21 aprile 2008
Viaggio del Santo Padre negli Usa: il commento di padre Federico Lombardi (Radio Vaticana)
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La visita del Papa porterà beneficio alla Chiesa e alla società americana: padre Federico Lombardi traccia un bilancio del viaggio negli Stati Uniti
Libertà, verità, pace, diritti umani: tante le chiavi di lettura del viaggio apostolico di Benedetto XVI. Tutte però accomunate dalla speranza evangelica, tema della visita pastorale in terra americana. A sottolinearlo, all’indomani della conclusione del viaggio, è il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, e nostro direttore generale, padre Federico Lombardi, intervistato da Alessandro Gisotti:
R. – Io ricorderei che il Papa nel suo messaggio che ha rivolto agli americani una settimana prima di partire sottolineava che il tema di questo viaggio è “Cristo, nostra speranza”. E questo voleva essere proprio il tema unificatore dei tanti messaggi, che in direzioni diverse, avrebbe cercato di dare sia al popolo americano, sia alla Chiesa cattolica negli Stati Uniti d’America, sia a tutte le nazioni anche nella grande Assemblea dell’ONU. Io ho veramente l’impressione che questo sia stato raggiunto e che sia stato cioè un viaggio di annuncio di speranza per tutti: di annuncio di speranza per una grande nazione, che deve avere la dignità e il senso della grandezza della sua vocazione nel mondo di oggi; di una Chiesa che ha vissuto anche un periodo particolarmente travagliato negli anni recenti e che aveva, quindi, molto bisogno di essere riconfortata e rilanciata verso l’avvenire, anch’essa con la consapevolezza delle sue possibilità e della sua responsabilità nell’ambito della Chiesa universale; e, infine, le Nazioni Unite e cioè tutti i popoli del mondo che hanno riflettuto - in questa circostanza straordinaria del 60.mo della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo - sui quali sono i veri fondamenti per costruire il futuro e, quindi, anche in questo caso per guardare in avanti. Cristo aiuta ad avere quella visione dell’uomo, del suo destino, della realtà della persona umana che permette di costruire su dei fondamenti solidi l’avvenire dell’umanità.
D. – Ha destato ammirazione la chiarezza con cui il Papa ha parlato alla Chiesa e alla società americana, affrontando anche argomenti difficili come appunto lo scandalo della pedofilia e facendolo con coraggio. Quali frutti ci si può aspettare da questo stile mite e fermo del Santo Padre?
R. – Mi pare proprio che il Papa abbia usato il suo modo di affrontare i problemi e cioè una grande lealtà, senza sfuggire mai di fronte alle difficoltà, ma guardandole anzi davanti a sé e con grande lucidità, onesta e chiarezza di coscienza. Questo egli ha fatto guardando al problema che la Chiesa negli Stati Uniti ha affrontato e guardandovi con grande lealtà, con senso anche di riconoscimento della colpa, ma anche di impegno per guarire le ferite e per usare nel futuro quella responsabilità che è necessaria, perchè questi fatti così gravi non si verifichino mai più. Questo, però, è un elemento che è stato inserito nel discorso di Benedetto XVI alla Chiesa americana in un contesto molto ampio, per cui quello che è stato annunciato è il dovere di presentare il messaggio di Cristo integralmente nella società di oggi, ritrovare la bellezza e la grandezza della vocazione educativa della Chiesa. C’è stato un grande discorso di Benedetto XVI all'Università cattolica. Quello che i cattolici americani hanno fatto nel campo dell’educazione e della cultura è qualcosa di assolutamente straordinario. Dobbiamo ricordarlo veramente bene, perchè probabilmente non c’è un’altra nazione in cui sia stato fatto tanto dalla Chiesa per la cultura del popolo non solo cattolico, ma di tutti. Questo è stato visto e rilanciato dal Papa con grande fiducia nel futuro. Il Papa ha anche ricordato i meriti dei cattolici americani nella solidarietà verso i poveri, verso gli altri popoli, verso tutti coloro che hanno bisogno. Questo, certamente, ha invitato ad avere quella visione positiva della Chiesa, che - nella sua omelia nella cattedrale di St. Patrick – è stata espressa con una immagine molto bella: “Le vetrate della chiesa si illuminano e chi vive dall’interno l’esperienza di essere Chiesa ne comprende la bellezza, la grandezza, e ringrazia il Signore di essere chiamato a far parte di questa Chiesa. Anche nei discorsi ai giovani il Papa ha saputo suscitare un grande entusiasmo ed ha saputo presentare la positività e la bellezza della vocazione cristiana. Mi pare, quindi, che abbia veramente aiutato la Chiesa americana a chiudere una pagina – diciamolo pure – di vergogna, perchè questa è la parola che il Papa stesso ha usato, e di dolore per delle colpe e delle responsabilità gravi del passato, anche se compiuto da un piccolo numero rispetto al gran numero dei sacerdoti della Chiesa cattolica americana. Certamente però dopo un tempo difficile, che nella carità, nel risanamento delle ferite del passato - sia per le vittime, sia per le responsabilità e la ferita che ha sentito il corpo della Chiesa in se stessa - può ora guardare con grande fiducia al futuro, sapendo che c’è un perdono, c’è una riconciliazione, c’è una capacità di continuare a vivere la vocazione cristiana e con grande positività.
