21 dicembre 2007
Rondoni (Avvenire): la svolta attesa di Sarkozy, M. Le President
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Il segno è di quelli che restano. Le parole sono di quelle che fanno stringere gli occhi per vedere se si è capito davvero bene. Insomma, il colpo è arrivato, e forte. Monsieur le President era giunto in una soffusa nebulosa di gossip e di mezzi sorrisi. Avrà la testa altrove. Si sa, gli innamorati sono distratti… Nicholas Sarkozy ha dato l’idea invece di essere molto concentrato. E il discorso in San Giovanni in Laterano ha il sapore di svolta epocale. D’ora in poi, la parola laicità prenderà un nuovo significato. Finalmente libero da odiose e gravi contrapposizioni con la parola 'religioso'. D’ora in poi chi userà il termine laicità opposto a religiosità si qualificherà come un appartenente al passato. Ad una archeologia del pensiero, ad una mummificazione. Al museo delle cere. Quello di Sarkozy non è stato il discorso di un filosofo, o di un sociologo. Non ha trattato il tema della laicità come se fosse un tema da dibattito filosofico. Per la sua svolta, non ha inventato nulla. Inventare non è mestiere dei presidenti. Semmai i buoni presidenti ascoltano, osservano quello che si muove nelle pagine dei filosofi e nelle chiacchiere al mercato. Ed egli ha per così dire raccolto le tante riflessioni di filosofi, poeti, sociologi, taluni dei quali francesi, che hanno aperto la strada. Quello di ieri in San Giovanni è stato un discorso importante proprio perché è il discorso di un capo politico di stampo nuovo. Cioè di uno che legge la realtà sociale nel suo complesso, per interpretarne le forze positive e quelle disgreganti. Ha ripercorso la storia di Francia, il legame «essenziale» con la Chiesa, ha elencato i tanti francesi che al cattolicesimo han dato molto. E poi ha letto il presente. Dialogando con la recente enciclica di Papa Benedetto XVI sulla speranza, ha insistito sul fatto che la ricerca di un senso per l’esistenza è una questione presente in tutte le civiltà. E che nessun acquisto sociale, scientifico o morale soddisfa quella sete umana.
La «laicità positiva» di Sarkozy affonda le radici in tale considerazione della natura umana come domanda sul senso dell’esistenza. Perciò la laicità non può più considerare la religiosità come «un pericolo» ma come «un aiuto». Si tratta dunque di «facilitare la vita quotidiana delle grandi correnti spirituali piuttosto che cercare di complicarla». Senza giri di parole, il presidente ha indicato un presente in cui il «deserto spirituale» non ha reso «i francesi più felici». È una evidenza, ha detto Sarkozy. In tale deserto, senza cedere sul rispetto della libertà di credere o no, il presidente riconosce che «un uomo che crede è uno uomo che spera». E di tale speranza la Francia ha drammaticamente bisogno. Le sue banlieues come i suoi cortili signorili. In politica, monsieur Sarkozy non è un avventuriero. Ha indicato anche i metodi e i campi in cui tale «laicità positiva» trova espressione: dalla libertà di educazione ai rapporti istituzionali con le varie confessioni religiose, dal riconoscimento del valore sociale dell’azione caritativa, sino ai problemi della formazione teologica. E con realismo ha fatto menzione delle critiche e delle tensioni che ci sono su queste faccende. Ma le ha considerate come rigidità del passato, mentre ha il sapore del futuro l’appello a che i cattolici del suo Paese siano testimoni della loro speranza.
Al termine il presidente ha ripetuto il concetto a lui caro: la frontiera tra fede e noncredenza non passa in una divisione 'politica' o civile tra coloro che credono e coloro che non credono.
Ma fede e interrogazione sull’essenziale sono le esperienze che segnano l’animo di ogni uomo. La «laicità positiva» di Sarkozy non è una formula magica, e non mancheranno reazioni, anche tra i nostri laicisti in servizio permanente effettivo. Ma questo modo di intendere il legame tra stato laico e fenomeno religioso assicura un maggiore spazio alla speranza. Maggiore responsabilità in una maggiore allegria.
Era un poeta francese a dire: se volete sapere cosa è un popolo cristiano guardate il suo contrario. E il contrario di un popolo cristiano è un popolo triste.
© Copyright Avvenire, 21 dicembre 2007
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