16 settembre 2008
D’Ormesson: «Il Papa ha conquistato il cuore e la ragione. Entusiasmo popolare, rispetto e ammirazione dagli intellettuali» (Zappalà)
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«Il Papa ha conquistato il cuore e la ragione»
D’Ormesson:entusiasmo popolare, rispetto e ammirazione dagli intellettuali
L’intervento svolto al Collegio dei Bernardini è stato accolto con grande simpatia di fronte alla forza e al rigore del ragionamento È un uomo che possiede una grande potenza intellettuale: è ciò che impressiona di più anche i giovani
DA PARIGI DANIELE ZAPPALÀ
«Benedetto XVI ha ottenuto un trionfo, soprattutto di fronte agli intellettuali francesi».
Ad abbozzare in questi termini un bilancio del viaggio apostolico del Papa in Francia è Jean d’Ormesson, da decenni fra le figure più rappresentative della cultura d’Oltralpe, nelle vesti molteplici di romanziere tradotto in tutto il mondo, saggista, editorialista, direttore di giornali, 'immortale' dell’Académie Française. Un viaggio, quello del Papa, che ha colpito il cuore e la ragione del Paese.
«Ha risvegliato ad un alto livello il fervore e l’entusiasmo popolari, soprattutto in un clima che mi è parso più sereno di un tempo, in particolare fra i cristiani e le altre religioni, così come fra i cristiani e il mondo ateo».
Quali momenti del viaggio l’hanno particolarmente colpita?
Mi ha colpito in particolare la folla d’intellettuali alla conferenza tenuta al Collegio dei Bernardini. Si trattava di una conferenza un po’ difficile, ma che è stata ascoltata e commentata con molta attenzione e serietà, così come con una grande simpatia intellettuale di fronte alla forza e al rigore del ragionamento.
Una forza che ha lasciato il segno…
Tutti sapevano che Joseph Ratzinger è un grande teologo e credo che i suoi discorsi abbiano molto colpito sia gli intellettuali cattolici sia i non credenti. È un uomo che possiede una grandissima potenza intellettuale ed è ciò che ha probabilmente impressionato di più anche i giovani che hanno tributato un grande successo al Papa.
A suo parere, quale aspetto del messaggio del Papa ha fatto maggiormente riflettere?
Credo che innanzitutto abbia colpito lo stile stesso del Papa, percepito come diverso rispetto a quello di Giovanni Paolo II, che era per così dire un Pontefice al centro della scena. Benedetto XVI, per usare un’altra immagine, è stato forse percepito più come un uomo al centro del proprio studio. Un teologo impegnato nell’approfondire il terreno del cattolicesimo, forse ancor più che nell’allargarlo. Egli non teme d’impiegare un certo rigore, cercando di corroborare così la fede cattolica fino alla sua pienezza.
Si è parlato in Francia di un Papa capace al contempo di essere professore, soprattuto a Parigi, e pellegrino, in particolare a Lourdes. Che ne pensa?
Professore a Parigi, certamente. La sua conferenza, a tratti, faceva pensare a un corso magistrale al Collège de France, più che a una semplice lezione accademica alla Sorbona. Del pellegrinaggio a Lourdes mi ha colpito soprattutto la sua capacità di essere guardiano della fede. Anche nel suo messaggio ai vescovi di Francia, ha manifestato un grande rigore su molti punti.
Fede e ragione sono inscindibili, ha ricordato il Papa. Si è trattato di un messaggio anche a quella Francia che confonde talora ragione e razionalismo?
Fides quaerens intellectum è una formula antica nota anche in Francia. Almeno da San Tommaso d’Aquino, la fede e la ragione non sono lontane. In Francia, questa tradizione è legata in particolare a Cartesio. Gli intellettuali seri sono sensibili a questa manifestazione. Ma conviene sempre approfondirne il senso, come fa il Papa che sa parlare agli intellettuali raggiungendo anche le masse. La ragione gioca nel messaggio di Benedetto XVI un ruolo molto importante.
Ad accorrere in gran numero per acclamare il Papa sono stati anche tanti giovani.
Questo mi ha particolarmente colpito. Il rigore intellettuale del Papa si è diffuso ben aldilà di gruppi delimitati fino a raggiungere in modo indistinto anche i giovani. Questo successo ha fatto ricordare quelli di Giovanni Paolo II nel corso dei suoi diversi viaggi in Francia.
L’esigenza di una laicità ' aperta' o 'positiva' è stata difesa dal Papa e anche dall’Eliseo. Crede che la Francia stia per voltare pagina?
Su questo punto, ci sono state delle manifestazioni di opposizione. Ma non credo che riguardassero la dimensione religiosa. Si è trattato di reazioni legate a calcoli propriamenti politici. I socialisti hanno protestato dicendo che alla laicità non occorreva un aggettivo. Ed è curioso che anche François Bayrou, che è molto cattolico, si sia unito a queste osservazioni. Ma si è trattato soprattutto di un’occasione per sferrare un nuovo attacco contro Nicolas Sarkozy. Dunque, di dichiarazioni di politica interna.
Occorre attendersi un nuovo conflitto fra il laicismo e gli auspici politici emergenti di maggiore apertura?
Credo che su questo fronte la Francia stia conoscendo da anni una certa pacificazione. Certamente, in futuro vi saranno ancora degli attacchi anticlericali ironici da parte di certi ambienti rappresentati da giornali come il Canard enchainé. Ciò, per così dire, resta molto francese e continuerà. Ma è forse eccessivo parlare di cristianofobia. Direi che in Francia esiste soprattutto nella letteratura, nell’arte e nella politica una tradizione di anticlericalismo, la cui origine è anteriore alla Rivoluzione. Tale tradizione resta attiva.
Alla Messa sull’Esplanade des Invalides c’erano francesi di ogni condizione e ogni origine. In un Paese sempre più multietnico, l’universalità della Chiesa è parsa capace di unire tutti i ceti del Paese….
È vero. E al contempo, esiste una crisi delle vocazioni in Francia a cui anche il Papa ha accennato. I prossimi mesi e i prossimi anni ci diranno se questo entusiasmo popolare evidente sarà seguito anche da un nuovo movimento religioso profondo.
© Copyright Avvenire, 16 settembre 2008
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