15 novembre 2007
Cattolici-Ortodossi: la speranza oltre lo scisma (di Lucio Brunelli)
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La speranza oltre lo scisma
Lucio Brunelli
Per la prima volta in un documento ufficiale la maggior parte delle Chiese ortodosse riconosce un primato – sebbene solo onorifico – alla Chiesa di Roma e al suo vescovo. Il Papa è definito il «primo dei patriarchi», Roma la «prima sede», la Chiesa della città eterna quella che «presiede nella carità».
Il testo riassume le conclusioni della riunione della Commissione mista di dialogo fra cattolici e ortodossi che si è tenuta a Ravenna lo scorso ottobre.
I contenuti del documento – già messi in rete un paio di settimane fa da un sito russo – sono stati riferiti ieri con grande evidenza dal quotidiano «La Repubblica».
I toni quelli di un evento di portata storica: cattolici e ortodossi vicini alla riunificazione. Fine annunciata di uno scisma millenario: lo scisma d'Oriente, consumatosi nella basilica di Santa Sofia a Bisanzio e in quella di San Pietro a Roma nel lontano 1054, con scambio reciproco di invettive e scomuniche.
Purtroppo lo scenario non è così idilliaco. Per due motivi. Il primo: il documento conclusivo non ha ricevuto l'adesione degli ortodossi russi, che rappresentano l'80-90% dell'intera popolazione mondiale di fede ortodossa (in totale 230 milioni di fedeli). Non è questione marginale. La delegazione del patriarcato di Mosca se ne è andata da Ravenna sbattendo le porte, dopo un vivace litigio con i rappresentanti del patriarcato di Costantinopoli. Pomo della discordia la presenza al vertice di una delegazione della piccola Chiesa ortodossa dell'Estonia che fa riferimento a Costantinopoli, con grave disappunto dei russi, ai quali la comunità dell'ex repubblica sovietica ha fatto capo in passato.
Conflitto tutto interno all'Oriente cristiano, dunque, senza alcuna responsabilità di Roma. Ma la mancata adesione del patriarcato di Mosca indebolisce chiaramente le conclusioni del vertice di Ravenna. Il secondo motivo che invita ad essere insieme speranzosi, ma anche realisti, è il contenuto del documento. È vero, le Chiese ortodosse riconoscono in linea di principio un «primato» della Chiesa di Roma. Ma quel che hanno in mente è poco più di un primato d'onore, difficilmente accettabile dai successori dell'apostolo Pietro.
Le aperture più importanti sono venute dal copresidente della Commissione mista, il metropolita Ioannis Zizioulas, teologo di punta del patriarcato di Costantinopoli, noto da tempo per le sue posizioni ecumeniche. «Secondo la Tradizione – sosteneva il teologo in un'intervista a "30 giorni" già nel 2003 – quello di Roma è il primo vescovo di tutta la Chiesa. La difficoltà riguardo al primato petrino sta nel fatto che esso implica una giurisdizione universale per cui il papa può interferire nella Chiesa locale. Ma se possiamo trovare una strada per recepire il primato universale del Papa che non comporti danni alla pienezza della Chiesa locale, noi potremmo accettarlo». Disponibilità già annunciata, quindi, a riconoscere il primato papale. Ma condizionata alla ricerca di un accordo sui confini concreti dell'autorità romana. Sia Papa Wojtyla sia Papa Ratzinger hanno dichiarato solennemente di essere pronti a un simile dialogo. A Ravenna cattolici e ortodossi hanno messo a verbale, in un documento ufficiale, l'impegno ad approfondire questo tema cruciale. Un passo avanti importante, considerando il fatto che dopo il crollo dell'Urss (e i timori ortodossi di una «invasione cattolica») il dialogo era rimasto congelato per parecchi anni. Ma si tratta per ora solo di un programma di lavoro per i prossimi anni: la ricucitura dello scisma d'Oriente, purtroppo, non è ancora dietro l'angolo.
© Copyright L'Eco di Bergamo, 15 novembre 2007
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