11 ottobre 2008
Padre Ugo Vanni: «La Scrittura è senza censure E infatti non nasconde scomode verità» (Brotti)
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«La Scrittura è senza censure E infatti non nasconde scomode verità»
Giulio Brotti
Si dice spesso, a ragione, che il Concilio Vaticano II, con la Costituzione dogmatica Dei Verbum (La Parola di Dio), ha riportato la Bibbia nelle mani dei laici cattolici. Nella diocesi di Bergamo operano circa quaranta gruppi biblici, formati da laici che approfondiscono con notevole impegno lo studio della Sacra Scrittura, evitando gli estremi di un approccio «aridamente erudito», e di una lettura «estemporanea», improvvisata. Annualmente questi gruppi partecipano a una settimana di formazione, condotta da un autorevole esegeta; quest'anno, per la terza volta consecutiva, il compito è stato affidato al gesuita padre Ugo Vanni, ancora in servizio dopo più di quarant'anni di insegnamento presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma, come docente di Esegesi del Nuovo Testamento. Nato in Argentina nel 1929, specialista dei testi paolini e giovannei (ricordiamo il suo volume Apocalisse. Una assemblea liturgica interpreta la storia, Queriniana, pp. 144, euro 8,78), padre Vanni completerà oggi un corso settimanale sulla teologia dell'apostolo Paolo, ospitato dai missionari Monfortani di Redona.
Padre Vanni, lei è entrato nella Compagnia di Gesù a 17 anni. Rispetto ad altre possibili specializzazioni, come la Teologia morale o la Dogmatica, che cosa l'ha fatta propendere per lo studio dei più antichi testi cristiani?
«La mia formazione precedente mi aveva già introdotto alla filologia, al rapporto diretto con gli scritti di antichi autori: a suo tempo, mi ero laureato all'Università La Sapienza di Roma con una tesi su Pindaro. Più in generale, ho sempre avuto una speciale propensione per lo studio dei testi, sia dal punto di vista letterario che linguistico. Nel Nuovo Testamento ho ritrovato, per così dire, le radici vitali dell'intero impianto della tradizione cristiana: la teologia dogmatica, la stessa fede ecclesiale hanno qui il loro punto di riferimento primario. Nella mia lunga attività di studio e poi di insegnamento ho sempre provato una grande gioia e, spesso, un senso di stupore: in questo campo le scoperte, se non proprio giornalmente, si susseguono a ritmo settimanale. Inoltre ritengo che la conoscenza della Bibbia risponda a un'esigenza molto avvertita dall'uomo di oggi: giustamente, quella contemporanea è stata definita “civiltà dell'immagine”; ebbene, il linguaggio delle immagini, dei simboli, delle allegorie è quasi una costante nei diversi scritti biblici. Questi ultimi rivelano perciò una straordinaria consonanza con la condizione culturale e spirituale odierna».
Sulla Bibbia, in questi giorni, si è anche concentrata l'attenzione dei media: in Vaticano si sta svolgendo la dodicesima assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi, dedicata a «La Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa», mentre nella basilica romana di Santa Croce in Gerusalemme sabato si concluderà la grande lettura collettiva «La Bibbia giorno e notte» (trasmessa in diretta televisiva su RaiEdu2, visibile anche sul canale 806 di Sky, ndr.).
«Sono due eventi molto significativi. Intanto, è la prima volta che il Sinodo dei vescovi affronta questo tema, che non è stato imposto “dall'alto”, ma è stato suggerito da una consultazione preliminare: quando ai rappresentanti dei diversi episcopati è stato chiesto quale argomento, a loro avviso, avrebbe dovuto essere trattato nel Sinodo, molti di loro hanno risposto che sarebbe stato bene riflettere sul ruolo della Parola di Dio nella vita dei cristiani. Oggi all'interno della Chiesa – e anche all'esterno, direi – è molto diffusa la sete di questa Parola, il desiderio di riaccostarsi a essa per ricavarne un nutrimento spirituale. Mi aspetterei, dal Sinodo, che questa tendenza fosse incoraggiata e rafforzata: sarebbe bello, se in ogni famiglia si leggesse la Bibbia e la si gustasse, trovando nelle sue pagine un insegnamento per tutte le ore della vita, per i momenti di gioia e per quelli di sofferenza. Guardo con estrema simpatia anche alla lettura integrale della Bibbia “in tv”: che si dedichi un'intera settimana alla lettura completa dell'Antico e del Nuovo Testamento, è notevole, perché alla Scrittura ci si dovrebbe precisamente accostare rispettandone l'integrità. Nella visione cristiana tutta la Bibbia è “Parola di Dio”, nella diversità dei generi letterari e degli stili di scrittura: dalla Genesi all'Apocalisse, questo è il luogo in cui, come afferma la Dei Verbum, il “Dio invisibile nel suo grande amore parla agli uomini come ad amici e si intrattiene con essi”. Detto questo, a chi desidera avvicinarsi alla Scrittura non è richiesto di impegnarsi in una “maratona” come quella di Santa Croce: si può leggere, secondo il tempo di cui si dispone, anche solo un libro della Bibbia, o pochi versetti per volta, sapendo che comunque anche lì è contenuto un messaggio, un'indicazione preziosa per la nostra vita».
