4 dicembre 2007
"Spe salvi", il Papa: «Avvento, tempo della speranza»
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Benedetto XVI: «Avvento, tempo della speranza»
DA ROMA MIMMO MUOLO
La speranza «è indelebilmente scritta nel cuore dell’uomo». E a scriverla è stato Dio stesso. Quel Dio che ha il volto di Gesù Cristo. Perciò non bisogna mai arrendersi al nichilismo che vuole «corroderla», affermando che prima della nascita e dopo la morte non c’è nulla. E per questo l’Avvento, il periodo dedicato all’attesa della nascita di Gesù «è, per eccellenza, il tempo della speranza».
Nei primi vespri della prima domenica del periodo che precede il Natale il Papa torna sul tema della sua seconda enciclica, la Spe salvi, pubblicata venerdì, e ne offre egli stesso una chiave di lettura autentica. «Sono lieto di offrirla idealmente a tutta la Chiesa in questa prima domenica di Avvento – afferma all’omelia della celebrazione liturgica che si tiene nella Basilica di San Pietro – affinché, durante la preparazione al Santo Natale, le comunità e i singoli fedeli possano leggerla e meditarla, per riscoprire la bellezza e la profondità della speranza cristiana».
Le quattro settimane che ci apprestiamo a trascorrere sono, infatti, ricorda il Pontefice, «un tempo favorevole alla riscoperta di una speranza non vaga e illusoria, ma certa e affidabile, perché 'ancorata' in Cristo, Dio fatto uomo, roccia della nostra salvezza».
Benedetto XVI non minimizza, però, le difficoltà che i cristiani devono affrontare oggi, per vivere e testimoniare questa speranza. Difficoltà che traggono alimento da un clima culturale non dissimile da quello in cui si trovavano le prime comunità apostoliche. Il Papa parla apertamente di «paganesimo dei nostri giorni», in particolare per quanto riguarda il «nichilismo con- Nei Vespri della prima domenica del tempo che prepara al Natale, il Papa ha citato la nuova enciclica: «Senza Dio tutto perde di spessore» temporaneo che – sottolinea – corrode la speranza nel cuore dell’uomo, inducendolo a pensare che dentro di lui e intorno a lui regni il nulla: nulla prima della nascita, nulla dopo la morte. In realtà, se manca Dio, viene meno la speranza. Tutto perde di 'spessore'. È come se venisse a mancare la dimensione della profondità ed ogni cosa si appiattisse, privata del suo rilievo simbolico, della sua 'sporgenza' rispetto alla mera materialità ». In sostanza, prosegue il Pontefice, «è in gioco il rapporto tra l’esistenza qui ed ora e ciò che chiamiamo 'aldilà': esso non è un luogo dove finiremo dopo la morte, è invece la realtà di Dio, la pienezza della vita a cui ogni essere umano è, per così dire, proteso. A questa attesa dell’uomo Dio ha risposto in Cristo con il dono della speranza».
L’Avvento si spiega anche alla luce di tutto ciò. «L’uomo – ricorda Benedetto XVI – è l’unica creatura libera di dire di sì o di no all’eternità, cioè a Dio. L’essere umano può spegnere in se stesso la speranza eliminando Dio dalla propria vita». «Come può avvenire questo?», si chiede il Papa . E la risposta è che «Dio conosce il cuore dell’uomo. Sa che chi lo rifiuta non ha conosciuto il suo vero volto, e per questo non cessa di bussare alla nostra porta, come umile pellegrino in cerca di accoglienza. Ecco perché il Signore concede nuovo tempo all’umanità: affinché tutti possano arrivare a conoscerlo ». Dunque il nuovo anno liturgico che inizia oggi è «un dono di Dio, il quale vuole nuovamente rivelarsi nel mistero di Cristo, mediante la Parola e i Sacramenti». «All’umanità che non ha più tempo per Lui, Dio offre altro tempo, un nuovo spazio per rientrare in se stessa, per rimettersi in cammino, per ritrovare il senso della speranza».
L’iniziativa perciò è sempre di Dio. «La nostra speranza è sempre preceduta dall’attesa che Egli coltiva nei nostri confronti». «Ogni bambino che nasce è segno della fiducia di Dio nell’uomo ed è conferma, almeno implicita, della speranza che l’uomo nutre in un futuro aperto sull’eterno di Dio». Allo stesso modo sono segni di speranza «le fatiche degli umili e dei piccoli», i quali «si impegnano ogni giorno a fare del loro meglio, a compiere quel poco di bene che però agli occhi di Dio è tanto: in famiglia, nel posto di lavoro, a scuola, nei diversi ambiti della società».
© Copyright Avvenire, 2 dicembre 2007
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