16 luglio 2007

La lettera del Papa alla Cina? Potrebbe segnare una svolta storica


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La lettera che Benedetto XVI ha inviato a Pechino potrebbe chiudere una stagione di conflitti

Nei decenni il regime comunista è stato, agli occhi della Chiesa, il concentrato di tutti i mali possibili
Per la prima volta il papa si è rivolto esplicitamente ai cattolici che vivono nella "Repubblica popolare"
Per Roma i veri cattolici erano solo i clandestini che sfidavano il governo cinese
I fedeli entrati negli organismi governativi furono condannati da Pio XII


AGOSTINO GIOVAGNOLI

PER LA PRIMA VOLTA DAL 1949 - quando, dall´alto della Porta Celeste (Tienanmen), Mao Zedong proclamò la nascita della Cina comunista - un papa ha indirizzato una lettera ai cattolici della Repubblica popolare cinese. I predecessori di Benedetto XVI, infatti, hanno mandato documenti e messaggi al popolo cinese, alla nazione cinese, alla Cina continentale e così via, senza però nominare espressamente la Repubblica popolare.
E´ una delle novità della lettera resa nota il 30 giugno, che potrebbe aprire una nuova stagione nei rapporti tra il Vaticano e Pechino.
Com´è noto, la S. Sede non ha mai avuto rapporti diplomatici con la Repubblica Popolare Cinese e da un punto di vista cattolico la Cina ha costituito un caso speciale, senza paragoni possibili con altri paesi del mondo. Per molti decenni, infatti, agli occhi del cattolicesimo mondiale è sembrato che in Cina prevalesse il concentrato di tutti i mali: era il solo paese in cui il comunismo non solo perseguitava la Chiesa cattolica, ma riusciva anche a penetrare al suo interno, dividendola in fazioni e contrapponendo gli uni agli altri. Nei confronti di questa situazione, prese nettamente posizione papa Pio XII - peraltro non citato in questa lettera - cui si deve non solo la condanna del regime comunista cinese ma anche quella dei cattolici cosiddetti patriottici, ufficiali o governativi, quelli cioè che - per debolezza, convenienza o convinzione? - avevano scelto di entrare in organizzazioni controllate dal governo. Per Roma, infatti, a lungo cattolici cinesi autentici furono solo i clandestini che - per fedeltà al papa, ragioni ideologiche o altri motivi? - sfidavano il governo comunista.
L´atteggiamento vaticano non è cambiato neanche dopo l´ammissione della Repubblica popolare cinese all´Onu ed il suo riconoscimento da parte degli stati occidentali. Pur senza costituire una minaccia militare o economica, la condanna morale della Cina espressa dall´atteggiamento vaticano ha irritato profondamente le autorità cinesi protese nello sforzo - in gran parte riuscito - di far accettare pienamente la Cina nella comunità internazionale, sul terreno commerciale, finanziario, politico.
La lettera mostra invece che oggi molte cose sono cambiate. Alludendo all´Associazione Patriottica dei Cattolici Cinesi che raccoglie i cattolici «governativi» - citata esplicitamente in una nota - , il testo richiama indirettamente l´inizio della drammatica lacerazione apertasi negli anni Cinquanta. Ma, nel complesso, il messaggio di Benedetto XVI mostra che anche per la Chiesa cattolica la Cina non è più un paese «speciale»: sembra, insomma, davvero finita anche la guerra fredda tra il Vaticano e la Cina.
La svolta di Benedetto XVI non è maturata sul piano politico-diplomatico: sotto questo profilo, la lettera del papa contiene elementi che scontentano sia gli intransigenti sia i concilianti, sia chi vorrebbe il pugno di ferro sia chi cerca il dialogo a tutti i costi. Da un lato, Benedetto XVI non fa sconti al governo cinese, chiede la piena libertà religiosa e rivendica il diritto di scegliere i vescovi cattolici in Cina come in ogni altra parte del mondo; dall´altro lato, invece, apre la strada ad intese con il governo per la nomina dei vescovi o la definizione dei confini delle diocesi.

Ma tutto ciò appare ispirato da una visione teologica, che attraversa in modo unitario e coerente il documento, rivelando l´impronta personale del papa (anche se, nel corso di cinque lunghi mesi, occhi attenti hanno sapientemente limato i passaggi più delicati). Forse non è un caso che proprio ad un papa cui sono familiari i Padri della Chiesa dei primi secoli, i cattolici patriottici cinesi siano apparsi soprattutto come dei lapsi contemporanei, cristiani cioè «caduti» per debolezza in tempi di persecuzioni davanti a difficoltà troppo grandi, per i quali le porte della Chiesa devono restare sempre aperte.
Tra i cattolici «governativi», precisa peraltro Benedetto XVI, non tutti sono lapsi, anche tra di loro molti hanno dato testimonianza di fedeltà alla Chiesa. Non è un riconoscimento casuale: proprio dalle loro fila è scaturito, tra gli anni Ottanta e Novanta del secolo scorso, il movimento sotterraneo che ha riavvicinato la Chiesa ufficiale a Roma, sconvolgendo tutti gli schemi e creando i presupposti delle novità odierne. Sembra così declinare il «privilegio» di cui hanno goduto per decenni i cattolici clandestini davanti all´opinione pubblica mondiale, non solo cattolica: la lettera chiarisce che è titolo di merito la fedeltà alla tradizione cattolica, non l´opposizione al governo. Pur mostrando grande rispetto per i clandestini che più hanno sofferto, papa Ratzinger afferma che «la clandestinità non rientra nella normalità della vita della Chiesa», invitando i vescovi underground ad accettare il riconoscimento-controllo delle autorità governative, purché ovviamente queste non pretendano di interferire nella «sfera religiosa».

