18 agosto 2008

Il Papa: «Assunta, mistero d’amore e scuola della vera felicità» (Mazza)


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«Assunta, mistero d’amore e scuola della vera felicità»

Il Papa a Castel Gandolfo: in tempi colmi di falsa gioia e di dolore con Maria diventiamo segni di speranza e di consolazione

Messa alle otto del mattino nella chiesa parrocchiale di San Tommaso. E alle dodici l’Angelus nel cortile del Palazzo apostolico Dal Pontefice l’invito a vivere guardando «al cielo della vera realtà: Dio, nostra meta»

DA ROMA SALVATORE MAZZA

La «più antica» tra le feste mariane «ci spinge a sollevare lo sguardo verso il cie­lo».
Un cielo che non è fatto «di idee a­stratte », e «nemmeno» è «un cielo immagi­nario creato dall’arte, ma il cielo della vera realtà, che è Dio stesso». Perché «Dio è il cie­lo. E Lui è la nostra meta, la meta e la dimora eterna da cui proveniamo e alla quale ten­diamo».
Nel giorno della festa dell’Assunta, Benedet­to XVI è tornato ad additare a tutti i credenti l’esempio di Maria. Perché «guardando l’As­sunta in cielo comprendiamo meglio che la nostra vita di ogni giorno, pur segnata da pro­ve e difficoltà, scorre come un fiume verso l’oceano divino, verso la pienezza della gioia e della pace... che il nostro tramontare all’o­rizzonte di questo mondo è un risorgere al­l’aurora del mondo nuovo, del giorno eter­no ». E dunque «davanti al triste spettacolo di tanta falsa gioia e contemporaneamente di tanto angosciato dolore che dilaga nel mon­do, dobbiamo imparare da Lei a diventare noi segni di speranza e di consolazione, dobbia­mo annunciare con la vita nostra la risurre­zione di Cristo».
Alle 8 di una mattina calda ma, per fortuna, non soffocante, Papa Ratzinger ha celebrato a Castel Gandolfo la festività di mezzo agosto nella parrocchia pontificia intitolata a San Tommaso di Villanova.
Un appuntamento che rientra nell’antichissima tradizione del­la cittadina dei Castelli romani dove sorge la residenza estiva pontificia, e che i castellani non hanno mancato: riempiendo la piazza che il Pontefice ha attraversato due volte a piedi, per andare e tornare dalla parrocchia, che proprio quest’anno festeggia i suoi 350 anni di vita, riempiendo il piccolo edificio sa­cro e, a mezzogiorno, il cortile della residen­za pontificia per seguire la recita dell’Angelus.
Durante il quale ha ribadito una volta anco­ra come Maria «ci ricorda che tutto il nostro essere, spirito, anima e corpo, è destinato al­la pienezza della vita; che chi vive e muore nell’amore di Dio e del prossimo sarà trasfi­gurato ad immagine del corpo glorioso di Cri­sto risorto; che il Signore abbassa i superbi e innalza gli umili».
Benedetto XVI, che ha avuto per tutta la mat­tina al fianco il cardinale segretario di Stato vaticano Tarcisio Bertone e il vescovo di Al­bano Marcello Semeraro, ha raccolto l’ab­braccio di Castel Gandolfo, fermandosi a sa­lutare i fedeli disposti lungo le transenne, che avrebbero attraverso i maxischermi disposti nella piazza la celebrazione eucaristica, a­perta dal benvenuto di don Waldemar Nied­ziolka, parroco di San Tommaso e direttore della comunità salesiana che regge la par­rocchia.
L’omelia del Papa è stata tutta centrata sul­l’evento «unico e straordinario» dell’Assun­zione in cielo di Maria, in corpo e anima, «se­gno di sicura speranza e consolazione», la cui celebrazione è «un’occasione per ascendere con Maria alle altezze dello spirito, dove si re­spira l’aria pura della vita soprannaturale e si contempla la bellezza più autentica, che è la santità».
Quando Maria si è addormentata a questo mondo per risvegliarsi in cielo, ha spie­gato, ha semplicemente seguito per l’ultima volta il Figlio Gesù nel suo viaggio più lungo e decisivo. «Come Lui, insieme con Lui, è par­tita da questo mondo – ha affermato Bene­detto XVI – per tornare alla casa del Padre. E tutto questo non è lontano da noi, come ap­pare forse in un primo momento, perché tut­ti noi siamo figli del Padre Dio, tutti noi sia­mo fratelli di Gesù e tutti noi siamo anche fi­gli di Maria, Madre nostra. E tutti siamo pro­tesi verso la felicità. E la felicità alla quale tut­ti noi tendiamo è Dio, così tutti noi siamo in cammino verso questa felicità, che chiamia­mo cielo, che è Dio». È dunque «un grande mistero d’amore» quel­lo che «oggi viene proposto alla nostra con­templazione ». Cristo infatti «ha vinto la mor­te con l’onnipotenza del suo amore – ha spie­gato Papa Ratzinger – e solo l’amore è onni­potente e questo suo amore lo ha spinto a morire per noi e così a vince­re la morte. Sì, solo l’amore fa entrare nel regno della vita! E Maria vi è entrata dietro il Fi­glio, associata alla Sua gloria, dopo essere stata associata alla Sua passione».
Vi è en­trata, ha aggiunto, «con un impeto incontenibile man­tenendo aperta dopo di lei la via per tutti noi. E per questo oggi la invochiamo: 'Porta del cielo', 'Regina degli an­geli' e 'Rifugio dei peccato­ri' ». E, ha concluso, «non so­no certo i ragionamenti a far­ci capire queste realtà così su­blimi, ma la fede semplice, schietta, e il silenzio della pre­ghiera che infinitamente ci supera e ci aiuta a parlare con Dio e a sentire come il Signo­re parla al nostro cuore».

© Copyright Avvenire, 17 agosto 2008

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