorridirsi! Ci sono altri argomenti su cui vale la pena di provare orrore...
Raffaella

Cristiano ha detto...

Certo, certo, poi io l'interpretazione di "perfidus" con "qui pertransit a fide" l'ho supposta, non sono un latinista...
E'solo che mi preoccupo ogni volta che vedo questi articolisti da quattro soldi provare a illuderci con i loro spettri! Se facciamo fronte comune siamo più forti, e le loro preoccupazioni su di noi non attecchiscono! Saluti!

euge ha detto...

Concordo con voi!!!!!!!!!!! Inorridirsi e di che cosa??????? di un rito che farte del patrimonio culturale della chiesa?????? Di argomenti per inorridirsi ce ne sono ogni sera sentendo il TG qualunque esso sia!!!!!!!!!!!!!
Eugenia

Anonimo ha detto...

Ciao a tutti, sono Marco. In questo articolo viene "smontato", per così dire, il latino cercando di dimostrare che sia del tutto inutile riprendere questa lingua. Non è stata citata, a mio parere, la cosa più importante: Il latino: lingua della chiesa cattolica, di tutti. Lo Spirito liturgico unisce i fedeli di ogni dove. Concordo sul fatto che recitare a memoria frasi di cui non capisco il senso è un po' assurdo. Premesso che tante volte a noi fedeli capita forse di ripetere senza pensare alle formule durante la messa, dobbiamo considerare che qualora si assisterà ad una messa in antico rito si avrà a disposizione tutti i mezzi per seguire in modo fruttuoso la messa. Si potrà seguire i testi (così da non storpiare le parole) e si avrà la traduzione così da meditare su ciò che le parole dalla nostra bocca anticipano. Oggi, più di un tempo, siamo tutti più o meno acculturati, siamo in grado di leggere, così da poter dare un significato a ciò che udiamo. Ma questo viene dopo, prima deve agire il cuore durante la messa, dobbiamo sempre di nuovo chiederci: "Io credo a ciò che vedo? Credo che il sacerdote è Cristo in questo momento?" "Se anche avessi tutte le lingue del mondo, ma non avessi la carità... non conta nulla" diceva San Paolo. La liberalizzazione della messa in antico rito non deve essere giudicata a partire dal latino, ma dai significati teologici che essa possiede, che certamente possiede (che io non so), ci verranno spiegati dal Papa stesso, spero. Non credo che Benedetto XVI sia un semplice nostalgico, un passatista, un tradizionalista esasperato. C'è molto di più in lui, va oltre ogni categoria che gli viene continuamente fatta. Ho fiducia nei buoni propositi del Papa e mi auguro, che come me, tutti con umiltà lo ascoltiamo (in particolare i credenti). grazie per l'attenzione, spero di aver esposto qualcosa di condivisibile. marco.

euge ha detto...

Grazie Marco fra tanti giri di parole con i quali chi più e chi meno cerca di rispondere a questi articoli che sono "spettri" come li definisci tu che non devono intaccare in alcum modo le nostre convinzioni,hai espresso perfettamente ciò che ognuno di noi pensa almeno perlo per me; infatti, il concetto non è tanto come dici tu l'importanza del latino anche se quello indubbiamente conta ma, l'aspetto teologico che a mio modestissimo parere deve essere recuperato in profondità ed è questo che Papa Benedetto vuole fare e qui non si tratta di restaurazione o altro si tratta di far recuperare quel significato profondo della liturgia che purtroppo per quanto mi riguarda è andato sempre di più perdendosi.
Grazie Marco Eugenia