15 novembre 2007

"L´accordo tra i cristiani è possibile ma il Papa non può comandare su tutti": Politi intervista Athanasios Chatzopoulos


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"L´accordo tra i cristiani è possibile ma il Papa non può comandare su tutti"

Athanasios Chatzopoulos è tra i negoziatori del documento anticipato ieri

MARCO POLITI

ROMA - «Ora si tratta di studiare le prerogative del primo patriarca». Il metropolita Athanasios Chatzopoulos, uno dei principali negoziatori del documento cattoloco-ortodosso, anticipato da Repubblica, punta l´attenzione sull´argomento più scottante nei rapporti tra le due Chiese: il ruolo futuro del Papa in una cristianità riunita.
Il prelato, rappresentante ortodosso greco presso l´Unione europea, ritiene importante che il testo concordato in ottobre cominci a circolare: «Lasciamo che maturi nella coscienza delle Chiese».

Monsignor Chatzopoulos, qual è il senso di questa road map che indica la strada per superare la spaccatura tra cattolici e ortodossi?

«A Ravenna le nostre delegazioni hanno lavorato come teologi. Non è un documento giuridico, è un testo che verrà ora pubblicato per essere sottomesso all´attenzione delle nostre Chiese in modo da avere tutti i suggerimenti necessari per approfondire il dialogo».

Da quanto il dialogo teologico cattolico-ortodossa era interrotto?

«Esattamente da dieci anni. Abbiamo ripreso a incontrarci nel 2006 a Belgrado e a Ravenna abbiamo redatto il documento, la cui introduzione sottolinea che dinanzi ai processi di secolarizzazione e globalizzazione e all´incontro dei cristiani con altre religioni è necessario che i discepoli di Cristo diano con "rinnovata urgenza" testimonianza di fede, amore e speranza».

Viene riconosciuto ufficialmente che il vescovo di Roma è il primo dei patriarchi.

«Tra le cinque sedi delle antiche Chiese - Roma, Costantinopoli, Gerusalemme, Antiochia e Alessandria - il patriarca di Roma era ed è considerato il primo. Ed è così, pur tenendo conto del costituirsi in tempi successivi di altri patriarcati ortodossi in Russia, Bulgaria e Serbia. Se si arriverà a definire come Roma possa giocare un ruolo quale prima fra tutte le sedi, sarà un passo storico. Ma certamente non potrà farlo come centro assoluto di amministrazione, che dirige tutti gli altri».

Qual è il punto più importante per le Chiese ortodosse?

«L´aver stabilito che la conciliarità è un principio condiviso da entrambe le Chiese. Nella tradizione ortodossa è il principio supremo».

Come spiegare questo concetto?

«È il valore fondamentale dello stare insieme nella Chiesa, del discutere insieme, del decidere insieme. Allo stesso tempo c´è accordo sul fatto che un concilio o un sinodo non è un semplice insieme di tanti, ma ha un primo, un capo, uno che dirige: ed è un vescovo, non un qualsiasi fedele».

La partenza polemica da Ravenna del rappresentante del patriarca Alessio II di Mosca avrà conseguenze negative sul dialogo ecumenico?

«Non credo affatto. Certo non è buona cosa l´assenza di una Chiesa. Vogliamo l´unità, vogliamo che si esprimano tutte le voci. Ma la cosa più importante è la continuazione del dialogo tra ortodossi e cattolici, un dialogo di amore e unità».

Possiamo definire un arco di tempo per questa nuova fase?

«Ora si tratta di studiare le prerogative di questo primo fra i patriarchi. Nel 2008 esamineremo i documenti relativi al primato per come è stato vissuto nel primo millennio dell´era cristiana. Poi nel 2009 la commissione mista si riunirà di nuovo».

E poi?

«Dopo si aprirà un altro biennio di approfondimento, durante il quale affronteremo la questione del primato nel secondo millennio cristiano. Insomma, abbiamo dinanzi a noi delle tappe di lavoro precise».

Prudente, in Vaticano, il cardinale Kasper mette la mani avanti.

Il documento, commenta, «è un primo passo importante, ma la strada verso la piena unità è ancora molto lunga». Alla riunione cardinalizia del 23 novembre, aggiunge, verranno trattati oltre ai rapporti con l´Ortodossia anche le relazioni con i protestanti.

© Copyright Repubblica, 15 novembre 2007

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