15 novembre 2007

Giacomo Samek Lodovici ricorda per Avvenire lo splendido discorso del Papa ai vescovi svizzeri (9 novembre 2006)


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MEMORIA DI UN DISCORSO SPLENDIDO DI BENEDETTO XVI

Lo conosciamo e ci conosce Questa è la vera festa

GIACOMO SAMEK LODOVICI

Secondo un’incomprensione ricorrente, il cristianesimo sarebbe solo un insieme di divieti, che impediscono all’uomo di cogliere le più intense soddisfazioni della vita.

Per contro, fin dalla Messa (il 24.04.05) di inizio del pontificato, Benedetto XVI ha insistito: «Chi fa entrare Cristo [nella propria vita] non perde nulla, nulla, assolutamente nulla di ciò che rende la vita libera, bella e grande». Il Papa lo aveva poi ribadito ai giovani della Gmg di Colonia: «La felicità che cercate, la felicità che avete il diritto di gustare, ha un nome, un volto: quello di Gesù di Nazareth […]. Solo lui dà pienezza di vita!».

Benedetto XVI ha insistito varie volte su questo concetto. Per esempio in un discorso (che, pur essendo un gioiello, è passato quasi inosservato) tenuto ai vescovi svizzeri il 9 novembre di un anno fa, in cui spiega che le norme morali vanno osservate e non le si può ignorare, ma il cristianesimo non è un moralismo bensì «è opera di grandezza».
In questo discorso il Papa unifica i due temi complementari sviluppati nell’enciclica, che verte su Dio come Amore, e nella lectio di Ratisbona, che verte su Dio come Logos, cioè Ragione. Sulla scorta di Agostino, Benedetto XVI dice: «Dio è Logos e Dio è Amore – fino al punto di farsi totalmente piccolo, di assumere un corpo umano e alla fine di darsi come pane nelle nostre mani». Anche alla Gmg il Papa aveva parlato dell’«inconcepibile grandezza di un Dio che si è abbassato fino al punto di mostrarsi nella mangiatoia e darsi come cibo sull’altare».
Ora – prosegue il Papa nel discorso ai vescovi che stiamo citando – «questi due aspetti del concetto cristiano di Dio dovremmo sempre tenere presenti e far presenti.
Dio è Spiritus creator, è Logos, è Ragione. E per questo la nostra fede è una cosa che ha a che fare con la ragione, può essere trasmessa mediante la ragione e non deve nascondersi davanti alla ragione ». Se si trascura questo aspetto di Dio, si cade negli errori del fideismo, che ignora il fecondo sostegno che la ragione può fornire alla fede, o nella guerra santa, che pretende di imporre la fede con la violenza.
Ma – aggiunge il Papa – questa Ragione eterna ed incommensurabi-le, non è soltanto una matematica dell’universo e ancora meno qualche prima causa che, dopo aver provocato il Big Bang, si è ritirata. Questa Ragione, invece, ha un cuore, tanto da poter rinunciare alla propria immensità e farsi carne» e «in ciò sta […] l’ultima e vera grandezza della nostra concezione di Dio». Infatti, «noi Lo conosciamo ed Egli conosce noi. E possiamo conoscerLo sempre meglio, se rimaniamo in colloquio con Lui».
Certo, la vita cristiana può essere difficile ed ardua, ma «questo intimo essere con Dio […] è ciò che sempre di nuovo ci fa sperimentare la grandezza del cristianesimo e ci aiuta poi anche ad attraversare tutte le piccolezze, tra le quali, certamente, esso deve poi essere vissuto e realizzato, giorno per giorno, soffrendo ed amando, nella gioia e nella tristezza». Ratzinger- Benedetto XVI lo ha ribadito anche nel suo Gesù di Nazareth (p.67), dove spiega che Gesù non ha portato la pace nel mondo, né il benessere per tutti. Dunque, che cosa ha portato? «La risposta è molto semplice: Dio. Ha portato Dio». […]
«Solo la nostra durezza di cuore ci fa ritenere che ciò sia poco». Il Papa aggiungeva ancora ai vescovi: «Nietzsche addirittura ha detto: Solo se Dio non esiste possiamo far festa. Ma ciò è un’assurdità: solo se Dio c’è ed Egli ci tocca, può esserci una vera festa».

© Copyright Avvenire, 14 novembre 2007

1 commento:

Luisa ha detto...

Il Santo Padre si era scusato presso i vescovi svizzeri per non aver avuto il tempo di preparare i suoi discorsi e si è rivolto a loro il 7 e il 9 novembre 2006 a braccio con due discorsi straordinari che ogni tanto rileggo.
Due perle del suo magistero che consiglio a tutti di rileggere, o per i più di leggere ,perchè effettivamente sono purtroppo passati inosservati.