18 luglio 2007

Chiesa e pedofilia: la riapertura del "caso Cantini" e il commento di Massimo Introvigne


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LA CURIA

Entro il 30 settembre le vittime del parroco potranno rivelare altri "delitti" non denunciati

Antonelli riapre il caso don Cantini

MARIA CRISTINA CARRATU´

Il caso don Cantini si può riaprire. Entro il 30 settembre, le vittime del parroco della Regina della pace che ha abusato di loro quando erano bambini e adolescenti, potranno informare la Curia di eventuali «altri delitti finora non denunciati» compiuti dal sacerdote, oltre a quelli «gravi ed evidenti» per i quali, al termine di un processo penale amministrativo, gli è già stata comminata una serie di pene (divieto di celebrare i sacramenti per cinque anni, recita di salmi). Lo comunica alle vittime, in una lettera di risposta a quella da loro inviatagli in giugno, l´arcivescovo di Firenze Ennio Antonelli, annunciando di aver nominato come «giudice istruttore», delegato «per la raccolta di ulteriori prove» presso il Tribunale ecclesiastico della Curia, padre Francesco Romano. Una integrazione già annunciata in giugno al clero fiorentino durante la riunione annuale di Monte Senario, dedicata al caso Regina della pace. Le vittime hanno sempre ritenuto le pene inflitte da Antonelli a Cantini insufficienti a fare giustizia degli abusi compiuti dal prete fra il ‘73 e l´87, mentre dall´inchiesta della Procura della pubblica per violenza sessuale aggravata e plagio stanno emergendo indizi di una prosecuzione dei reati in un´epoca molto più vicina di quella sempre indicata dalla Curia. Dopo la puntata di Annozero sui preti pedofili, in cui monsignor Rino Fisichella li aveva incoraggiati a proseguire la loro battaglia, le vittime hanno scritto all´arcivescovo per chiedergli di riaprire il caso con un processo giudiziario. E dandogli come termine ultimo per rispondere il 7 luglio. In caso contrario, avvertivano, avrebbero fatto ricorso alla Congregazione per la dottrina della fede. A quanto risulta da fonti vicine al Vaticano, comunque, sarebbe già la Santa Sede, a questo punto, a seguire la vicenda. Lo impone, del resto, il reato di assoluzione del complice indotto in peccato («gravissimo» per il diritto canonico, che prevede l´immediata scomunica e l´intervento diretto del Papa) di cui le vittime hanno ripetutamente accusato don Cantini.

© Copyright Repubblica (Firenze), 18 luglio 2007

Spero che non si apra la caccia alle streghe. Con tutto il rispetto per le vittime, mi permetto di ricordare che la maggiorparte dei reati attribuiti a Don Cantini e' prescritta secondo il diritto penale italiano.
Il diritto canonico, molto piu' rigoroso e intransigente di quello italiano, consente la riapertura dei fascicoli anche dopo l'intervenuta prescrizione. In questo caso si puo' applicare la sanzione amministrativa.
Bene hanno fatto le vittime di Don Cantini a rivolgersi al cardinale Antonelli. Mi era parso di sentire che era gia' stata interpellata, nel 2006, la Congregazione per la dottrina delle fede, ma evidentemente il dato era sbagliato.
Incoraggio tutte le vittime a denunciare gli abusi, pero' le invito a farlo subito ed a non aspettare anni o decenni.
E' compito della magistratura (e non della Chiesa) verificare se ci sono reati penali non ancora prescritti
.
Raffaella


