6 novembre 2007
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Lo “storico incontro” tra il re saudita e il Papa
Simona Verrazzo
Con un seguito di duecento persone è arrivato in Italia il re dell’Arabia Saudita, Abdullah II. A Roma lo attende una fitta agenda di appuntamenti: ieri con il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, mentre stasera con il presidente del Consiglio, Romano Prodi. Di tutti gli impegni il più atteso è quello di oggi, poco prima dell’ora di pranzo, con Papa Benedetto XVI in Vaticano. “Un incontro storico”, titola la stampa straniera, compresa quella araba.
Per la prima volta nella storia un monarca saudita entra nei Sacri Palazzi e viene ricevuto da un Pontefice nel cuore della cristianità cattolica. La visita segue lo stesso cerimoniale che spetta a tutti i capi di stato, anche se l’Arabia Saudita non è un paese qualsiasi. Abdullah II regna su una nazione dove l’operato del governo, secondo l’articolo 8 della Costituzione, deve essere conforme con quanto stabilito dalla sharia. La differenza con il resto del mondo musulmano è che lì vige una precisa interpretazione della legge coranica: il wahabismo. E’ una delle “versioni” della religione islamica più ortodossa e conservatrice, ma alla quale Riad deve la sua stessa esistenza. Nel Settecento Muhammad ibn abd al Wahhab e Muhammad ibn al Saud strinsero un patto nel deserto arabico che diede vita a uno stato governato da una dinastia – quella dei Saud – e fondato sugli insegnamenti religiosi di Wahhab.
La visita di questa mattina, dal punto di vista del dialogo interreligioso, non ha lo stesso peso che avrebbe l’incontro tra Benedetto XVI e lo sceicco Tantawi, alla guida della più importante istituzione dell’islam sunnita, la moschea di al Azhar del Cairo. Però fa un certo effetto sapere che nel tempio del cattolicesimo arriva colui che porta anche il titolo di Custode delle due sante moschee – di Medina e la Mecca –, i luoghi più venerati dell’islam. Resta il fatto che l’evento di oggi è stato voluto sia da Riad sia dalla Santa Sede. Il 6 settembre a Castel Gandolfo il Papa ricevette Saud al Faisal, ministro degli Esteri saudita, che in queste ore incontra la controparte italiana, Massimo D’Alema. Quando si parla di Arabia Saudita è sempre difficile fare pronostici, soprattutto per quanto riguarda l’ingerenza dell’islam nella sua società.
Qualcosa però sta cambiando. I primi di ottobre il muftì Abdelaziz al Sheikh ha fatto diffondere una nota all’agenzia di stampa ufficiale saudita dove – per la prima volta – un’autorità religiosa condannava gli attentati suicidi dei jihadisti perché “la loro azione offende l’islam”.
© Copyright Il Foglio, 6 novembre 2007
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