15 luglio 2007

Messa tridentina: siamo sicuri che le richieste dei fedeli troveranno accoglimento?


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Cari amici, in questi ultimi giorni si leggono "strane" interviste di sacerdoti e/o Vescovi che dichiarano che non intendono celebrare la Messa secondo il rito tridentino perche' "affezionati" al Messale di Paolo VI. Questa motivazione si potrebbe anche accettare, ma subito dopo gli stessi intervistati ammettono di non essere probabilmente in grado di celebrare Messa in latino. Perche'? Perche' non lo sanno o non lo ricordano.
A questo punto mi chiedo: il rifiuto (preventivo) di aderire alle richieste che i fedeli dovessero eventualmente avanzare, ha ragioni teologiche o si tratta semplicemente di "pigrizia"?
Scusate se sono cosi' rude ma il fatto di non conoscere la lingua latina (fatto gravissimo e, secondo me, inaccettabile per un sacerdote) non e' una giustificazione valida. Puo' essere un impedimento ma non una giustificazione. Dopo gli articoli i miei commenti
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Raffaella

Imbarazzo Molti uomini di Chiesa costretti ad ammettere: «Ci sentiamo inadeguati a questo passaggio»

Nessuno sa più il latino
Chi dirà la Messa?


Il Vaticano: i preti impreparati al ritorno del rito preconciliare

GIACOMO GALEAZZI

In nomine Patris, et Filii, et Spiritus Sancti. Poi.. Ehhm..uhhm.. Insomma.. Non mi ricordo più...». Imbarazzo, sorpresa, un po’ di fastidio: la liberalizzazione della «messa tridentina» spiazza i preti «no lat», poco propensi a tornare sui banchi di scuola per rinfrescare gli studi seminariali. Da Nord a Sud sono tanti i sacerdoti restii, per varie motivazioni, a rispolverare, il vecchio messale romano.
«Non sono assolutamente in grado di dire messa in latino e mi vergognerei pure a farlo - taglia corto don Maurizio Fileni, 57 anni, parroco della chiesa di San Lorenzo a Cupramontana, in provincia di Ancona -. Non mi rimetto certo a fare lo studente, anche perché non ne vedo la ragione. Già i fedeli non ci capiscono in italiano, immaginiamo in latino: la gente vuol percepire il sacro. Per prepararmi e riprendere in mano il latino mi servirebbe un sacco di tempo e in parrocchia le cose da fare non mancano mai».
Perciò, se un gruppo di fedeli ha la libertà di chiedere la messa in latino, i sacerdoti hanno quella di non celebrarla. «Se portano il prete disponibile, offro la mia chiesa, ma non voglio saperne nulla del latino - spiega don Fileni -. Io sono stato ordinato nel 1977 e per tutta la vita ho usato il messale approvato dal Concilio Vaticano II, nel quale non c’è quasi traccia di parole latine».
Il latino, quindi, sempre più lingua morta nei seminari e sempre meno in uso nella pratica quotidiana delle canoniche, conferma don Mario Mencaraglia, parroco lucchese dell’alta Versilia. Eppure lui se li ricorda negli anni Cinquanta i preti della sua giovinezza, quelli che parlavano tra loro nell’idioma di Cicerone e San Tommaso. «Da sessantenne appartengo all’ultima generazione di sacerdoti che ha davvero avuto a che fare con il latino. Ma non ho nostalgie, anzi. Negli ultimi tre decenni, per fortuna, è tutto cambiato anche nella formazione del clero e la Chiesa non può affidarsi a gesti e linguaggi anacronistici- afferma don Mencaraglia -. Anche per ragioni concrete la scelta di Benedetto XVI è impraticabile: un balzo nel passato. Non si possono riportare indietro le lancette della storia». Scarsa dimestichezza, dunque, con i termini della tradizione liturgica. «La messa tridentina non è roba per noi, è solo un’operazione per recuperare i tradizionalisti di Lefebvre. E poi i sacerdoti più giovani masticano poco il vecchio messale e io stesso a memoria non saprei dir messa in latino», concorda don Mariano Piccotti, 60 anni, parroco di San Sebastiano nel comune marchigiano di Castelplanio. «Nessun prete è costretto a tornare sui banchi per rinfrescare il suo latino. Se qualche diocesi vorrà fare dei corsi, bene», precisa padre Davide Maria Jaeger, francescano dell’Antonianum di Roma. La «resistenza» al latino, però, nasce anche dalla difesa del «nuovo corso» conciliare. «E’ una lingua che ho approfondito per anni ma non intendo dire messa in latino - annuncia il sacerdote mantovano don Giovanni Nicolini, fondatore della comunità di Sammartini -. Da ragazzo ho un pessimo ricordo delle vecchie celebrazioni e nelle missioni in Africa celebro in swahili».
Nessuna nostalgia della solennità del latino: «Tanto più che nella Chiesa la lingua liturgica originaria è il greco». Non mancano, comunque, gli entusiasti. E che il «motu proprio» con cui Joseph Ratzinger liberalizza la messa di Pio V abbia preso in contropiede buona parte del clero, lo testimonia don Santino Spartà, sacerdote e insegnante a Roma che, al contrario, ha «puntato la sveglia sul 14 settembre» per la gioia di celebrare in latino. «Nei seminari si è tralasciato lo studio del latino e adesso molti preti si trovano spiazzati, in difficoltà con il messale di Pio V - sottolinea -. Senza dare nell’occhio, in parrocchia, parecchi riprendono in mano i libri di latino per colmare le lacune di una preparazione inadeguata. Così riscoprono l’armonia della grande liturgia. Ed è proprio il caso di dire: Indulgentiam absolutionem, et remissionem peccatorum nostrorum, tribuat nobis omnipotens et misericors Dominus....».