Pedofilia: a proposito di risarcimenti miliardari

di Massimo Introvigne

La transazione per l’astronomica cifra di 660 milioni di dollari che ha chiuso una serie di cause civili contro l’Arcidiocesi di Los Angeles per casi di veri o presunti abusi sessuali compiuti da sacerdoti contro minorenni, merita qualche commento che parta da una conoscenza realistica del sistema legale americano. È anzitutto ipocrita parlare di 660 milioni versati “alle vittime”. Una parte cospicua della somma è destinata a coprire le spese legali. Inoltre, la maggioranza delle persone che hanno agito contro l’Arcidiocesi ha sottoscritto con i propri studi legali – di solito sempre gli stessi, ormai specializzati in questo tipo di cause – patti di quota lite (contingency), cioè accordi in virtù dei quali gli avvocati non si fanno pagare per rappresentare i clienti ma intascano poi in caso di transazione o di successo una percentuale importante (spesso il cinquanta per cento) di quanto al cliente spetta a titolo di risarcimento. I patti di quota lite – che il decreto Bersani ha introdotto anche in Italia, e contro i quali hanno a lungo protestato gli Ordini degli Avvocati – sono per definizione segreti e si prestano a evidenti abusi. Ma è pressoché certo che almeno la metà, e forse ben di più, dei famosi 660 milioni sono finiti non alle vittime ma nelle capaci casse di un piccolo numero di voraci avvocati.

È anche vero che le decisioni sulle transazioni in casi di richieste di risarcimento per abusi sessuali sono ormai prese non dalle istituzioni religiose attaccate – non tutte cattoliche, dal momento che richieste di danni miliardari hanno colpito anche protestanti, induisti ed ebrei – ma dalle compagnie di assicurazione. Queste ultime – in particolare una, indiscussa leader su questo mercato – assicurano le istituzioni religiose (e non solo) contro il rischio di pagare danni per casi di abuso sessuale anche verificatisi molti anni prima della stipula della polizza. Le assicurazioni pagano una parte consistente di questi risarcimenti, ma gestiscono le transazioni e qualche volta preferiscono pagare senza discutere per poi alzare i premi, già tutt’altro che modesti, che ormai tutte le organizzazioni religiose, scolastiche e sportive degli Stati Uniti pagano per assicurarsi contro il rischio di catastrofi economiche che seguono accuse di abusi sessuali.

Lo schema – illustrato in una serie di studi fondamentali sul tema del sociologo Philip Jenkins – vede dunque in campo dal punto di vista economico due attori principali che restano poco noti al pubblico: le società di assicurazione, che pagano una buona parte dei risarcimenti (e si rifanno alzando i premi), e gli studi legali specializzati, che incassano il grosso delle somme. Né le une né gli altri sono particolarmente interessati all’accertamento della verità.

Per questo, le somme astronomiche di cui si parla – e si parlerà ancora, perché il caso di Boston su cui si sta ancora trattando non è molto più piccolo di quello di Los Angeles – in realtà ci dicono poco sulla questione dei preti pedofili, anche se sono utili a chi vuole attaccare la Chiesa con titoli sensazionali. La realtà rimane quella descritta dal rapporto del John Jay College del 2004, il più autorevole studio sul tema che tutti citano ma pochi hanno letto. In cinquantadue anni i preti americani accusati di pedofilia sono stati 958, quelli che hanno subito una condanna penale 53. Troppi: anche un solo prete pedofilo è uno di troppo, e basta a giustificare la linea di tolleranza zero di Papa Benedetto XVI sul punto e le scuse del cardinale Mahony. Ma i dati veri sono questi.

CESNUR - Centro Studi sulle Nuove Religioni diretto da Massimo Introvigne

2 commenti:

francesco ha detto...

spero che non ci sia la caccia alle streghe... certamente i risulta difficile pensare a come si potrebbe evolvere la questione di don cantini... ok la tolleranza zero, ma l'accanimento sul reo... non so se sia accettabile... come ho già detto: forse dobbiamo annunciare anche che c'è in atto un mistero di riconciliazione che dio vuole realizzare...
la situazione di don cantini è una ferita che sta lacerando la chiesa di firenze, cui sono molto legato, in maniera davvero dolorosa...
io mi rifugio nella preghiera e in un doveroso no comment anymore
tu raffaella sai anche il perché
francesco

Anonimo ha detto...

Ciao Francesco, mi auguro che il processo, se si rendera' necessario, non di trasformi in una caccia all'orco coinvolgendo, magari, chi non c'entra nulla.
Spero anche che, per quanto possibile, i giornalisti restino fuori da questa dolorosa vicenda.