D. – Il Papa ha conquistato il cuore degli americani non solo dei cattolici, parlando dei suoi valori fondanti, quelli che per generazioni l’hanno resa una meta di speranza. Questo viaggio può aiutare l’America a riflettere sul ruolo che oggi ha nel mondo?
R. – Certamente. Il Papa ha usato una pedagogia classica dei Papi, anche già del suo predecessore, nel parlare con autorità ad un popolo intero, aiutandolo ad identificare le sue radici e i suoi valori, la sua vocazione storica. Il Papa ha parlato al popolo americano delle sue caratteristiche di convivenza fra tanti popoli di cultura e di credenza differenti, nel costruire insieme, nella libertà e nella democrazia, una grande comunità umana, che può anche diventare per l’umanità stessa un messaggio di pace, di riconciliazione, di convivenza – appunto - nella libertà, in una libertà che è fondata anche esplicitamente sul riconoscere Dio, Dio Creatore e quindi i valori essenziali della persona umana, come immagine di Dio. Questo il Papa lo ha colto e lo ha detto in modo molto esplicito e gli americani si sono sentiti capiti, riconosciuti nel loro valore storico e nei loro aspetti – diciamo pure – migliori. Questo certamente è un grande beneficio. Anche le autorità massime degli Stati Uniti - il presidente Bush così come il presidente Cheney nel discorso finale - hanno riconosciuto al Papa questa capacità di evocare gli aspetti positivi del popolo e di dare ad esso un grande messaggio. Quando ieri sera ascoltavo il discorso conclusivo di Cheney, sentivo americani intorno a me che dicevano: delle parole così elogiative, così importanti da parte di una delle massime autorità del nostro Paese verso il capo della Chiesa cattolica è un qualcosa che fino a qualche anno fa non ci saremmo neppure potuti immaginare. Questo vuol dire che il popolo, in tutti i suoi aspetti e quindi anche attraverso i suoi responsabili, riconosce che la Chiesa cattolica e il Papa sono interlocutori degni ed efficaci, che aiutano a trovare il meglio dello stesso popolo americano.
D. – Da ultimo, un viaggio – come lei ben sa – si può raccontare anche e soprattutto per immagini. Sicuramente il Papa che prega a Ground Zero rimarrà indelebile nella memoria di ciascuno di noi e in particolare dei cittadini americani e di New York. Quale il significato più profondo di questo evento, al di là delle emozioni?
R. – Il Papa è andato a pregare. Non ha fatto dei grandi discorsi a Ground Zero. E’ andato a meditare e con questo ci ha invitato tutti a continuare a riflettere su questo mistero, che è l’evento dell’11 settembre. E’ il mistero del male che si manifesta con una incomprensibile aggressività e violenza nella nostra storia, ai nostri giorni. Questo male omicida che uccide migliaia di innocenti, senza preoccuparsi anzi – in un certo senso – cercando proprio questo per riuscire ad affermare il suo posto nella nostra vita, turbarla e sconvolgerla. Ricordarsi di questo, ma ricordarsi allo stesso tempo che Ground Zero è stata una occasione in cui è venuto fuori anche il meglio, il più bello della solidarietà per chi stava soffrendo. Sono rimasto colpito, perchè io non mi ero reso conto che più di 400 persone, sui quasi 3 mila morti, sono soccorritori. Sono morti più di 340 pompieri in questo evento. Allora si è unito alla morte dell’innocente il sacrificio di colui che dava la vita per aiutarlo. Questo non lo dobbiamo dimenticare. Questo rappresenta l’elemento di speranza che è insito in questo drammatico e tragico evento e quello che ci fa guardare avanti o meglio ci dà il punto di appoggio per guardare avanti, dicendo: “Non c’è solo il male, ma c’è anche il bene!”. E’ con questo atteggiamento che noi dobbiamo guardare avanti e non lasciarci turbare e spaventare troppo, continuando a cercare di costruire una società migliore e sulla base di quei principi che il Papa ha ricordato alle Nazioni Unite e, quindi, la dignità della persona umana, il riconoscimento di Dio Creatore e tutti quei principi che Cristo, nostra speranza, ci aiuta a vedere. Anche la meditazione quindi di questo evento drammatico, ma molto caratteristico della nostra storia di questi giorni, mi pare che venga ricondotto in questo viaggio del Papa al tema della speranza. Realismo nel guardare e nel vedere la presenza del male, ma speranza nel sapere che non ha l’ultima parola e che c’è un amore che ci permette di ricominciare e di ricostruire.
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