21 dicembre 2007

"Spe salvi", Mons. Fisichella a RomaSette: "Amare perché si radichi la speranza"


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Amare perché si radichi la speranza

Il senso del Natale e l'enciclica "Spe salvi": la riflessione del vescovo Rino Fisichella

«Giungere a conoscere Dio - il vero Dio - questo significa ricevere speranza». Questa semplice espressione di Benedetto XVI nella sua ultima enciclica può chiarificare non poco il senso del Natale.
Siamo immersi in un contesto culturale che spesso tende a dimenticare; diventa quasi naturale, purtroppo, perdere la memoria degli eventi che segnano la storia e tutto, di conseguenza, cade nell'ovvietà. La scadenza del 25 dicembre, invece, ritorna con la sua implacabile forza per riportare alla mente il fatto che ha cambiato il mondo.
Il ricordo della nascita di Gesù di Nazareth non può essere relegato a uno dei tanti avvenimenti che segnano il quieto trascorre degli anni; esso costituisce, al contrario, il perno intono a cui ruota la storia e la vita di ognuno di noi.
Natale, infatti, riporta in primo piano la domanda a cui tutti, nessuno escluso, devono presto o tardi dare una risposta definitiva: il senso della vita. La gioia della nascita e il dolore della morte sono i due cardini su cui si sviluppa la vita di ogni uomo all'interno della quale nessuno può prevedere cosa succederà e con chi si incontrerà. Evitare la questione potrà rallegrare una serata e forse far passare spensieratamente un fine settimana, ma non consente di raggiungere la felicità desiderata.

È necessario affrontare la domanda e dare la risposta che può permettere a ognuno di vedere la propria vita con occhi diversi. Se si vuole, al fondo di tutto si pone il desiderio di una speranza che possa ricolmare di gioia e felicità la propria esistenza e quella delle persone amate; non solo. In alcuni momenti più drammatici viene quasi spontaneo sperare perché il mondo e le nazioni possano intraprendere la via della pace e permettere la convivenza tra i popoli senza più la paura della violenza. Questi non sono sentimenti passeggeri, ma frutto di un'esigenza che è iscritta nel cuore di ogni persona e chiede di diventare realtà.

La speranza, come Benedetto XVI ci ha insegnato, è alla base di questa attesa e permette di condurre una vita in maniera diversa, trasformata, e con la certezza dell'amore di Dio. La nascita di Gesù in mezzo a noi non è frutto del caso, ma un progetto di amore con il quale il Padre intende rivelare il senso più profondo delle cose e permette di cogliere l'essenziale della vita.

Il cuore della nostra fede è dato dal mistero dell'incarnazione di Dio. Niente come questo fatto ci tocca in prima persona. Dopo la nascita di Gesù nella povertà di Betlemme non solo è superata ogni forma di solitudine, ma ognuno è chiamato a credere nella certezza di una vita diversa. «Chi ha speranza vive diversamente; gli è stata donata una vita nuova», scrive il Papa nella “Spe salvi”, ed è proprio così. Se Dio si fa uomo per amore e per salvare l'umanità, riconducendola di nuovo nella vita di comunione con lui, allora si può avere la certezza che questo si realizzerà. La speranza cristiana si muove alla luce di questa parola che richiama a una promessa limpida e impegnativa: «Dove sono io là sarete anche voi». Ciò che Natale esprime è niente altro che la speranza di raggiungere un giorno il nostro Salvatore per stare sempre con lui. Certo, sarà necessario seguire la stella come i Magi per raggiungere Betlemme e da lì saremo chiamati alla più faticosa strada che sale fino al monte Calvario come per Maria e Giovanni. L'arco di tempo che abbraccia la nascita e la fine, tuttavia, è segnato dalla certezza della speranza che il Signore non delude perché è fedele.

Proprio davanti al presepio diventa attuale la bella pagina di un profondo pensatore come Peguy quando scriveva che è la speranza a trascinare con sé la fede e l’amore. Essa appare come la sorellina più piccola sempre nascosta perché si preferisce parlare delle due sorelle maggiori che occupano gran spazio nei nostri discorsi. Fede e amore, bisogna riconoscerlo, fanno la parte del leone; eppure, senza la speranza rimarrebbero come qualcosa di incompiuto. Offrendo il proprio Figlio all'umanità, Dio ha posto in essere la sorgente della speranza. Guardare al Natale con gli occhi carichi di fede e di amore non può che aprire il cuore alla speranza come una responsabilità di evangelizzazione che impegna ogni cristiano. In un periodo di crisi e di incertezza come il nostro, molti attendono proprio da noi una parola che ricolmi il cuore di vera speranza e non di ingenua utopia. D'altronde, la nostra missione è questa: amare perché in quanti incontriamo nella nostra vita sorga la fede e si radichi la speranza.

© Copyright RomaSette, 21 dicembre 2007

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