14 novembre 2007

"Gesù di Nazaret": il commento di RomaSette sugli interventi di Ferrara, Ruini e Ravasi


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Nel libro del Papa il Gesù «reale»

di Angelo Zema

Un libro per «il mondo», che entra nel campo della cultura profana, nella fiducia che di Dio «si possa fare anche scienza». Un libro che propone il Gesù «reale», quello che è possibile avere mani nelle mani, cuore a cuore, perché la sua eternità ce lo fa incontrare sempre.
È il libro Gesù di Nazaret di Joseph Ratzinger-Benedetto XVI, come emerge dalla riflessione dell’arcivescovo Gianfranco Ravasi e del giornalista Giuliano Ferrara che, ieri sera, martedì 13 novembre, oltre cinquemila persone hanno potuto ascoltare nella basilica di San Giovanni in Laterano gremita come non accadeva da anni.
«Serata straordinaria», commenta il cardinale vicario Camillo Ruini nel concludere l’incontro, dopo i due applauditi interventi. Ritorno, quindi, di successo per i “Dialoghi in cattedrale”, su un tema - l’approfondimento sul libro del Papa dedicato a Gesù - che, come noto, è tra le priorità del programma pastorale diocesano. Lo ricorda il cardinale Ruini, che indica l’intenzione fondamentale di Benedetto XVI nel «mostrare l’identità tra il Gesù della storia e il Cristo della fede della Chiesa. Questa unità è pietra angolare del cattolicesimo e di ogni cristianesimo che intenda essere "cristianesimo credente"».

Ferrara, direttore del quotidiano Il Foglio, evidenzia l’ottimismo di Benedetto XVI, la fiducia nella sua relazione con il mondo, in un contesto in cui la ragione e la fede «vivono vite separate», in cui uomini e donne «vivono nel crepuscolo del razionalismo e nella notte del relativismo».
«La ragione come criterio autosufficiente della storia - osserva Ferrara - è ancora la regina della vita pubblica», mentre la fede «è considerata con atteggiamento guardingo, quando non irridente e sussiegoso». A questa visione, incalza il giornalista, si legano quei dogmi laicisti che derivano da una lettura contraddittoria, banalizzata, non convincente dei Vangeli. Qualche esempio? «Accettare Gesù come uomo e negare la possibilità messianica dell’incarnazione; accettare il carisma morale dei Vangeli e negare il loro mistero, la risurrezione; accettare la storia cristiana come passato letto alla luce del fuggevole presente e negare la memoria cristiana». È quel laicismo «programmatico e dogmatico», aggiunge Ferrara, che vuole «confinare la fede nel privato», che ritiene «il dubbio sistematico l’unica verità possibile» e «considera oscurantista la confessione pubblica della fede» e «specialmente l’argomentazione razionale che accetta l’orizzonte del mistero e lo scruta come un limite insuperato e forse insuperabile».

Proprio su questo orizzonte, sostiene il direttore de Il Foglio, si innesta il punto cruciale da affrontare nella lettura del libro del Papa, che «chiede un anticipo di simpatia» a chi vi si accosta. «Non è solo un libro ecclesiale, un manifesto di carità e di amore, una nuova testimonianza di fede. È un libro che propone un metodo per leggere della Scrittura, nella fiducia che l’inafferrabilità del divino, la sua alterità e lontananza, possano essere, se non conosciute, almeno dette, scrutate, indagate, trasmesse». Una fiducia che personalmente Ferrara ripaga concludendo con il suo «credo» di «laico» che ama e rispetta la fede degli altri, e riconosce il limite della ragione. «Credo che l’altro o la persona umana, o anche il suo progetto o ricordo sia titolare di diritti che sono al tempo stesso i doveri. Credo che non tutto sia negoziabile e relativo».

Il passaggio da questo «"credo" laico» alla riflessione del credente porta ad un originale itinerario, relativo al Gesù «reale». È questo l’aggettivo su cui insiste l’arcivescovo Ravasi, presidente del pontificio Consiglio della Cultura, partendo da una frase di Benedetto XVI contenuta nel libro su “Gesù di Nazaret”. Dove «reale» non è sinonimo di «storico». «Abbiamo bisogno - spiega il presule, già protagonista di uno dei “Dialoghi in cattedrale” - non solo del metodo storico-critico ma anche di quelli teologico e mistico». Due le componenti di questo Gesù «reale» che monsignor Ravasi analizza, attraverso due metafore, il luogo e il tempo. Quanto al primo, indica «un orizzonte indispensabile, la relazione unica di Cristo con il Padre. Il luogo è il mistero di comunione con il Padre. La condizione di figlio è il cuore della coscienza di Cristo». Quanto invece al tempo, l’arcivescovo sottolinea che «il tempo di Gesù non è solo quello storico. C’è in lui un’altra unità di misura che va oltre la cronologia. Eterno e storia si uniscono in Lui. Proprio perché ha di fronte a sé il tempo dell’eterno, Gesù può essere nostro contemporaneo. I credenti autentici possono avere con Lui per questo motivo un amore viscerale, ma la sua figura parla anche a coloro che sono seriamente in ricerca. C’è chi lo sente contemporaneo tanto da amarlo da sempre, condividendone la croce nella vita di ogni giorno».

© Copyright RomaSette, 14 novembre 2007

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