22 aprile 2008
Parla il presidente della Commissione Usa per la libertà religiosa: «Le parole del Papa, un contributo prezioso al dialogo»
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«Le sue parole, un contributo prezioso al dialogo»
Parla il presidente della Commissione Usa per la libertà religiosa: «Un dono per il dibattito ecumenico e tra le fedi»
Elena Molinari
DA NEW YORK
Gli effetti della presenza del Papa negli Stati Uniti si faranno sentire ben oltre la sua partenza. I suoi gesti e le sue parole daranno infatti una spinta al dialogo, sia ecumenico che interreligioso.
Ne è convinto Michael Cromartie, presidente della Commissione per la libertà religiosa internazionale della Casa Bianca e vicepresidente del Centro per l’etica e la politica pubblica di Washington.
Professor Cromartie, su cosa si fonda il dialogo ecumenico negli Stati Uniti?
È un dialogo molto vivace che è stato rinnovato negli ultimi decenni dalla comune preoccupazione per i valori morali che uniscono tutte le Chiese cristiane e dalla necessità di rimanere unite di fronte agli attacchi che la loro comune etica sta subendo. Il richiamo del Papa a tornare alla radice della fede cristiana e al dovere di testimoniarla sempre e comunque in società non può che approfondire questa collaborazione. La comunità cristiana non cattolica americana ha grande rispetto per questo Papa.
Non vede dunque tracce del vecchio sentimento anti-cattolico negli Usa?
C’è ancora qualche stralcio di anticattolicesimo in alcuni ambienti, ma è quasi del tutto scomparso. Oggi il sentimento che domina l’atteggiamento delle diverse confessioni protestanti è rispetto o almeno benevola tolleranza per la Chiesa cattolica, che è una forza viva e presente in America.
Il Papa a Washington ha anche incontrato i rappresentati di altre fedi. Come crede che la sua visita negli Usa sia stata letta dai leader spirituali impegnati nel dialogo interreligioso?
Negli Usa è particolarmente intenso – molto più che in Europa – il dialogo fra cristiani e musulmani, spinto dalla veloce crescita della popolazione islamica nel Paese. La visita del Papa di certo costituisce un’occasione per rinvigorirlo, ma sempre nella direzione della ricerca di una comprensione reciproca più che degli elementi in comune.
Benedetto XVI durante questo viaggio ha insistito sul tema della libertà religiosa. È un tema vivo all’interno del dialogo fra le fedi negli Usa?
Potrebbe esserlo ancora di più dopo questa visita. Almeno quello è stato l’intento del Papa.
Benedetto XVI è molto aperto e diretto nell’esigere che ogni forma di dialogo si basi sul rispetto della libertà religiosa dell’altro. Ad esempio, se il mondo cattolico è abbastanza aperto da permettere la costruzione di una moschea a Roma, perché non ci può essere spazio per una Chiesa cattolica in Arabia Saudita? Questo è il tipo di sfida che questo Papa non è timido nel porre. Non si ritrae mai dal tornare al nocciolo della questione dei contatti islamo- cristiani, che è la necessità dell’islam di permettere maggior pluralismo religioso.
Cosa crede che il Papa abbia trovato nella società americana e nel suo rapporto con la religione che non è presente in Europa?
Di certo ha trovato una comunità religiosa molto vivace, che rappresenta un bastione solido contro la diffusione della secolarizzazione. La convivenza di moderno e religioso che si vede in America è unica nel mondo, e sono certo che Benedetto XVI fosse interessato a osservarla da vicino. È una società dove la modernità, se da un lato ha portato secolarizzazione, dall’altro ha spinto sempre più gente a porsi le domande fondamentali della vita e a cercarne la risposta nella propria fede. E dove la separazione fra Stato e Chiesa ha fatto bene alla Chiesa, permettendole di crescere libera dalle imposizioni governative ma tutelata dalle leggi sulla libertà di culto.
© Copyright Avvenire, 22 aprile 2008
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