21 ottobre 2008

Pompei: dal Papa l’invito a confidare nell’amore di Dio che rende tutto nuovo, a partire dal cuore dell’uomo «suo capolavoro» (Mazza)


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AI PIEDI DELLA MADRE

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Dal Papa l’invito a confidare nell’amore di Dio che rende tutto nuovo, a partire dal cuore dell’uomo «suo capolavoro»

DAL NOSTRO INVIATO A POMPEI (NAPOLI)

SALVATORE MAZZA

Si dice spesso, raccontando di avvenimenti alla presenza del Papa, che si è trattato di «un grande evento di popolo». Rara­mente però come domenica scorsa, a Pompei, quell’espres­sione ha assunto un senso visibile altrettanto concreto. E non solo per i 50mila, e più, che si sono ritrovati con Papa Benedetto attor­no alla Vergine del Rosario, dentro una piazza enorme ma, lo stes­so, troppo piccola per accogliere tutti.
«Festa di popolo» perché, alla lettera, l’idea di Bartolo Longo, la sua scommessa sulla fede, s’è realizzata proprio grazie al popolo dei credenti che qui ha coltivato un amore speciale per Maria. E che, ha detto Benedetto XVI, sempre confida nel suo «sostegno mater­no » per guardare a quel Vangelo che «è davvero la buona notizia». Che qui manifesta come l’amore di Dio abbia il potere «di rinno­vare ogni cosa, a partire dal cuore umano, che è il suo capolavoro e dove lo Spirito Santo opera al meglio la sua azione trasformatri­ce ». Perché «con la sua grazia, Dio rinnova il cuore dell’uomo per­donando il suo peccato, lo riconcilia e infonde in lui lo slancio per il bene. Tutto questo si manifesta nella vita dei santi, e lo vediamo qui nell’opera del beato Bartolo Longo, fondatore della nuova Pom­pei ».
È lungo questa falsariga che si sono snodate le otto ore trascorse da Benedetto XVI nella città del santuario più visitato d’Italia, dove ha celebrato la Messa, guidato la recita dell’Angelus e recitato il Rosa­rio, dopo aver sostato in preghiera sulla tomba del beato Longo. Nel salutarlo, dopo che il sindaco Claudio D’Alessio gli aveva conse­gnato le chiavi della città, l’arcivescovo prelato Carlo Liberati ave­va ricordato le innumerevoli opere nate grazie all’amore di un lai­co per Maria: scuole, convitti e centri di accoglienza per orfani, fi­gli di carcerati, emarginati, poveri, tossicodipendenti, alcolizzati, donne in difficoltà, immigrate. Opere che, appunto, dimostrano la forza dell’amore di Dio capace di infondere nell’uomo «lo slancio per il bene». E nel cui solco – ha aggiunto Liberati – si colloca il pri­mo pellegrinaggio nazionale delle famiglie svoltosi lo scorso set­tembre su iniziativa di Rinnovamento nello Spirito e che si ripeterà il 5 settembre 2009.
Certo, ha ricordato Papa Ratzinger, è però necessario «rinnovarsi continuamente» per «non ricadere nel conformismo della menta­lità mondana», perché l’amore infatti deve essere il programma co­stante di una comunità cristiana. E «la nuova Pompei, pur con i li­miti propri di ogni realtà umana, è un esempio» di quella nuova ci­viltà dell’amore «sorta e sviluppatasi sotto lo sguardo materno di Maria». Una «cittadella di Maria e della carità», ha spiegato il Pon­tefice, «non però isolata dal mondo, non, come si suol dire, una 'cattedrale nel deserto', ma inserita nel territorio di questa Valle per riscattarlo e promuoverlo. La storia della Chiesa, grazie a Dio, è ric­ca di esperienze di questo tipo, e anche oggi se ne contano parec­chie in ogni parte della terra. Sono esperienze di fraternità, che mo­strano il volto di una società diversa, posta come fermento all’in­terno del contesto civile. La forza della carità, infatti, è irresistibile: è l’amore che veramente manda avanti il mondo!».
In questo modo l’antica città distrutta è rinata grazie alla conver­sione di un uomo, che, come san Paolo, aveva perseguitato la Chie­sa, «diventando un militante anticlericale e dandosi anche a prati­che spiritistiche e superstiziose». Tendenze, ha sottolineato Bene­detto XVI, presenti anche nei nostri giorni, ma «dove arriva Dio, il deserto fiorisce! Anche il beato Bartolo Longo, con la sua persona­le conversione, diede testimonianza di questa forza spirituale che trasforma l’uomo interiormente e lo rende capace di operare gran­di cose secondo il disegno di Dio». Per questo «a Pompei – ha det­to il Papa – si capisce che l’amore per Dio e l’amore per il prossimo sono inseparabili. Qui il genuino popolo cristiano, la gente che af­fronta la vita con sacrificio, trova la forza di perseverare nel bene sen­za scendere a compromessi. Qui le famiglie ritrovano o rafforzano la gioia dell’amore che le mantiene unite». Un ritrovarsi che nel Ro­sario – che è «scuola di contemplazione», avrebbe spiegato nel po­meriggio ai sacerdoti e ai religiosi – ha il suo 'segreto'.
Terminata la Messa, dopo la recita della 'Supplica' scritta da Bar­tolo Longo nel 1883, all’Angelus Benedetto XVI ha affidato a Maria il Sinodo dei vescovi che si concluderà domenica prossima, e invi­tato, nella Giornata missionaria mondiale, a offrire il Rosario per i missionari e l’evangelizzazione perché «è innanzitutto pregando che si prepara la via al Vangelo».

© Copyright Avvenire, 21 ottobre 2008

PRECISAZIONE

«Non usata la parola camorra perché Sud non è solo questo» «La parola camorra è stata esclusa di proposito dai discorsi del Papa a Pompei perché ne ha parlato altre volte, anche l’anno scorso a Napoli, e stavolta il viaggio ha il carattere particolare di un pellegrinaggio, quindi una dimensione strettamente spirituale. Ma soprattutto per una forma di rispetto per le persone per bene, che in Campania sono la maggior parte». Lo ha detto domenica mattina il vice direttore della Sala Stampa della Santa Sede, padre Ciro Benedettini, rispondendo ai giornalisti che gli chiedevano come mai, nei tre discorsi pronunciati durante la visita a Pompei, Benedetto XVI non avesse toccato il tema della criminalità organizzata. «La Campania – ha soprattutto sottolineato padre Benedettini – non è solo camorra. Papa Ratzinger ha preferito suggerire in positivo quali sono le energie attraverso cui si può sconfiggere la camorra, invitando a essere fermento sociale, a non cedere ai compromessi, a difendere la famiglia, a combattere contro ogni violenza». «È meglio – ha concluso padre Benedettini ricorrendo a un proverbio cinese – accendere una candela che maledire l’oscurità».

© Copyright Avvenire, 21 ottobre 2008

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