3 ottobre 2008

Ed è subito Siri: il ricordo di Francesco Agnoli (Il Foglio)


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Ed è subito Siri

Francesco Agnoli

Il recente convegno organizzato a Genova in suo ricordo, alla presenza del cardinal Angelo Bagnasco, la pubblicazione di alcune sue omelie da parte di un’ editrice cattolica emergente, e in rapida espansione, “Fede & Cultura”, segnano, insieme ad alcune nomine papali strategiche di alcuni suoi discepoli, il ritorno del cardinal Giuseppe Siri e del suo magistero nella vita della Chiesa.

Il tempo, dunque, è stato ancora una volta galantuomo: i nuovi teologi francesi, tedeschi, olandesi, osteggiati a lungo, apparentemente senza successo, dal cardinale di Genova, dopo aver imperversato nel post concilio, beandosi della loro “originalità” e “indipendenza”, cadono pian piano nell’oblio, e le loro novità si rivelano sempre più figlie del loro tempo, effimeri tributi allo spirito di un’epoca, incapaci di resistere alla prova della storia.

Chi veniva esaltato, acclamato come voce profetica, che predice e anticipa il futuro, è oggi sempre più dimenticato; chi era considerato un residuo del passato, da dimenticare per sempre, viene oggi pian piano riscoperto. Questo perché Siri fu fedele al motto di cui ogni ministro di Dio, dovrebbe fregiarsi, per evitare di cadere nella vanagloria, nell’orgoglio, nella presunzione: Non nobis Domine, sed Nomini Tuo da gloriam. Questa certezza, che tutto ciò che facciamo dobbiamo giudicarlo come Lui lo avrebbe giudicato, permise a Siri di costruire la sua vita sulla roccia, per affrontare il successo, con equilibrio, quando innegabilmente ci fu, e l’ostracismo, l’incomprensione, l’odio, quando necessario.

Da giovane sacerdote Siri è ben cosciente di quanto il fascismo sia incompatibile con la fede, per la sua concezione hegeliana della storia, per il suo nazionalismo e per il suo “panstatismo”. A 38 anni diviene il più giovane vescovo italiano e durante l’occupazione tedesca è costretto a vivere clandestinamente, sull’appennino ligure, ricercato dai tedeschi. Nell’aprile del 1945 è tra coloro che convincono i tedeschi ad abbandonare Genova senza distruggerla, senza inutili rappresaglie e spargimenti di sangue. Proprio questo suo ruolo, la sua fama di antifascista, le sue grandi opere di carità, gli ottengono una notevole stima e influenza, presso gli ambienti più diversi. Ma la caduta del fascismo non pone certo fine alla storia della lotta tra bene e male, come l’ ideologia vorrebbe far credere. C’è, in agguato, il fascino del comunismo, e Siri si trova a vivere in una città particolarmente influenzabile: reagisce mantenendo ferma la barra dell’anticomunismo, cercando la collaborazione degli imprenditori, attentissimo ad essere, nel contempo, il difensore del suo popolo. Ai suoi sacerdoti chiede povertà, vieta loro, se non in casi particolari, l’uso dell’automobile, e di ogni ostentazione di ricchezza. Vuole sacerdoti che siano poveri, capaci di sacrificio, vicini alla gente, ma anche distinti: i suoi “cappellani del lavoro” non si confondono, né quanto a veste, né ad atteggiamenti, ai preti operai, ma nello stesso tempo partecipano delle ristrettezze e delle urgenze anche materiali del proletariato e degli operai della città. Vive, lui stesso, in povertà, ed accoglie persone in cerca di lavoro, le aiuta, paga bollette a questo e a quello, come un vero padre affettuoso e premuroso.

Amatissimo da Pio XII, che lo vorrebbe a Roma, come Segretario di Stato, fa di tutto per rimanere nella sua Genova. A Roma però va spesso, per il Concilio, perchè chiamato a consulto dai papi, cui non di rado, con umiltà, esprime il proprio parere, trovandosi non di rado in disaccordo, come Paolo con Pietro, con Giovanni XXIII, ad esempio sulle persecuzioni a padre Pio, che non comprende, o con Paolo VI, sulle sue aperture politiche, al centro sinistra, e dottrinali. Il periodo sicuramente più travagliato della sua vita è però quello del Concilio e del post Concilio. Siri è uno dei tanti principi della Chiesa che accolgono con forte contrarietà l’indizione del Concilio: il momento non gli appare opportuno, ed anche l’ottimismo di Giovanni XXIII sui segni dei tempi lo trova perplesso. “Ho capito poco del discorso del papa- scriverà alludendo all’ apertura del concilio-, in quel poco ho subito avuto modo di fare un grande atto di obbedienza mentale”.
Siri è inoltre indignato per lo spirito di non pochi padri conciliari, per la verbosità dei documenti, in cui gli sembra che alcune proposizioni possano risultare “incerte”, ambigue; per le “pillole democratiche” ingerite dai padri che vogliono limitare l’autorità papale a vantaggio dell’assemblea; per l’avversione di alcuni alla Tradizione; per tante idee sull’ecumenismo che gli sembrano confinare con l’indifferentismo ed il sincretismo, e per la nuova concezione della “libertà religiosa”, sostituita alla più tradizionale “tolleranza religiosa”.

