11 novembre 2007

Folena (Avvenire) smaschera bufale e svarioni sul turismo religioso. Il giurista: l'extraterritorialità non c'entra nulla!


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Turismo religioso: l’inchiesta sa di falso

«Repubblica» insiste tra bufale e svarioni

DI UMBERTO FOLENA

Ordunque, tutti alla «splendida Ab­bazia di Chiaravalle alle porte di Milano: costa 300 euro, ma è un cinque stelle a tutti gli effetti».
Repubbli­ca la addita come una delle lussuose strutture alberghiere della Chiesa che e­vadono l’Ici e fanno concorrenza sleale, insomma frodano l’Italia e gli italiani. Be­ne, andiamoci. L’Abbazia di Chiaravalle, nei pressi di San Giuliano, in effetti ha u­na foresteria, per i pellegrini che voglia­no condividere qualche giornata con i monaci. Sette camerette con letto, la­vandino e armadietto. Pensione com­pleta: 30 euro al giorno, «ma se uno è in difficoltà – spiegano – può darci anche di meno». Trecento, tren­ta… uno zero e cinque stelle di troppo, e che sa­ranno mai?

Camaldoli extralusso

È solo uno dei tanti sfondoni della quinta puntata della temeraria inchiesta sui «Soldi del vescovo».
Le inchieste sono cose serie, chi le fa è tenuto a controllare di persona. O no? Dopo la bufala di Chiaravalle, «lo stesso vale per le ce­lebri Orsoline di Cortina e per il mo­nastero di Camaldoli nell’aretino, me­te di turismo intellettuale, culturale e politico d’alto bordo».
Quella delle «ce­lebri Orsoline» è in realtà una scuola: d’estate vengono messe a disposizio­ne le stanze delle studentesse: 80 euro pensione completa in alta stagione, sconti per famiglie, bambini 50%. Per Camaldoli ci piacerebbe lasciare la ri­sposta ai camaldolesi, agli studenti del­la Fuci ma soprattutto alla tanta gente normale, di bordo medio e perfino bas­so, ospitata nelle cellette, che spartane è dir poco.

Tutti i voli dell’Orp

L’avete capito, la quinta travolgente puntata è dedicata al turismo religio­so, «un affare da 5 miliardi di euro» re­cita il titolo. Il primo bersaglio è l’Ope­ra Roma pellegrinaggi (Orp) con i suoi voli «a basso costo», a cominciare dal Boeing 707-200 della Mistral. In realtà è un 737-300: solo un dettaglio, che però conferma l’approssimazione del giornale di Carlo De Benedetti. In realtà il partner principale dell’Orp è l’Alita­lia, che però da sola non basta a ga­rantire tutti i voli necessari. Così l’Orp ricorre anche ad AirOne, El Al (per I­sraele), Sirian Airline (Siria), Air Jordan (Giordania), Lot (Polonia) Aeroflot (Russia), Tap (Portogallo)… Repubbli­ca scrive che tra i 148 pellegrini del vo­lo Mistral dello scorso 27 agosto c’era l’ex direttore tecnico della Juventus: «La Chiesa si affida al testimonial Luciano Moggi». Moggi non era su quel volo, non è testimonial della Chiesa né ha legami di alcun genere con l’Orp. A Lourdes ci sarà andato come ogni al­tro pellegrino, senza rappresentare nessuno se non se stesso.
Repubblica scrive che al volo «ha elargito la sua be­nedizione il rettore della Lateranense». A parte il fatto che non ci sarebbe sta­to niente di male, il rettore non c’era.

Il turismo religioso paga le tasse

Il turismo religioso, leggiamo, è «quasi sempre esentasse». Non è vero. L’Orp è della Santa Sede. Ma quando opera in I­talia è soggetto alle leggi italiane esatta­mente come qualsiasi tour operator di qualsiasi Stato estero. La quasi totalità delle strutture utilizzate sono normali alberghi, non strutture religiose, e tutti pagano le tasse. Il 2008, secondo Re­pubblica, sarà il «150° anniversario del­l’apparizione di Fatima»: no, di Lourdes. Per quell’anno ci sarebbe «la previsione di arrivare a 150 mila» pellegrini italiani verso i santuari europei e la Terra Santa, contro i 50 mila attuali: «previsione» fat­ta da chi? Qual è la fonte? Se è una fan­tasia di Repubblica, non resta da augu­rarsi che si avveri…

Monasteri? Un tempo

Uno stillicidio di errori e mezze verità. Nel suo su­perficiale copia-incolla, viene citato il Sole 24 O­re, che parla di «un cen­tinaio di alberghi entra­ti nel network Condè­ Nast Relais & Chateaux o Leading Hotel of the world».
Tralascia di pre­cisare che la gran parte di essi sono ex monaste­ri, venduti a privati, con i quali la Chiesa non c’entra nulla. Si par­la di un finanziamento statale di 10 mi­lioni di euro per la Via Francigena, di cui però pressoché nulla va alla Chiesa.