Tuttavia un'ampia letteratura, oggigiorno, propone delle interpretazioni «alternative» della Bibbia: rifacendosi ai misteriosi Esseni, a Maria Maddalena o ai Vangeli apocrifi, tende ad applicare ai testi canonici la «teoria del complotto», sostenendo che la Chiesa li avrebbe manipolati per i propri scopi.
«È una letteratura fuorviante. L'idea che la Chiesa dei primi secoli abbia censurato questi testi per fini inconfessabili, o che abbia fissato arbitrariamente il “canone” degli scritti ritenuti ispirati da Dio, escludendone altri, non è seriamente sostenibile in chiave storica. La definizione del canone ha rappresentato l'esito di un'ampia, lunga riflessione all'interno del cristianesimo primitivo, non di un'imposizione immotivata della gerarchia. Così, non ha alcun fondamento il discorso ricorrente per cui i Vangeli apocrifi fornirebbero una testimonianza più fedele sul conto di Gesù, rispetto a quelli canonici: sappiamo che questi apocrifi (ad esempio, il cosiddetto Vangelo di Tommaso) sono stati redatti a partire dalla metà del secondo secolo dopo Cristo, dunque successivamente ai Vangeli di Marco, Matteo, Luca e anche a quello di Giovanni. Gli autori dei testi canonici, insomma, erano molto più vicini nel tempo agli eventi narrati. La questione centrale è che, interpretando la Bibbia, bisogna cercare di spogliarsi delle precomprensioni, dei pregiudizi. La “teoria del complotto”, per riprendere la sua espressione, non conduce da nessuna parte».
Vi sono degli elementi interni ai testi della Bibbia, che provino la loro «originalità», affidabilità?
«La rivelazione biblica è donata da Dio al genere umano attraverso la Chiesa, che però non può disporne a piacimento. La Scrittura riporta spesso dei particolari poco “edificanti” sul conto dei suoi depositari: questo ci fa capire che la narrazione non è stata addolcita per compiacere, ad esempio, i capi della prima comunità cristiana. Sul conto di San Pietro, ci viene esplicitamente riferito, senza “note attenuanti”, il suo triplice rinnegamento di Gesù. Nella Lettera ai Galati (2, 11-16), Paolo torna esplicitamente sul cosiddetto “incidente di Antiochia”, in cui egli si era opposto “a viso aperto” allo stesso Simon Pietro, visto che quest'ultimo tendeva a separare i due gruppi della comunità, quello di origine ebraica e quello dei convertiti dal paganesimo. Negli Atti degli Apostoli (15,36-40) ci viene addirittura raccontato che Paolo e Barnaba, non riuscendo più ad andare d'accordo, proseguirono la loro opera di evangelizzazione in direzioni diverse, spartendosi, per così dire, i compiti. Non sono davvero, questi, dei racconti celebrativi: ma dimostrano, appunto, che la Chiesa non si è sentita mai “proprietaria” della Scrittura. Al contrario: le è sottoposta, ne è giudicata nel suo sforzo di rendere costantemente testimonianza a Cristo nonostante i limiti e le debolezze degli uomini che la compongono».
© Copyright Eco di Bergamo, 10 ottobre 2008
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1 commento:
Padre Ugo Vanni, gesuita.
Ed ho detto tutto.
Come al solito "eccezionale".
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