21 luglio 2008
Monito del Papa, «sofferente per le vittime»: I preti pedofili «siano giudicati» (Mazza). I seminaristi: «Non c’è ragione per non parlarne» (Viana)
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I preti pedofili «siano giudicati»
Monito del Papa, «sofferente per le vittime»
Nell’omelia a St. Mary, da Benedetto XVI condanna «inequivocabile» dei «misfatti, che costituiscono un così grave tradimento della fiducia» e che danneggiano la Chiesa
Salvatore Mazza
Sotto la volta della Cattedrale di St. Mary i vescovi dell’Australia, i preti, i seminaristi, i novizi e le novizie ascoltano in silenzio le parole del Papa.
Parla della missione dei consacrati, di fronte a «un mondo che vuole mettere Dio da parte».
Ricorda la storia di questa coraggiosa, giovane Chiesa, e invita a guardare con speranza al futuro.
Ma, di questo, fa parte anche la netta, «inequivocabile» condanna degli abusi sessuali commessi da «alcuni sacerdoti o religiosi».
«Misfatti» per i quali esprime il proprio dolore solidarizzando con le vittime e i cui responsabili «devono essere portati davanti alla giustizia». Un discorso che non lascia spazio a dubbi o a interpretazioni.
«Parole molto importanti», le ha definite il direttore della Sala stampa vaticana, padre Federico Lombardi; sulla linea di quelle pronunciate lo scorso aprile negli Stati Uniti, davanti a una Chiesa anch’essa attraversata da uno scandalo analogo, anche se di ben più ampie proporzioni rispetto a quelle australiane, a dimostrare la volontà del Papa «di stare dalla parte delle vittime».
E «significativa», per Lombardi, è stata anche l’aggiunta al testo originariamente distribuito con la quale Benedetto XVI ha espresso la sua solidarietà alle vittime, perché in tal modo ha voluto «sottolineare personalmente la propria vicinanza».
«Desidero qui fare una pausa – ha detto il Papa durante la Messa nella Cattedrale di Sydney, durante la quale è stato dedicato il nuovo altare – per riconoscere la vergogna che tutti abbiamo sentito a seguito degli abusi sessuali sui minori da parte di alcuni sacerdoti o religiosi in questa nazione».
«Davvero sono profondamente dispiaciuto e sofferente – queste le parole aggiunte dal Pontefice – per il dolore e la sofferenza che le vittime hanno patito e assicuro loro che come loro pastore anche io condivido la loro sofferenza» (tuttavia, alcuni gruppi di sostegno alle persone abusate da esponenti del clero hanno respinto come «prive di significato» e «lontane» le parole di Benedetto XVI e lo hanno esortato a chiedere scusa direttamente ai singoli).
«Questi misfatti – ha quindi detto il Papa riprendendo il discorso –, che costituiscono un così grave tradimento della fiducia, devono essere condannati in modo inequivocabile. Essi hanno causato grande dolore e hanno danneggiato la testimonianza della Chiesa. Chiedo a tutti voi di sostenere e assistere i vostri vescovi e di collaborare con loro per combattere questo male. Le vittime devono ricevere compassione e cura e i responsabili di questi mali devono essere portati davanti alla giustizia».
È la prima volta che quest’ultima affermazione viene fatta in un discorso ufficiale, ma non si tratta di un pronunciamento 'nuovo' rispetto a quello che dev’essere l’atteggiamento della Chiesa di fronte a fatti del genere, secondo quanto dettato da una 'prassi' di collaborazione con la giustizia ordinaria rinsaldatasi dopo la pubblicazione del motu proprio del 10 gennaio 2002 Sacramentorum sanctitatis tutela, riguardante le norme sui delitti più gravi riservati alla Congregazione per la dottrina della fede. Al suo arrivo nella Cattedrale, ieri mattina, Benedetto XVI era stato accolto dai saluti rivoltigli dal cardinale George Pell, arcivescovo di Sydney, da un religioso e da una religiosa, davanti ai circa tremila presenti tra i quali, ha sottolineato Pell, «tanti giovani seminaristi e membri di ordini religiosi».
«Preghiamo – ha aggiunto il porporato – affinché le generazioni future che passeranno accanto a questo magnifico edificio, sia che ne odano le campane o anche solo che ne scorgano l’imponente sagoma, si rendano conto che l’esistenza di questa Cattedrale è proprio ciò che sull’altare si celebra», in quanto, come l’intera Chiesa, essa «trae la sua stessa vita e la sua stessa missione dal sacrificio santo della Messa».
