4 gennaio 2008
L'editoriale di Giuliano Ferrara: "Diritto di non abortire"
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Diritto di non abortire
Impegni, proposte politiche, adesioni di movimenti La moratoria verso il Parlamento europeo. I cattolici del centrodestra aderiscono. Nel Pd riflessione. Conferme a Ruini dal cardinal Martino
Giuliano Ferrara
Milano. Spunta anche il nome di don Dossetti, sia pure per il tramite di un circolo culturale a lui intitolato – l’Associazione Giuseppe Dossetti: i Valori – di cui è presidente l’ex senatrice margheritina Ombretta Fumagalli Carulli, docente di Diritto canonico alla Cattolica: “Nessuno impedisca il dibattito sull’aborto”, dice Corrado Stillo a nome dell’associazione: “Siamo dinanzi a una battaglia ideologica che spacca in due l’opinione pubblica, ma che è sicuramente necessaria”. E per quanto riguarda “i ministri del governo Prodi, dovrebbero astenersi dal dire ciò che il Parlamento debba o non debba fare”. Una battaglia ideologica e necessaria. Con qualche sforzo – dovendo in continuazione dribblare dichiarazioni e operazioni di piccolo cabotaggio attorno ai totem e tabù della legge 194, il dibattito delle idee sull’aborto e sulla necessità di una sua moratoria internazionale prende quota.
E fa breccia anche nell’area culturale del cattolicesimo di stampo dossettiano da cui (un tempo non lontano) provenivano più freni che sproni alle battaglie di questo tipo. Dopo le dichiarazioni del senatore Giorgio Tonini di cui il Foglio ha dato conto ieri, nel cuore del Pd anche un altro nome di spicco del cattolicesimo democratico, il giurista Stefano Ceccanti del Partito democratico, raccoglie la sfida: “Sono prefettamente d’accordo con Tonini sul fatto che il mutato quadro culturale e scientifico – i progressi della medicina prenatale, la Ru486 – rendano indispensabile ripensare al problema dell’aborto. E credo che questo dibattito abbia un suo ambito naturale nel Parlamento”. Quanto alla possibilità di aprire immediatamente la discussione all’interno del Pd, Ceccanti spiega invece: “Il Pd sta attraversando la sua fase costituente, non esistono ancora gli organi definitivi in cui un tale dibattito possa essere svolto. La commissione per il manifesto, o quella per lo statuto non lo sono, su questo dò ragione a Reichlin. Ma ritengo che non appena chiusa questa fase, appena ci sarà il luogo adatto, un grande e serio dibattito nel Pd su questi temi vada fatto e verrà fatto. Un dibattito approfondito, svincolato dalla contingenza politica”. Tempo la primavera del 2008, probabilmente, prevede Ceccanti.
Proposte concrete
Nell’attesa, a dare corpo e prospettive concrete alla moratoria provvedono altri. Il presidente Udc Rocco Buttiglione è stato ieri il più operativo, rendendo pubblica una sua idea su “alcune cose concretamente fattibili”. Cinque punti da sottoporre al Parlamento, tra i quali: “Che venga interdetto l’aborto dopo la ventesima settimana”; “che i feti abortiti sulla base di diagnosi prenatali che denunciano gravi malformazioni vengano sottoposti ad autopsia”; “che le donne siano informate in modo adeguato sulle effettive possibilità di riabilitazione e recupero dei bambini affetti da malattie congenite”. “Io credo che su questa base possano unirsi persone che trent’anni fa militarono su fronti opposti ma che sentono l’esigenza comune di non banalizzare l’aborto e di difendere la vita”, dice Buttiglione. Gli si affianca idealmente Pier Ferdinando Casini, con una dichiarazione di netto apprezzamento alla campagna della moratoria e delle posizioni espresse da Camillo Ruini: “Credo che il cardinale abbia espresso delle idee molto importanti e assai condivisibili”, ha detto, definendo quella per la moratoria “una battaglia di altissimo valore morale”, da non “immiserire”.