Si af­ferma che i 3.500 miliardi di lire versati alla Chiesa per il Giubileo sono serviti «in buona parte a riorganizzare la rete di ac­coglienza turistica». Falso: in buonissi­ma parte sono serviti a ristrutturare chie­se e abbazie e altri luoghi di culto; alle strutture di accoglienza è andata una par­te minima.

Rispunta poi la questione di suore e reli­giosi che «lavorano gratis», consentendo di abbattere i costi e di fare concorrenza sleale. I religiosi impegnati a tempo pie­no nel turismo sono pochi. Ma a Repub­blica non viene in mente che sono a ca­rico, per sempre e per ogni necessità, del­la loro congregazione, a cui 'costano' as­sai più di quanto verrebbe a 'costare' un normale contratto di lavoro.

Le bugie sul Bambin Gesù

Viene gettato fango anche sull’Ospeda­le Bambin Gesù di Roma, una struttura a servizio dei bambini che ci invidia tut­to il mondo, il quale «riceve numerosi fi­nanziamenti dallo Stato e della Regione Lazio», senza che essi possano «rivedere gli accordi perché ogni modifica deve es­sere trattata direttamente dal ministro degli esteri con il Vaticano». Falso: tra Bambin Gesù e Regione Lazio esiste una normale convenzione bilaterale, con precisi diritti e doveri, che viene rivista periodicamente. Doveri: il Bambin Gesù è un’organizzazione seria che elargisce prestazioni di altissima qualità di cui si avvalgono bambini di tutta Italia, e an­che d’Europa.

Attacco al turismo sociale

Ce ne sarebbe dell’altro, da un fanta­scientifico Giovanni Paolo XXIII a una cartina geografica che mette Pompei in Calabria, San Giovanni Rotondo in Cam­pania e Padova sotto Vicenza.
Quanto ai 6 milioni di turisti in Terrasanta, magari; l’Istituto israeliano di statistica ne indi­ca, nei primi otto mesi del 2007, 1.440.000.

Nella sagra dell’approssima­zione, Repubblica evita accuratamente di far notare che il turismo religioso ar­ricchisce soprattutto regioni, province e comuni verso i quali è diretto. Circa il 60 per cento del turismo in Italia ha moti­vazioni cultural-religiose. Il turismo reli­gioso non sfrutta l’Italia, semmai l’arric­chisce.

Ma sotto accusa sembra sia pure il turismo sociale, che garantisce il dirit­to e la libertà di viaggiare anche a chi non può permettersi le cinque stelle, e gode di agevolazioni proprio per le sue rico­nosciute finalità sociali. È il turismo del popolo. Sì, anche dei poveri. Che a quan­to pare farebbe 'concorrenza sleale' al turismo dei ricchi.

Repubblica e i suoi giornalisti, in più oc­casioni, anche di recente, continuano a ripetere di non aver ricevuto alcuna smentita. E questi articoli che cosa so­no? Dalla bufala di Chiaravalle in giù, contate pure le smentite. Se vogliono u­na raccomandata, gli spediremo questo giornale con ricevuta di ritorno.

Trenta euro diventano 300 al giorno, cellette spartane per i pellegrini trasformate in camere a 5 stelle, tutto pur di attaccare la Chiesa.

© Copyright Avvenire, 11 novembre 2007


«L’extraterritorialità? Non c’entra nulla»

Parla il giurista Astorri: «Un polverone senza fondamenti L’Opera pellegrinaggi agisce nel rispetto delle leggi italiane»

DA MILANO

« Con alcuni, pochi, elementi veri si vuole dare un’immagine caricaturale, sollevare un polverone, confondendo realtà diverse». Un’operazione, quella con­dotta ieri sulle colonne di Re­pubblica, che per un giurista come Romeo Astorri, docen­te di Diritto canonico e presi­de della facoltà di Giurispru­denza della sede di Piacenza dell’Università Cattolica, è as­sai facile smontare.

Professore, nell’articolo si dice che «l’Amministrazio­ne patrimoniale della Santa Sede (Apsa) e l’O­pera romana pellegrinag­gi (Orp) hanno sede nella Città del Vaticano e godo­no dunque di un regime di extraterritorialità che si­gnifica in pratica non dover presentare bilanci e sfuggire alle leggi italiane in materia fiscale, di igiene, di preven­zione eccetera»...