Nella sua omelia, Benedetto XVI ha anche osservato come «nonostante siamo stati consacrati, messi 'a parte' per il servizio di Dio e l’edificazione del suo regno», troppo spesso «ci ritroviamo immersi in un mondo che vorrebbe mettere Dio 'da parte'».
Oggi, «nel nome della libertà e autonomia umane, il nome di Dio viene oltrepassato in silenzio, la religione è ridotta a devozione personale e la fede viene scansata nella pubblica piazza». Una mentalità che può condizionare anche i fedeli per cui «anche noi possiamo essere tentati di ridurre la vita di fede a una questione di semplice sentimento». «Tuttavia la storia, inclusa quella del nostro tempo – ha detto Papa Ratzinger –, ci dimostra che la questione di Dio non può mai essere messa a tacere, come pure che l’indifferenza alla dimensione religiosa dell’esistenza umana in ultima analisi diminuisce e tradisce l’uomo stesso». In Cristo, infatti, «giungiamo a comprendere la grandezza della nostra stessa umanità, il mistero della nostra vita sulla terra e il sublime destino che ci attende in cielo».
© Copyright Avvenire, 20 luglio 2008
i seminaristi
«Non c’è ragione per non parlarne»
DAL NOSTRO INVIATO A SYDNEY
PAOLO VIANA
«È un tema pubblico, non c’è ragione per non parlarne».
I seminaristi australiani escono visibilmente rassicurati dalla cattedrale di St. Mary. Le parole del Papa sono state durissime con chi, nel clero, si macchia di reati sessuali e paterne nei confronti delle vittime: la linea è la stessa che fu applicata al caso americano, ma i toni sono particolarmente decisi, «sia quando il Santo Padre – spiega Peter Zwaans, 27 anni, della diocesi di Adelaide – riafferma che l’abuso sessuale come gli altri scandali non hanno alcuno spazio nella Chiesa cattolica, sia quando esprime il suo dolore, che è quello di noi tutti, per le vittime dei casi avvenuti in passato».
Il passato però ritorna e fa male a Paul Nulley, ventenne futuro prete di Canberra: «Si polemizza sempre su vecchi casi. Pochi sanno che nei Seminari siamo seguiti da uno psicologo specializzato nei problemi sessuali, il direttore spirituale dedica grande attenzione a questi aspetti e poi c’è il 'companion', una nuova figura dello staff che tiene sotto controllo la situazione personale del seminarista, dalla dieta al tempo di riposo, discorre con lui, esamina il suo stile di vita».
Secondo Jerope Santamaria, 29 anni, seminarista a Melbourne, « il messaggio di oggi sarà di enorme aiuto perché incoraggerà a proseguire nella direzione intrapresa. Non è pensabile che la Chiesa dia scandalo, anche se è ovvio essere amareggiati quando gli errori di uno vengono usati dai media per infangare tutti. Il Santo Padre ha parlato chiaramente di 'giustizia', e spero che basti per chiarire da che parte stiamo».
Benedetto XVI ha lasciato la cattedrale, ci si disperde nei vialetti di Hyde Park, ma c’è ancora tempo per riflettere su una vita «non semplice » come la definisce Fred Bachour, 28 anni, che sta studiando per diventare prete a Sydney: «La scegliamo noi, ma resta dura, resa tale dalla società che ci assedia con una cultura alternativa ai nostri valori e fa sentire il peso della solitudine. Anche per questo il discorso del Papa è di grande aiuto a chi offre la propria vita a Cristo».
Ma, concretamente, come fronteggiate gli eventuali problemi? «È fondamentale aprirsi, parlarne, reagire insieme agli altri. Nei Seminari australiani si è sviluppata una fraternità che è molto importante in questo senso, perché agisce come una rete che non lascia andare alla deriva», annota Bonaventure Echeta, 34 anni, in Seminario a Perth. Ma Peter Geers, 36 anni, di Bunbury, Western Australia, precisa: «Pur senza assolvere nessuno, bisogna ricordare anche non si macchiano di abuso sessuale solo i preti e che questo problema non è un’esclusiva australiana».
© Copyright Avvenire, 20 luglio 2008
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