Si apre anche il fronte internazionale. Il cardinale Renato Raffaele Martino, presidente del Pontificio consiglio per la Giustizia e la pace, è tornato ad accostare la moratoria per l’aborto a quella sulla pena di morte. La partita vinta all’Onu sulla pena di morte, ha detto all’Osservatore Romano, “non può restare isolata perché la gente nel mondo continua a morire”. Significativamente Martino ha indicato quelle situazioni in cui la vittima “è innocente al punto da non essere ancora nata”. E ha aggiunto: “Ci aspettiamo altre battaglie a favore della vita su tutti i fronti”.
Guarda significativamente all’estero anche Carlo Costalli, presidente del Movimento cristiano lavoratori. E’ a Barcellona, per un incontro (“ma ancora a livello informale”, precisa) tra rappresentanti di varie organizzazioni cristiane europee – Spagna, Italia, Germania, Belgio – che sono state protagoniste del Family day italiano, di quello recente spagnolo e di altre iniziative simili in programma qua e là per l’Europa. “La moratoria è una grande iniziativa, ma dobbiamo togliere il dibattito dal solo contesto italiano. Dobbiamo fare in modo che il tema della moratoria entri nell’agenda pubblica internazionale e nel dibattito politico europeo”, spiega Costalli. L’incontro di questi giorni a Barcellona dovrebbe servire appunto per iniziare a discutere di questa prospettiva. Anche in vista delle elezioni per il Parlamento europeo del 2009: “Questo sarà anno di campagna elettorale, noi lavoriamo perché i partiti europei discutano la proposta della moratoria e tutti i temi legati alla vita e alla famiglia”.
Non chiede di meglio la Comunità Papa Giovanni XXIII, fondata da don Oreste Benzi, in una sua nota diffusa ieri: “In ogni occasione don Oreste Benzi non mancava di ricordare che ‘l’aborto è un omicidio premeditato con l’aggravante che la vittima non può difendersi’ e che ‘a ogni donna deve essere riconosciuto il diritto di non abortire’”.
© Copyright Il Foglio, 4 gennaio 2008
Da segnalare anche gli editoriali di ieri:
Veltroni, parliamone
Giuliano Ferrara
Caro Veltroni,
ti auguro buon anno e ti chiedo, se la cosa vi interessi, di consentirmi esporre le mie ragioni in favore della moratoria sull’aborto al comitato che sta discutendo statuto e identità del Partito democratico. Un’audizione di questo tipo, che me servirebbe per dire quel che penso non meno che per ascoltare quel che pensate voi, su una questione di rilevanza assoluta, sarebbe certo inusuale, ma anche testimonianza di vera apertura alla società, e per l’occasione al giornaletto che dirigo e al suo pubblico, di un partito in fase costituente nel quale ogni cittadino ragionevole di questa Repubblica ripone qualche speranza.
Se non fosse possibile, per problemi logistici o per non creare un precedente tale da ingombrare lavori che hanno bisogno di snellezza, propongo in alternativa che il comitato accetti di leggere una mia lettera motivata sulle ragioni della moratoria e decida rispondermi con una lettera altrettanto motivata. Grazie per l’attenzione.
Con simpatia
© Copyright Il Foglio, 3 gennaio 2008
La moratoria dell’aborto e la politica
Noi rispettiamo la politica, ma la politica rispetti le nostre idee
Non posso impedire a una deputata di Rifondazione comunista di dire che la moratoria è uno strumento retrogrado per ricondurre le donne alla schiavitù procreativa, qualunque cosa significhino queste parole; non posso impedire a una pletora di insigni esponenti pubblici e parlamentari di equivocare, in buona o malafede, e inscrivere la moratoria dell’aborto da noi proposta tra le suggestioni “neoconservatrici” di una santa alleanza con il clericalismo; ho già detto d’altra parte che è una perdita di tempo discutere con le posizioni di chi si è bevuto il cervello, in ogni parte del panorama politico e culturale, e non vuole accettare e nominare le cose per quel che sono, per come si vedono a occhio nudo.