© Copyright La Stampa, 15 luglio 2007

Parliamoci chiaro: il problema e' l'ignoranza del latino? Forse basta dirlo sinceramente e non accampare tante scuse, un tantino ridicole. In questo articolo si fanno nomi e cognomi. Bene! Ciascuno si assuma le proprie responsabilita'. Sinceramente non credevo che tanti sacerdoti avessero difficolta' con il latino. Come accadrebbe se venissero nominati Vescovi? O Cardinali?
Leggendo certi attacchi al Papa (come quello secondo cui si tratta di mosse anacronistice, di passo indietro e bla bla bla) mi viene da pensare che alcuni preti non abbiano imparato non solo il latino ma anche la nobile arte dell'obbedienza e del silenzio
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Raffaella


MESSA IN LATINO / L’INTERVISTA

«Il rito tridentino? Qui non va»

Monsignor Cavina: «I preti sono affezionati al messale di Paolo VI»

di GIOVANNI PANETTIERE

SARA’ PIU’ FACILE celebrare anche a Bologna la Messa in latino secondo il rito del Concilio di Trento, nell’edizione del 1962 di Papa Giovanni XXIII, dopo la pubblicazione del documento papale, che la liberalizza?

«Il decreto di Papa Benedetto XVI agevola l’utilizzo del Messale tridentino nella versione del beato Papa Giovanni XXIII — spiega monsignor Gabriele Cavina, vicario episcopale per il culto e la santificazione —.
Nella nostra città però mancano sacerdoti intenzionati a celebrare la Messa di Trento. C’è una diffusa affezione fra i nostri pastori al rito ordinario, il Messale di Paolo VI del 1970, e poi non tutti hanno la dovuta preparazione per dire Messa secondo le antiche norme liturgiche».

Monsignore, nella nostra arcidiocesi prevede un incremento dell’interesse verso la Messa del Concilio di Trento alla luce del nuovo provvedimento Summorum Pontificum che entrerà in vigore il prossimo 14 settembre?

«Forse le persone di una certa età, che in passato hanno partecipato a liturgie secondo il rito tridentino, potrebbero tornare ad accostarsi a questa celebrazione. Aggiungerei poi qualche curioso e poco più. Ricordiamo che lo stesso motu proprio del Papa, Summorum pontificum, chiude le porte ad ogni forma di strano esoterismo cattolico. Occorre avere la preparazione necessaria per seguire la Messa antica».

C’è qualche chiesa a Bologna che celebra già regolarmente secondo il rito tridentino?

«Assolutamente no. Alla Chiesa dei Servi di Maria, ogni domenica alle 11.30, si celebra in latino, ma sempre secondo il Messale di Paolo VI. Solo alla Chiesa del Baraccano, il primo sabato del mese, alle 16.30, è stata concessa, a un gruppo di appena 40 persone, la possibilità di celebrare secondo il Messale di Trento, nell’edizione però del 1962. Il celebrante comunque non è un prete della nostra arcidiocesi».

