9 ottobre 2008

Immigrati, l’accoglienza possibile: Domenico Rosati commenta il Messaggio del Papa (Il Mattino)


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Immigrati l’accoglienza possibile

Domenico Rosati

«Gli autentici discepoli di Cristo si riconoscono dal mutuo loro amarsi e dalla loro accoglienza verso tutti». Vuol dire che non si è autentici se non ci si ama tra discepoli e se non si è ospitali verso il prossimo.
Leggere in questi termini il messaggio di Benedetto XVI per la prossima Giornata mondiale del migrante e del rifugiato è tutt’altro che una forzatura. Né l’impegno di tutelare le ragioni dei più deboli risulta attenuato per il fatto che viene collocato all’interno di una riflessione su San Paolo, l’evangelizzatore per eccellenza. È vero infatti che l’annuncio dell’Evangelo costituisce la comunità dei credenti e va anche oggi «proposto con lo stesso atteggiamento dell’Apostolo delle genti, tenendo conto delle diverse situazioni sociali e culturali, e delle particolari difficoltà di ciascuno». Incluse quelle conseguenti alla condizione di migrante, di rifugiato, di sfollato e di itinerante.
Ma il collaudo della comunità, quello che ne misura la credibilità, avviene soltanto se si compie «l’esercizio della carità» che «costituisce il culmine e la sintesi dell’intera vita cristiana». Ed è ciò che spinge, nel caso, a farsi «solidali con questi nostri fratelli e sorelle e a promuovere, in ogni parte del mondo e con ogni mezzo, la pacifica convivenza fra etnie, culture e religioni diverse».
Se dunque i credenti in Gesù Cristo sono consapevoli di dover amministrare il «tesoro di fratellanza» che è stato loro affidato, essi non potranno non rendersi «premurosi nell’ospitalità». In concreto: prendersi carico di quanti «in particolare fra rifugiati e profughi, si trovano in condizioni difficili e disagiate».
Con un testo di impianto rigorosamente religioso, il Papa si rivolge direttamente ai cattolici reclamando la loro «prioritaria attenzione» sulla condizione dei migranti e dei rifugiati. La sua parola non sfiora il tema delle analisi sociologiche e delle soluzioni politiche.
Va però oltre la soglia delle coscienze chiedendo quale sia il loro atteggiamento verso gli immigrati e i rifugiati: se di accoglienza o di indifferenza, di tolleranza o di fastidio, di benevolenza o di ostilità. La domanda è: se ogni uomo è mio fratello, come mi comporto con lui? Come reagisco, ad esempio, agli ultimi episodi di intolleranza (e peggio) che si sono verificati in Italia? Che idea mi faccio di una coniugazione del binomio solidarietà-sicurezza quando si sbilancia verso il secondo polo? E quale condotta tengo verso tali fenomeni nell’ambito delle mie responsabilità personali e civili? Taccio, mi adeguo, mi faccio sentire? Le comunità cristiane hanno un’idea della portata delle misure in elaborazione in sede europea in materia di immigrazione e di diritto d’asilo? Si rendono conto dei riflessi, psicologici e sociali, della «tolleranza zero» predicata dovunque e tradotta in molteplici giri di vite ormai non solo verso i clandestini, ma anche verso i «regolari»? Per i quali si sta persino escogitando un prolungamento del consueto percorso a ostacoli mediante un «soggiorno a punti» che renderebbe la condizione dell’immigrato ancora più precaria ed esposta ad ogni vento. In campo cattolico non mancano prese di posizione critiche sugli orientamenti dei governi in materia di immigrazione, ricongiungimenti familiari e diritto d’asilo. «Il problema dell’immigrazione non si risolve chiudendo le frontiere», ha affermato il cardinale Renato Raffaele Martino presentando il messaggio del Papa. Il Pontificio Consiglio dei Migranti aveva già denunciato il rischio di allontanarsi «dallo spirito e dalla lettera dei diritti umani». Ma quanto sono conosciute queste riflessioni, quanto sono raccolte dalla pratica pastorale e come raggiungono l’ambito politico? Ultimamente Benedetto XVI ha riconosciuto che i dettami dell’Enciclica Humanae vitae in materia di contraccezione non trovano risonanza nel popolo di Dio. Si può dire che miglior sorte abbia avuto il principio della disponibilità verso lo straniero, sempre indicata come «discriminante etica» nella pratica evangelica della politica? Provare a rispondere è «missione di ogni battezzato».

© Copyright Il Mattino, 9 ottobre 2008

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