Posso soltanto ripetere che nel quarantennio che ci divide dal 1968 il mondo è migliorato perché ha combattuto l’aborto clandestino e la pregiudiziale condanna di coscienza delle gestanti che non ce la fanno, anche con leggi di tutela dell’aborto in strutture pubbliche, ma è infinitamente peggiorato perché l’aborto di massa, che ha raggiunto e superato la cifra del miliardo, si è via via caratterizzato come aborto selettivo, come pianificazione familiare a sfondo eugenetico, razzista e sessista. Mancano all’appuntamento demografico duecento milioni di bambine, e solo in Asia. E’ aperta la via al designer baby, cioè alla fabbricazione del bambino oggetto. E tutto questo nel silenzio del mondo laico, al quale appartengo per nascita, per formazione, per cultura: un mondo che ha archiviato e dimenticato, nella più assoluta comodità e convenienza opportunistica, celebri e straordinarie stroncature dell’indulgenza verso l’aborto di un Bobbio, di un Pasolini e di decine di altri grandissimi protagonisti, in tutto il mondo, della vita pubblica.
Non posso impedire ad alcuno, purtroppo nemmeno ad alcune persone che stimo, di pensare che queste idee siano una trouvaille propagandistica, un’arma di lotta politica o, peggio, un marchingegno per soddisfare ambizioni non confessate. Ho sempre avuto un grande rispetto per la politica, che a volte per mestiere deve cavarsi d’impaccio anche con i travisamenti del reale, dell’evidente, del limpido, ma chiedo che la politica rispetti, anche quando non sia in grado di condividerle, idee che maturano nella società, magari in un gruppo o in persone di minoranza. Non ho intenzioni aggressive verso la maggioranza di centrosinistra, per sfruttare le contraddizioni sue interne sui temi etici, come è stato detto, né ambizioni egemoniche sulla minoranza di centrodestra per esercitare un qualche ruolo pilota di cui né io né questo giornale saprebbero cosa farsene. Non coltivo un rapporto di corridoio con il potere ecclesiastico, tutto il bene che penso della capacità di leggere questo tempo dei cristiani e delle loro chiese lo scrivo su questo giornale da anni, quando sia necessario con ironia e sempre con la massima disponibilità ad accogliere ogni tipo di dissenso. Sono felice e contento quando registro imbarazzi per ogni dove, e li rispetto e non polemizzo, e sono felice e contento quando registro adesioni sincere, logiche, argomentate in modo ineccepibilmente rispettoso della profonda, radicale laicità di tutta la questione, da grandi personalità cattoliche come il cardinale Camillo Ruini.
Non sono teocon, parola buffa, non sono niente. Sono una persona, ho il compito di sollevare questioni pubbliche nell’ambito del mio mestiere, inteso come Beruf, come lavoro e vocazione, non come mestieraccio. E lo faccio senza esibizionismi, senza ricattare né giudicare alcuno. Lo faccio perché ci credo. Credo che mettere l’aborto, non fuorilegge, ma al di fuori della coscienza accettata di ciò che sono i diritti umani, sia cosa buona e giusta. Credo che si debba affermare in termini morali e spirituali, ma soprattutto di cultura della nostra esistenza, la libertà di nascere. Credo che si debba passare il 2008 a ripetere: “Fate l’amore, non l’aborto”. E a comportarsi di conseguenza nelle politiche pubbliche.
© Copyright Il Foglio, 3 gennaio 2008
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3 commenti:
È impressionante la lezione che Giuliano Ferrara dà ai cattolici, a tutti i cattolici, senza etichette.
Tra l'altro, non vedo, oggi, tra le file dei cattolici più acuti una mente così lucida e sfrontata come quella di Ferrara.
Già.
allora per parare il colpo si dice che è stato della Cia o comunista o teocoon. Non lo si può nemmeno attaccare come Casini perchè non è divorziato.
Una questione su cui non sono d'accordo con lui in realtà c'è, e non è un brustullo, è la guerra in Iraq. Ma, a parte questo, rispetto l'intelligenza quando c'è e mi piace sentire tutti. le etichette appiccicate alle persone mi provocano la scabbia.
Egli stesso si dichiara teocon e buona parte delle sue posizioni ricalcano pari pari le posizioni teocon d'oltreoceano. Definirlo così non è necessariamente un insulto.
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