In sostanza, che cosa prevede il decreto di Papa Ratzinger?

«Introduce nuove condizioni per la celebrazione liturgica secondo il Messale tridentino di San Pio V, nell’edizione del beato Papa Giovanni XXIII, rispetto alla normativa in vigore della Quattuor abhinc annos e della Ecclesia Dei. Se oggi per celebrare secondo questo rito occorre l’autorizzazione del vescovo ordinario, una volta entrato in vigore il provvedimento del Papa tutto ciò non sarà più necessario. La richiesta sarà direttamente avanzata al parroco, che è chiamato ad assecondare la volontà dei fedeli. Inoltre si ha la possibilità di celebrare con la Messa di Papa Giovanni anche nei giorni festivi e non più solo nel corso di quelli feriali».

Quali sono le differenze principali tra la Messa del 1962 e quella di Paolo VI del 1970, che resta comunque, anche dopo il documento pontificio, il rito ordinario della Chiesa cattolica?

«Con il Messale di Paolo VI si rendono più fruibili i riti liturgici e si favorisce la partecipazione attiva e consapevole dei fedeli. Ancora, si prevedono più porzioni di passi biblici a disposizione della celebrazione, quattro e non solo un canone eucaristico. E’ infine ammessa la concelebrazione».

La promulgazione del documento papale è stata accompagnata da non poche polemiche, specie da parte dell’episcopato francese. Proteste non certo sopite una volta avvenuta la pubblicazione del testo. Il decreto attacca il Vaticano II e la sua riforma liturgica avviata con la costituzione dogmatica, Sacrosantum Concilium?

«Su questo punto Papa Benedetto è stato chiarissimo. Non c’è nessun pericolo per il Vaticano II e per la Sacrosantum Concilium. L’interpretazione comunque del Concilio Vaticano II quale momento di rottura nella storia della Chiesa è erronea. La Chiesa non procede mai per strappi».

Resta però il fatto che i lefebvriani della Fraternità di San Pio X, mai teneri nei confonti del Concilio Vaticano II, una volta pubblicato il provvedimento, hanno seguitato a usare toni minacciosi e di rivalsa nei confronti del Concilio.

«Questo è vero. Devono dimostrare coi fatti che le loro riserve per un ritorno alla piena comunione ecclesiale sono solo di stampo liturgico senza ulteriori impedimenti. Il Papa ha voluto tendere loro la mano».

© Copyright Quotidiano nazionale, 15 luglio 2007

E' straordinario notare come si pretenda che i fedeli abbiano una adeguata preparazione per seguire la Messa tridentina ma poi, evidentemente, essa non e' obbligatoria, in seminario, per i sacerdoti che, sorprendentemente, non conoscerebbero il latino.
Non e' una contraddizione?
E cadiamo nel solito tranello: come mai siamo cosi' sicuri che solo vecchietti o pseudotali si accosteranno alla Messa preconciliare? Non e' cosi' e il motu proprio del Papa e' chiarissimo su questo punto
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Raffaella

17 commenti:

Anonimo ha detto...

As I have read reactions from several nations, those who seem to be most hostile and unwilling to implement the motu proprio in the countries with the largest number of faithful attached to the Traditional Mass (France, America, Germany, Italy) are the Italians... It is amazing! Archbishop Bagnasco, who led the way in a harmonious reception of the motu proprio still in 2006, must pronounce himself clearly before there is even more hostility.

mariateresa ha detto...

Lasciamo stare l'articolo di Galeazi, ormai lo schivo come il peperone nei misti di verdura: non lo digerisco.
Nel complesso invece secondo me viene segnalato un limite oggettivo, del quale peraltro Benedetto nella sua lettera è perfettamente consapevole e lo dice: la conoscenza del latino e la cultura liturgica non sono molto diffusi e si vede.
Vorrà dire, come in tutte le cose, che chi ha filo tesserà, cioè chi ha buona volotà, un po' alla volta cercherà di venire incontro ai fedeli.
E questo Motu proprio è così , una sfida per chi non è adeguato e una sfida per chi continuerà a celebrare con il messale di Paolo VI ed è stimolato a fare le cose per bene e fedelmente l'originale.
C'è solo da esserne contenti.

Anonimo ha detto...