Dopo questa lettera, sarà più difficile usare strumentalmente i clandestini come simboli di una guerra di civiltà tra i valori dell´Occidente e la «barbarie asiatica».

Ciò che preme soprattutto a Benedetto XVI è l´unità della Chiesa cattolica. Una volta affermata tale priorità è possibile ridefinire in modo più lineare il rapporto che i cattolici in Cina devono intrattenere con le autorità governative, fondato su rispetto, lealtà, collaborazione ma anche autonomia per quanto riguarda le questioni interne alla vita ecclesiale. Prima di raggiungere la «normalizzazione» politico-diplomatica tra il Vaticano e Pechino - esplicitamente auspicata dalla lettera - egli indica insomma la strada per normalizzare i rapporti tra Chiesa e Stato all´interno del paese. Ma la scelta per la «normalità», apparentemente banale, rappresenta una grande novità nella storia cinquantennale dei tormentati rapporti tra Chiesa cattolica e Cina comunista.
Non sappiamo ancora quale sarà la reazione del governo cinese - anche se i primi segnali non sono negativi - e cioè se le richieste di Benedetto XVI saranno ritenute pretese inaccettabili o se le sue proposte verranno accolte come positive aperture. Ma in un rapporto difficile, in cui non si intrecciano solo motivi politico-diplomatici ma anche aspetti culturali ed umani, potrebbe contare molto il giudizio sul valore di un gesto e sulla sincerità delle intenzioni. Nel resto del mondo, davanti a questa lettera è palpabile il disagio degli ambienti cattolici tradizionalisti, cui invece viene contemporaneamente attribuita grande soddisfazione per il (parziale) «ritorno» della messa in latino. La discussione sulla lettera di Benedetto XVI ai cattolici della Repubblica popolare cinese entra così nel dibattito sull´interpretazione di questo pontificato, che non si presta facilmente a letture schematiche od unilaterali.

© Copyright Repubblica, 16 luglio 2007

Molto bello ed interessante questo editoriale che tocca varie tematiche e evidenzia molti punti di novita' nell'approccio del Papa alla Repubblica Popolare Cinese.
Il Papa ha voluto tendere una mano a tutte le componenti della societa' cinese pur non arretrando di un millimetro su condizioni da cui non di puo' prescindere, come la nomina dei Vescovi da parte del Vaticano.
Cio' che preme a Benedetto XVI e', appunto, l'unita' della Chiesa cattolica. Chiaramente il Papa ha a cuore anche la possibilita' di normalizzare i rapporti con il governo cinese, ossia la creazione di nuovi rapporti diplomatici, ma la politica viene dopo l'unita' della Chiesa. Per la stessa ragione, credo, il Papa non premera' per un eventuale viaggio a Pechino.
La lettera ha, insomma, un chiaro contenuto teologico e pastorale come, del resto, la maggiorparte dei documenti di Benedetto XVI. Il Pontificato di Papa Ratzinger non puo' essere schematizzato o interpretato in modo unilaterale perche' non e' politico! E' sorprendende notare come i giornali si occupino un giorno si' e l'altro pure delle polemiche sulla Messa tridentina (tanto per dare al Papa ora dell'oscurantista, ora del liberale), ma non spendano una parola sulla lettera del Papa alla Cina. Perche'? Forse perche' sarebbe troppo superare l'equazione Benedetto = conservatore? Quante occasioni perse
!
Raffaella


IL DOCUMENTO / UN BRANO DEL MESSAGGIO SCRITTO DA JOSEPH RATZINGER

"LA VOSTRA FEDE A PREZZO DI SOFFERENZE"

Ecco un passaggio della lettera di papa Ratzinger resa nota il 30 giugno scorso.

Ai vescovi, ai presbiteri, alle persone consacrate e ai fedeli laici della Chiesa cattolica nella Repubblica popolare cinese.

(...) Desidero, pertanto, far giungere a tutti voi le espressioni della mia fraterna vicinanza. Intensa è la gioia per la vostra fedeltà a Cristo Signore e alla Chiesa, fedeltà che avete manifestato «a volte anche a prezzo di gravi sofferenze», poiché « per Cristo vi è stato dato il dono non solo di credere in lui, ma anche di patire per lui» (...). Tuttavia, non manca la preoccupazione per alcuni importanti aspetti della vita ecclesiale nel vostro Paese.
Senza pretendere di trattare ogni particolare di complesse problematiche da voi ben conosciute, con questa Lettera vorrei offrire alcuni orientamenti in merito alla vita della Chiesa e all´opera di evangelizzazione in Cina, per aiutarvi a scoprire ciò che da voi vuole il Signore e Maestro, Gesù Cristo, «la chiave, il centro e il fine di tutta la storia umana».

© Copyright Repubblica, 16 luglio 2007

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