21 dicembre 2007

Rondoni (Avvenire): la svolta attesa di Sarkozy, M. Le President


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DAVIDE RONDONI

Il segno è di quelli che restano. Le paro­le sono di quelle che fanno stringere gli occhi per vedere se si è capito davvero be­ne. Insomma, il colpo è arrivato, e forte. Monsieur le President era giunto in una soffusa nebulosa di gossip e di mezzi sor­risi. Avrà la testa altrove. Si sa, gli innamo­rati sono distratti… Nicholas Sarkozy ha dato l’idea invece di essere molto con­centrato. E il discorso in San Giovanni in Laterano ha il sapore di svolta epocale. D’ora in poi, la parola laicità prenderà un nuovo significato. Finalmente libero da o­diose e gravi contrapposizioni con la pa­rola 'religioso'. D’ora in poi chi userà il termine laicità opposto a religiosità si qua­lificherà come un appartenente al passa­to. Ad una archeologia del pensiero, ad u­na mummificazione. Al museo delle cere. Quello di Sarkozy non è stato il discorso di un filosofo, o di un sociologo. Non ha trattato il tema della laicità come se fosse un tema da dibattito filosofico. Per la sua svolta, non ha inventato nulla. Inventare non è mestiere dei presidenti. Semmai i buoni presidenti ascoltano, osservano quello che si muove nelle pagine dei filo­sofi e nelle chiacchiere al mercato. Ed e­gli ha per così dire raccolto le tante rifles­sioni di filosofi, poeti, sociologi, taluni dei quali francesi, che hanno aperto la stra­da. Quello di ieri in San Giovanni è stato un discorso importante proprio perché è il discorso di un capo politico di stampo nuovo. Cioè di uno che legge la realtà so­ciale nel suo complesso, per interpretar­ne le forze positive e quelle disgreganti. Ha ripercorso la storia di Francia, il lega­me «essenziale» con la Chiesa, ha elenca­to i tanti francesi che al cattolicesimo han dato molto. E poi ha letto il presente. Dia­logando con la recente enciclica di Papa Benedetto XVI sulla speranza, ha insisti­to sul fatto che la ricerca di un senso per l’esistenza è una questione presente in tutte le civiltà. E che nessun acquisto so­ciale, scientifico o morale soddisfa quella sete umana.
La «laicità positiva» di Sarkozy affonda le radici in tale considerazione della natura umana come domanda sul senso dell’esistenza. Perciò la laicità non può più con­siderare la religiosità come «un pericolo» ma come «un aiuto». Si tratta dunque di «facilitare la vita quotidiana delle grandi correnti spirituali piuttosto che cercare di complicarla». Senza giri di parole, il presi­dente ha indicato un presente in cui il «de­serto spirituale» non ha reso «i francesi più felici». È una evidenza, ha detto Sarkozy. In tale deserto, senza cedere sul rispetto della libertà di credere o no, il presidente riconosce che «un uomo che crede è uno uomo che spera». E di tale speranza la Francia ha drammaticamente bisogno. Le sue banlieues come i suoi cortili signorili. In politica, monsieur Sarkozy non è un avventuriero. Ha indicato anche i meto­di e i campi in cui tale «laicità positiva» trova espressione: dalla libertà di educa­zione ai rapporti istituzionali con le va­rie confessioni religiose, dal riconosci­mento del valore sociale dell’azione ca­ritativa, sino ai problemi della formazio­ne teologica. E con realismo ha fatto menzione delle critiche e delle tensioni che ci sono su queste faccende. Ma le ha considerate come rigidità del passato, mentre ha il sapore del futuro l’appello a che i cattolici del suo Paese siano testi­moni della loro speranza.
Al termine il presidente ha ripetuto il con­cetto a lui caro: la frontiera tra fede e non­credenza non passa in una divisione 'po­litica' o civile tra coloro che credono e co­loro che non credono.

Ma fede e interro­gazione sull’essenziale sono le esperien­ze che segnano l’animo di ogni uomo. La «laicità positiva» di Sarkozy non è una for­mula magica, e non mancheranno rea­zioni, anche tra i nostri laicisti in servizio permanente effettivo. Ma questo modo di intendere il legame tra stato laico e feno­meno religioso assicura un maggiore spa­zio alla speranza. Maggiore responsabilità in una maggiore allegria.

Era un poeta francese a dire: se volete sa­pere cosa è un popolo cristiano guardate il suo contrario. E il contrario di un popo­lo cristiano è un popolo triste.

© Copyright Avvenire, 21 dicembre 2007

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