Bello il paragone con il peperone. Va bene anche con i funghi? ehehehehe
Cara Mariateresa, cio' che dici e' giustissimo, pero' mi piacerebbe che si ammettessero i limiti senza dare addosso al Papa. Credo che nessun fedele di nessuna parrocchia chiederebbe ad un parroco, che ha difficolta' con il latino, di celebrare la Messa tridentina. Se c'e' un bel rapporto fra parroco e parrocchiani, non credo che si verificheranno incompresioni. Se, pero', il parroco si impunta, diventa arrogante (come nei casi citati) e da' la colpa al Papa per non ammettere di non conoscere bene il latino, beh, li' si' che potrebbe nascere la lite...
Ciao

euge ha detto...

Purtroppo, cara Raffaella tanti parroci adotteranno il sistema deplorevole che hai menzionato e cioè le accuse al Papa...... del resto secondo me il problema di non sapere il latino è un vero problema però a questo punto io mi chiedo come sono state gestite le preparazioni dei futuri preti nei seminari altra nota dolente.......... purtroppo, i disastri si vedono e si sentono domenica dopo domenica nelle omelie; e ti assicuro che di preti arroganti ce ne sono e molti purtroppo; però adesso tocca anche ai fedeli impuntarsi per una buona volta non si può sempre subire.....

Luisa ha detto...

Sapete che cosa vi dico?
"Mi cascono i calzini!" (traduzione bancale di un`espressione francese)!
Ci voleva questo Motu Proprio perchè io sapessi che i preti non imparano più il latino in seminario!
Mi sembra incredibile, ma è purtroppo vero!
Ma come si può non fosse che aver voglia di studiare la lingua che sta alle radici della nostra Chiesa ? La lingua della Chiesa Cattolica latina e romana !
Adesso capisco meglio l`indigenza di certe omelie, la povertà intelettuale che sento in certi discorsi.
Ma quel che mi colpisce di più è quel discorso, sul latino, lingua morta, quella mancanza di curiosità , quell`adagiarsi nella routine così limitata del conosciuto.
Ma come un prete può non avere voglia di studiare la lingua, con il greco, di tutti i Padri dell Chiesa , che ha arricchito il nostro patrimonio, anche artistico, la storia della nostra Chiesa ?
Scusatemi, ma queste dichiarazioni mi lasciano più che perplessa, e sarebbe molto triste che per pigrizia intelletuale, pigrizia tout court, più grave ancora per disubbidienza, il Motu Proprio incontri difficoltà nella sua applicazione!

Anonimo ha detto...

In italiano, di solito, si usa l'espressione "mi cadono le braccia", ma il senso e' lo stesso :-)
Siamo sicuri che la lingua latina sia morta? E' morta una lingua che non viene piu' usata. Ma non e' cosi' ne' per il latino ne' per il greco. Nei licei ed in altre scuole secondarie si studia il latino, cosi' come all'universita'. Chiedete ad un giurista se il latino e' morto. Vi rispondera' di no perche' e' una lingua che viene usata ogni giorno.
Vi faccio un esempio classico: se parliamo di una persona che ha lasciato una eredita' e vogliamo usare l'italiano, dobbiamo ricorrere ad una "frasona" e cioe': la persona della cui eredita' si tratta. E in latino? Piu' rapido: de cuius :-)

Anonimo ha detto...

Non è vero che ha Bologna mancano sacerdoti intenzionati a celebrare secondo l'uso tridentino... mons.Cavina lo vedrà quando della questione se ne parlerà in curia.
Ovunque in Italia, i sacerdoti cui piace cantare, che hanno studiato Gregoriano, che hanno studiato storia liturgica (e non erano gli ultimi della classe), che sanno coordinare le attività in parrocchia, non si faranno pregare!!!!!
Quanto agli altri... pazienza.
Sono sicuro che i fedeli non mancheranno di tatto o di discrezione nei confronti dei sacerdoti che vogliono usare solo il messale di Paolo VI.

Sulla questione del latino...
va detto che la stragrande maggioranza degli scritti dei Padri della Chiesa non sono tradotti in nessuna lingua moderna.
L'ignoranza di cui si vantano alcuni sacerdoti è stupefacente!!!!!!!!!!!!!!
E'ovvio che come dice Eugenia questo si riflette nelle omelìe...
Come dice Raffaella il latino non è una lingua morta.
Non lo era quando tutti i sacerdoti vi conversavano
(che fosse morta si diceva pure allora) non lo è oggi per molte categorìe di persone.
E'una lingua il cui uso vivo è perenne e immutabile nelle sue caratteristiche...
Certo che allontanarla dal clero è stato un bell'attentato alla sua vitalità, tuttavìa si prospettano tempi migliori!!!!!!!!!!!!!!!

