24 agosto 2008

Meno avemarie "acchiappaconsensi" più fedeltà ai veri princìpi cristiani (Giuseppe Campione)


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Su segnalazione della nostra Eugenia leggiamo:

Non va bene una politica che porta la stola perché così si muove in maggior sintonia con il Paese

Meno avemarie "acchiappaconsensi" più fedeltà ai veri princìpi cristiani

Giuseppe Campione

Famiglia Cristiana ha voluto dimostrare che i cattolici hanno il diritto di manifestare posizioni non subalterne alla gerarchia, quello che fa specie è che dalla parte di coloro che stigmatizzano un pensiero libero ci siano i teocon e gli atei "devoti". Come se le posizioni del Vaticano si identificassero con quelle del governo (cosa peraltro non vera, come ha ad esempio mostrato l'ultima presa di posizione del Papa sui temi dell'immigrazione, immediatamente rilanciata dal cardinal Tettamanzi).
E allora facciamo un ragionamento: la Chiesa non ha bisogno né dovrebbe cercare stampelle: laicità vuol dire autonomia di scelta nei rispettivi campi e rispetto della pur necessaria diversità di pensiero.
Rispetto alle altre Chiese la nostra non ha bisogno di particolari assensi o sussidi. Il suo carisma le appartiene per intero. Del resto dopo il Concilio è stato a più riprese ribadito che la religiosità ciascuno la vive dentro di sé e che i misteriosi processi di grazia appartengono alle singole individualità: non è immaginabile che debbano proliferare movimenti di sostegno alla Chiesa. La religiosità non produce politica, ma se un cattolico fa politica non può dimenticare due cose fondanti: la coerenza con la propria interpretazione del suo credo e il rispetto per la coerenza degli altri credi, per le altre scelte valoriali. Non ci piace una politica che porta la stola perché così si muove in maggiore sintonia con il paese. La religiosità deve favorire processi di libertà e di liberazione, di multiculturalismo, di accettazione dei diversi.
Non possiamo pensare ad una religiosità pubblica, sostanza di una politica che la utilizza per rafforzare il consenso, Dio non ha bisogno di Cesare.
Non sono eresie: queste erano le regole di De Gasperi e di Moro, di Lazzati e di Bachelet, di Sturzo, La Pira e Dossetti, per i più giovani che tra l'altro ormai sono degli over settantenni (splendidi – finché dura potrebbe dire Moretti –) di Don Paoli, Carretto e Mario Rossi. Come in America sarebbe giusto che la comunità chiedesse l'esame di coscienza ai suoi leader, ma il giudizio finale sarà sulle singole coerenze (anche civili), sul vissuto e sugli eventuali sensi di colpa, se emergono: ma soprattutto sulla fiducia complessiva riscossa dai singoli e sulle qualità, diciamo anche preventive, del modo di porsi come uomini di governo e sulle capacità politiche. La Dc non finisce perché i democristiani non andavano più a messa e non facevano più la comunione, ma perché avevano tradito valori religiosi e soprattutto civili. Non dimostravano più qualità sufficienti per governare. Nessuno di noi è angelo e ora è tempo di bilanci che alla fine non tornano mai, come hanno detto la Vanoni e Berlusconi che li ha addirittura depenalizzati. Prima potevano perdere tempo, adesso è il tempo che perde noi, e non vorremmo essere come Bocca di rosa che non potendo dare più cattivi esempi, se li abbiamo dati, si limitava a dare buoni consigli.
Non vogliamo perciò proporre sintesi risapute e approssimate. Basta solo dire che ristudiare queste cose significa pensarle come sistema dove, per cause molteplici antiche e nuove, corruzione, mafia anche importata sono diventate struttura e quindi cultura. Siamo di fronte a notevoli aree di assimilazione che proprio perché sono culturali sono più difficili da smantellare. Viviamo ancora nel transito da un capitalismo primitivo a un capitalismo redistributivo e che ha regole tutte sue, sostanzialmente discrezionali. E allora che i temi siano questi, senza rutilanti percorsi di fede, forse anche di derivazione pagana: ma cogliendone il senso che, a pensarci bene, è sì di fede grande ma è anche di disperazione, per bisogni non risolti e per difficoltà oggettive di vita, disperazione che vuol ridiventare speranza: i politici non si limitano a biascicare avemarie, devono dare risposta a questa fede di chi vorrebbe sperare ancora.

© Copyright Gazzetta del sud, 23 agosto 2008

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Questo signor Campione (è proprio lui? il notorio cattocomunista siciliano?)potrebbe ricordare che:
- nessuno contesta ai Campioni di "Famiglia cristiana" il diritto di scrivere quello che ritengono opportuno;
- ma nessuno, spero, vorrà contestare ai lettori il diritto di scegliersi altri organi di stampa meno settari;
- e di sottolineare che l'aggettivo che i Campioni utilizzano per la loro testata non comporta in nessun modo che le opinioni espresse dai Colli Sciortini siano riferibili alla CEI o, addirittura, alla Chiesa.

Due osservazioni, per finire.
1 - Le avemarie si possono anche recitare, oltre che biascicare: un cattolico che, politico o no, reciti il Rosario, come direbbe Proietti: "a me me piace".
2 - Se uno deve proprio fare una citazione, che la faccia bene: nella canzone di De André non è Bocca di Rosa che dà "cattivi consigli perché non può più dare cattivi esempi": è una generica "vecchia mai stata moglie, senza mai figli, senza più voglie", e Bocca di Rosa le è chiaramente antipatica. Professore: dia retta, citi Lazzati e Dossetti e lasci perdere il resto.

Anonimo ha detto...

Buon giorno a voi. Ma come ha potuto usare l'autore di questo articolo l'oltraggiosa espressione "biascicare avemarie?" Chi è lui per disprezzare in questo modo le più immediate manifestazioni della fede, anche da parte dei cc.dd. "piccoli", dei deboli e degli indifesi, di cui parlava Gesù? E già, si tratta della tipica supponenza ed arroganza dei cc.dd. "cattolici adulti", unici depositari - a loro dire - dei "veri principi cristiani". A mio avviso, queste persone inquinano il senso più autentico dell'appartenenza alla Chiesa nonchè il messaggio del Papa, e compromettono seriamente il buon esito qualunque iniziativa della Chiesa stessa per fronteggiare le difficoltà del nostro tempo (es. emergenza educativa, ostacoli all'evangelizzazione). E poi ci si meraviglia dell'allontanamento dalla Chiesa da parte di tanta gente, che magari sarebbe anche ben disposta nell'animo, ma d'istinto si tiene ben lontana da una comunità che percepisce chiaramente come settaria ed elitaria.