La confusione – e l’impreci­sione –, non si sa se voluta, non potrebbe essere più grande. L’Apsa amministra il patrimonio della Santa Sede, che è uno Stato estero. L’Orp è invece un ente, con sede nel Palazzo del Laterano, che o­pera prevalentemente in Ita­lia. Ora, l’extraterritorialità vuol dire che alcuni edifici fi­sici, chiaramente indicati nel Trattato firmato nel 1929 e poi aggiornato, godono di u­na certa immunità benché si trovino sul territorio ita­liano. Tale immu­nità concerne pre­valentemente l’ac­cesso ed eventua­li espropriazioni. Comprende anche gli aspetti fiscali, ma ciò – ripeto – riguarda solo le se­di. Se l’Orp agisce in Italia, è sotto­posta alla legisla­zione italiana e paga le tasse rela­tive. Non ha alcu­na guarentigia. Per fare un e­sempio, è come l’Air France. Una società con sede in uno Stato estero che opera nel no­stro Paese. Eventualmente, su base regionale, come pre­vede la legislazione, l’Orp può godere di alcune agevo­lazioni in quanto promuove turismo sociale e religioso. Si tratta di agevolazioni cui pos­sono accedere tutti gli ope­ratori – anche non confes­sionali – che rientrino nella normativa.

Si dice poi che le eventuali controversie con i turisti­clienti dell’Opera romana pellegrinaggi verranno deci­se «sulla base della legge fon­damentale del Vaticano», ov­vero che «l’ultima parola spetta al Papa». Per cui, per ogni reclamo, si dovrebbe at­tendere un pronunciamento del Santo Padre.

Si tratta di una mistificazio­ne. Come in Italia il legislato­re agisce in nome del popolo italiano, così nello Stato del­la Città del Vaticano la fonte del potere è il Pontefice il qua­le, come scritto proprio nella Legge fondamentale, eserci­ta la giurisdizione attraverso i tribunali. E dal 1932 vige un accordo tra Italia e Santa Se­de circa la notifica degli atti civili e commerciali, che ne garantisce l’esecutività.

Si solleva quindi il caso del­l’ospedale Bambino Gesù di Roma, il quale «riceve nu­merosi finanziamenti stata­li e regionali... ma ogni mo- difica degli accordi deve es­sere trattata direttamente dal ministero degli Esteri con il Vaticano».

L’ospedale Bambino Gesù appartiene alla Santa Sede; nel 1985 è stato firmato un accordo articolato con lo Sta­to italiano, in base al quale l’ospedale è stato accredita­to con il Sistema sanitario na­zionale (Ssn). Non ci sono fi­nanziamenti pubblici, bensì pagamenti per prestazioni rese agli utenti del Ssn che scelgono liberamente di ri­volgersi all’ospedale. Inoltre, le intese impongono al Bam­bino Gesù di sottostare alle regole e ai controlli del mini­stero della Salute e di pre­sentare trimestralmente la contabilità delle prestazioni effettuate.

Si sostiene infine che l’extra­territorialità si traduce in un formidabile ombrello fisca­le. «Non solo Ici... ma anche mancato gettito di Irpef, Ires, Irap e altre imposte».

Giova ridire che l’extraterri­torialità riguarda soltanto gli edifici fisici in cui si svolge at­tività di governo della Chiesa universale o del Vicariato di Roma, la diocesi del Papa. Per quanto riguarda il regime fi­scale dell’Opera romana pel­legrinaggi, l’Orp non paga l’imposta connessa alle per­sone giuridiche, stante il suo statuto di ente non italiano. Ma paga tutte le imposte con­nesse alla sue attività svolte in Italia. ( A.Lav.)

© Copyright Avvenire, 11 novembre 2007


L’OSSERVATORE

«Falsità e storture sulle esenzioni E sugli alberghi possono vigilare i Comuni»

DA ROMA

L’Osservatore Romano' critica la «campagna mediatica contro i presunti privilegi» della Chiesa cattolica. E lo fa entrando nel merito e chiamando in causa i compiti dei Comuni in materia di controlli sull’Ici. Perché, spiega in prima pagina il quotidiano della S. Sede, a essere esentati «sono gli immobili destinati alle attività 'ricettive', quelli ove si svolgono attività di 'ricettività complementare o secondaria' definite da leggi nazionali e regionali e regolate da norme che ne limitano l’accesso a determinate categorie di persone». Si tratta di strutture che, inoltre, «spesso richiedono la discontinuità nell’apertura: per esempio, pensionati per studenti, case di ospitalità per parenti di malati ricoverati in strutture sanitarie distanti dalla propria residenza, case per ferie, colonie», ecc. Insomma, sottolinea l’Osservatore, se qualche albergo (che di per sé dovrebbe pagare l’Ici) «si comportasse come una casa per ferie, non ne conseguirebbe che l’esenzione è ingiusta, ma che è erroneamente applicata». E, davanti a ciò, i Comuni hanno «lo strumento dell’accertamento, che consente loro di recuperare l’imposta evasa. E prima ancora dovrebbero contestare ai gestori l’esercizio di attività alberghiera con un’autorizzazione amministrativa incongrua». Il giornale ricorda infine che «è falso che l’esenzione sia riservata agli enti ecclesiastici», ma «riguarda tutti gli enti non commerciali». (E. Fat.)

© Copyright Avvenire, 11 novembre 2007

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