P.S.I giornalisti non fanno che sollevare continue polemiche... credo che i fedeli contenti della Summorum Pontificum si siano già disinteressati di queste ciarle...

francesco ha detto...

ora... la cosa mi pare degeneri
però sul latino una cosa vorrei dirla da apprendista studioso del concilio...
nelle prime sessioni una delle grandi questioni dibattute era l'uso della lingua nelle discussioni... molti vescovi avevano difficoltà e addirittura impossibilità a comprendere il latino... ora tutti celebravano col messale del 1962 (se non con quello precedente) e tutti lo avevano studiacchiato, non per questo parlavano e comprendevano il latino...
e come prete capisco la difficoltà di molti! celebrare con una liturgia differente (basta anche solo andare a milano) non è proprio agevole, uno non si sente a suo agio... ogni parroco, se dovesse avere richieste, si regolerà personalmente...
come ripeto sarebbe buona cosa se i vescovi anticipassero la cosa e organizzassero già dei preti disponibili e delle chiese ad hoc... meno bene mi pare l'iniziativa svizzera di interpellare i fedeli che mi sa tanto di "protestantizzazione" della cosa...
dalle mie parti - con tanto di sondaggio su un sito di news locali - le richieste saranno vicinissime allo 0 e tenderanno al -1
forse io - che posso permettermelo - farò la pazzia di celebrare a porte aperte una messa settimanale in latino, ma col messale di paolo vi...
quando poi verranno a trovarmi lella o cristiano chiudo le porte e caccio fuori il messale del '62 (che, cara raffa, io c'ho)
:-) francesco
PS ah!!! procuratevi anche il trimeloni...

Anonimo ha detto...

Mi domando solo se quei fedeli che assistono al rito ordinario della messa (quello di Paolo VI), me compreso che lo frequento da sempre per motivi anagrafici, partecipino più attivamente e consapevolmente di come lo farebbero se ne frequentassero la forma straordinaria (messale del 1962).
Ma cosa intendono questi preti per "actuosa partecipatio"?
Pensano davvero che consista nel rispondere, più o meno prontamente, alle parole del sacerdote?
Pensano che consista nell'unirsi in cori che fanno di tutto meno che aiutare la nostra sensibilità a predisporsi santamente al rinnovarsi, incruento, dell'offerta di Gesù per la nostra salvezza?
Cosa hanno fatto questi parroci per educare le nuove generazioni all'incontro col Signore, presente nelle sacre specie in corpo anima e divinità?
Si facciano un esame di coscienza, se ancora la hanno, e si chiedano perché il papa si è visto costretto, prima a stampare il compendio del catechismo della Chiesa Cattolica e, poi, a promulgare la “Summorum pontificum cura”.

Charette

Anonimo ha detto...

La questione liturgica non è, e non deve essere, una questione "ideologica", come è invece successo in questi quarant'anni.
La vera questione è che i fedeli hanno diritto a partecipare a riti celebrati santamente, sia che venga celebrato il rito tridentino, sia che si celebri la messa di Paolo VI (anzi di mons. Bugnini).
Il sacerdote dovrebbe abbandonare ogni forma di protagonismo (celebrare "coram deo" aiuterebbe anche con il novus ordo), uscendo da se per trasmormarsi in un "alter Christus" quando è all'altare, e così aiutare il fedele che partecipa alla santa messa, ad entrare in sintonia con i sacri misteri, che rimangono tali indipendentemente dalla lingua che si usa.
Non volendo sembrare affetto da grafomania, per stasera chiudo quì.
Saluti
Charette

gemma ha detto...