Scrive: “Se la Chiesa non fosse divina, questo Concilio l’avrebbe seppellita”.

Soprattutto Siri segue con particolare apprensione le innovazioni liturgiche, critica aspramente l’operato di Bugnini e Lercaro, lamenta l’accento posto maggiormente sull’idea di Cena, piuttosto che sul Sacrificio, l’eliminazione della centralità del Tabernacolo, la protestantizzazione dei preti e delle cerimonie, la comunione sulla mano (un Dio che non viene ricevuto, accolto, ma “preso”)…

Abbandonata la presidenza della Cei, Siri concluderà la sua vita cercando di fare della propria diocesi un argine, un luogo di resistenza a quelle innovazioni da lui ritenute ingiuste o inopportune, ma agendo sempre, come mi racconta un vecchio collaboratore di Renovatio, Piero Vassallo, cercando di coniugare “l’intransigentissima verità con la tollerantissima carità”.

© Copyright Il Foglio, 2 ottobre 2008 consultabile online anche qui.

9 commenti:

Anonimo ha detto...

Peccato che nessuno ha ascoltato le profetiche parole di Sua Eminenza Siri. Peccato che il suo spirito ha trovato solo orecchie chiuse. Peccato che era diventato "persona non grata". Peccato.
Ora c'è la possibilità di occuparsi di nuovo (o ex novo) con questo grande pastore della Chiesa. Mi permetto anche di segnalare questo sito:
http://www.cardinalsiri.it/

SERAPHICUS

brustef1 ha detto...

Parola chiave: obbedienza. Siri la praticò SEMPRE, amando la Chiesa più di se stesso: "Non nobis, Domine...". Un gigante

raffaele ha detto...

Non condivido questa apologia smaccata del cardinale Siri, un noto conservatore, né tantomeno la polemica nei confronti dei "nuovi teologi" (tra i queli c'erano anche Ratzinger, De Lubac, Congar...) e dello stesso Giovanni XXIII, che fui ben più profetico di Siri.

Anonimo ha detto...

Sono grato al Dottor. Francesco Agnoli per l'ottimo articolo.
Che dal Cielo il grande Cardinale Siri possa intercedere per la Chiesa afflitta da quei mali che profeticamente egli seppe individuare e arginare.

Anonimo ha detto...

Visto che qui è stato citato più volte, penso valga la pena citare l'articolo di rosso malpelo che critica questo articolo di agnoli.

In ogni caso mi asterrei dal mettere la questione come una lotta tra conservatori e progressisti, visione sempre riduttiva delle questioni di fede

Anonimo ha detto...

è proprio vero le dottrine che aderiscono alle mode del momento non durano che nel momento storico di cui sono espressione.LA DOTTRINA DEL CARDINALE SIRI INVECE è SEMPRE VALIDA PERCHè SULLA BASE DELLA TRADIZIONE TOMISTICA è ADEGUATIO REI AD INCTELLECTUM.
i cosidetti nuovi teologi invece hanno adeguato la verita alle voglie del soggetto compiendo un errore oltre che di contenuto di metodo

Anonimo ha detto...

Grazie per l'articolo sobrio, che esprime la grandezza di Siri. Grandezza intellettuale, morale, di pastore, grandezza di cuore. Credo sia ora di piantarla di parlare in termini di Conservatore/progressista. Siri era ben piu' di un banalissimo conservatore, era piu' avanti dei suoi detrattori, pensate all'esempio di vita austera, ai suoi sacerdoti senza auto... oggi scorrazzano con golf....
A me di quest'uomo mi colpisce il silenzio, su tanti segreti anche dei suoi conclavi, all'obbedienza, alla capacita' di rappresentare in se' uno spicchio di una Chiesa solida che sa da dove arriva e dove va. Non tutti lo sanno fare.

Anonimo ha detto...

Beh, che i sacerdoti oggi "scorazzino" in Golf non mi sembra per nulla deprecabile. Anzi... con tutte le parrocchie che magari devono seguire, come farebbero altrimenti? La Golf non è una Rolls Royce.

Al tempo stesso, aveva ragione Siri nel dopoguerra: allora l'automobile era ancora un lusso, come tale inadatta ad un sacerdote.

Siri fu uno di quei "profeti di sventura" criticati con illusorio semplicismo dal Beato Giovanni XXIII nel discorso di apertura del Concilio. Purtroppo vediamo oggi, dai frutti amari, che Siri fu veramente profeta di quanto sarebbe avvenuto nell'ubriacatura del postconcilio; purtroppo profeta emarginato e inascoltato, come Cassandra o come Laooconte, quando mettevano in guardia i concittadini contro il cavallo lasciato dai Greci davanti a Troia.

brustef1 ha detto...

Oggi i veri nostalgici sono i nostalgici del "malconcilio", cioè delle degenerazioni del CVII, Fortunamente, sono avviati sul viale del tramonto