credo che ci si stia agitando troppo per nulla.
Se non ci saranno richieste, il problema non si pone. Se ce ne saranno alcune basterà organizzarsi e trovare insieme una soluzione, magari deviando i fedeli alla vicina parrocchia dedita a tali celebrazioni.
Magari i sacerdoti di una diocesi potranno collaborare tra loro offrendo servizi complementari ai fedeli. Non credo che questo sia un documento rigido che non permette un minimo di elasticità nell'attuazione organizzativa.
Nell'esercizio della propria professione capita continuamente a tutti di dover imparare nuove tecniche e di aggiornarsi sulle nozioni sbiadite del passato. E lo si fa, anche nel fine settimana. Ciò che può fare uno di noi, credo possa farlo anche un sacerdote. Non potrei mai permettermi di dire che non ho tempo per imparare una nuova tecnica o che le nozioni del passato sono sbiadite e non ho alcuna intenzione di rispolverarle.
Mi pare poi che alcuni sacerdoti dovrebbero ritrovare un tantino di umiltà e ricordarsi che, in fondo, sono anche al servizio dei fedeli e ciò che i fedeli chiedono va tenuto in considerazione e affrontato insieme.
Se poi i loro fedeli non sono interessati, il problema non si pone. Anzi, direi che mai come in questo caso più che dall'alto la decisione dipenda proprio dal basso.

Anonimo ha detto...

forse io - che posso permettermelo - farò la pazzia di celebrare a porte aperte una messa settimanale in latino, ma col messale di paolo vi...
quando poi verranno a trovarmi lella o cristiano chiudo le porte e caccio fuori il messale del '62 (che, cara raffa, io c'ho)
:-) francesco
PS ah!!! procuratevi anche il trimeloni...

Caro Don Francesco io non ho parole ma si sente così disonorato di celebrare latino?????????????? addirittura da farlo in privato con il Messale del 62 tanto da commettere una pazzia nell'usare il messale di Paolo VI in latino??????????? Ma che razza di sacerdote è lei????????? Guardi che le sue provocazioni o presunte tali non diverono affatto per giunta cominciano ad essere monotone ed a senso unico!!!!!!!!!!

Luisa ha detto...

Caro Anonimo,non conosco Francesco, dice essere sacerdote, e non c`è nessun motivo per non crederlo.La sua cultura e preparazione sono reali.
Poi c`è la sua personalità. Penso che reagendo così violentemente ai suoi propositi si fa esattamente quello che lui desidera , anche se in maniera inconscia.
Penso, ma la mia è un`analisi al livello delle margherite( ancora una traduzione di un`espressione francese), che Francesco ama, se non ne ha bisogno, smarcarsi, essere al centro dell`attenzione, attirare su di se l`attenzione. Lo fa con i suoi propositi provocatori, con il suo senso di contraddizione, con i suoi toni perentori e definitivi, con le sue critiche che somigliano a condanne pronunciate dall`autorità competente. La sola, la sua.
È un gran peccato perchè così facendo Francesco impedisce un sano dialogo, al quale potrebbe participare con le sue reali qualità e competenze.
Sì è veramente peccato, porsi solo in "bastian contrario", mettersi così in luce, voler attirare la luce così, da solo voglia di uscire da quella stanza e spegnere la luce!
Dico questo perchè vorrei approffittare delle reali conoscenze di Francesco senza ad ogni volta imbattermi nei suoi giudizi provocatori.
In attesa , personalmente ho deciso di ignorare i suoi interventi, quando hanno il carattere descritto qui sopra.

francesco ha detto...

ehi raga'... ma qua non si può neanche scherzare un po'!

suvvia un po' di sussiego in meno!

francesco

euge ha detto...

Caro Francesco qui si potrebbe anche scherzare ma con te neanche questo è possibile Luisa ha ragione tutto è rovinato dal tuo modo di essere bastian contrario a tutti i costi...... mi chiedo poi che gusto ci provi alla fine ti ritroverai a parlare con te stesso quando, se il tuo approccio fosse meno perentorio, categorico si potrebbero intavolare delle discussioni interessanti e scambiarsi idee e pensieri in modo di arricchirsi uno con l'altro..... ma, evidentemente, a te piace solo emettere sentenze e sempre per aver ragione!!!!!!!!!
Eugenia

francesco ha detto...

chiedo l'aiuto di raffaella... che, spero abbia capito il senso del post sulla messa in latino...
per dare un aiutino, mi sembra di aver già detto in questi post che quando celebro da solo (una volta a settimana) uso quasi sempre il messale latino...
e molto prima del motu proprio
francesco

Anonimo ha detto...

Sono qui pronta con il mio "Trimeloni" :-)
Comunque confermo: Francesco ha scritto piu' volte di celebrare la messa in latino, in privato.
Per me e Cristiano, pero', celebrera' Messa secondo il rito tridentino :-)
Siccome mi ha battuta sul tempo perche' il Messale e' gia' in suo possesso, la mia persona si sta attivando per comprare i testi :-)