2 ottobre 2008

Romano Guardini, «faro» di Benedetto XVI: l'analisi di Franco Volpi


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ANNIVERSARI. IL TEOLOGO E FILOSOFO NATO A VERONA NEL 1885 SI FORMÒ E INSEGNÒ IN GERMANIA, DOVE FU PUNTO DI RIFERIMENTO PER IL FUTURO BENEDETTO XVI

IL MAGISTERO DI GUARDINI

A quarant’anni dalla scomparsa, la risonanza del suo insegnamento si è affievolita e il tempo ha ingiallito le sue pur valide pagine
Il Bello, il Simbolo e il Sacro nelle pieghe profonde del reale, inteso sempre nella forma dialettica
La sua critica dell’era tecnologica rappresenta un punto vitale del suo pensiero
Papa Ratzinger ha sottolineato l’importanza della sua opera, forse come esempio da emulare


Franco Volpi

Che cosa rimane di Romano Guardini a quarant'anni dalla sua scomparsa? La vasta risonanza dell'insegnamento di filosofia della religione e Weltanschauung cristiana che egli tenne nella Berlino protestante, fino alla sospensione decretata dai nazisti nel 1939, e poi dopo la guerra a Tubinga e Monaco, rimane un ricordo ormai lontano.
Il tempo ha inesorabilmente ingiallito le sue pagine e la monumentale riedizione delle sue opere, curata da Silvano Zucal per la Morcelliana, non è che il disperato tentativo di strapparle alla dimenticanza. Il fatto è che le sue riflessioni - per quanto egli non sia un semplice don Bosco tedesco - rimangono strettamente legate alla sua carismatica figura di oratore ed educatore. I suoi scritti, separati dal magistero vivente, hanno perduto l'efficacia con cui in passato influirono sulla formazione di intere generazioni.
Eppure, Guardini rimane una delle figure più originali della teologia cattolica del Novecento, e la sua opera un riferimento privilegiato a cui più volte Papa Ratzinger ha rimandato. Diversi sono gli spunti che se ne possono ricavare: da motivi strettamente teologici, come le riflessioni sulla figura del Signore, sullo spirito della liturgia e sulle trasformazioni della Chiesa, a problemi filosofici come la finitudine umana e il suo destino, la cognizione del dolore e della morte, le lacerazioni della coscienza moderna e l'ansia per il futuro, la ricerca di un senso che riscatti l'esistenza dalla sua tendenza a smarrirsi e peccare, fino al problema dell'essere e della polarità dialettica che Guardini riconosce in esso.

DIALETTICA DELL’ESSERE.

Tra i suoi scritti schiettamente filosofici spicca appunto il trattato giovanile su L'opposizione polare. Saggi di una filosofia del vivente-concreto, pubblicato nel 1925 ma risalente a circa un decennio prima. Esso contiene una riflessione sistematica sulla struttura dialettica dell'essere e del pensare, con cui Guardini ripropone nel Novecento la concezione idealistica della dialettica intesa come struttura del reale e del pensiero che lo riflette. Anche per lui, come per gli idealisti tedeschi, la dialettica è un modo di concepire il mondo, non una forma di argomentazione, come riteneva Aristotele. Tuttavia la sua non è una dialettica triadica, come quella hegeliana, che risolve tesi e antitesi nella sintesi, bensì una dialettica bipolare nella quale la tensione rimane aperta e connota la vita e il movimento dell'essere. Il suo modello è, semmai, la dialettica di Schleiermacher. Battendo questa strada, Guardini congiunge l'esigenza di un pensiero organico dell'essere, di cui la dialettica è la compagine, con la contemporanea volontà di mantenere flessibile il "sistema", affinché meglio corrisponda alle pieghe del reale, e prima di tutto a quelle pieghe profonde che sono il Bello, il Simbolo e il Sacro. Un cammino teoretico oggi abbandonato e probabilmente impraticabile, ma che rimane lì a testimoniare la baldanza speculativa del giovane pensatore.

TEOLOGIA “CALDA”.

Vi sono poi le sue riflessioni che riguardano il Divino, e che possiamo dire "teologiche", ma solo in un senso non rigorosamente tecnico. Rispetto alla fredda professionalità dei teologi, quella di Guardini è un'osservazione "calda", appassionata e coinvolgente. Un'osservazione che mira ad auscultare le pulsioni della polarità di immanenza e trascendenza, per cogliere la presenza del Divino nell'Umano e il coinvolgimento dell'Umano nel Divino, mantenendo viva tensione tra i due poli nella loro reciproca apertura. Un motivo, questo, che lega il pensiero di Guardini alla tradizione agostiniano-pascaliana, secondo la quale in religione, così come in amore e in politica, ogni adesione autentica precede il raziocinio.

SACRO E NUMINOSO.

Si riallaccia a questo elemento un ulteriore spunto che Guardini ricava dal simbolismo di matrice neoplatonico-agostiniana, ossia la sua considerazione estatica del Sacro e del Numinoso nella Natura. Le suggestive considerazioni che egli ha svolto al riguardo, comprese nei saggi riuniti in La sensibilità e la conoscenza religiosa, in particolare nel primo di essi, L'occhio e la conoscenza religiosa, si lasciano riassumere, nel loro spirito di fondo, nel detto di Meister Eckhart che afferma: «Togli la mente, e l'occhio s'apre invano». Su questo convincimento poggia non solo la reazione di Guardini al disincanto che ha desacralizzato la Natura, ma anche la sua critica dell'intimismo religioso che, richiudendo l'esperienza religiosa in interiore homine, finisce per estrometterla dalla realtà dell'universo.

CRITICA DELLA TECNOLOGIA.

Richiamano l'attenzione, infine, le sue riflessioni sul mondo moderno. Ancorata a un'antica radice, quella del cristianesimo, la critica guardiniana dell'era tecnologica rappresenta probabilmente uno dei rami ancora vitali del suo pensiero. Sensibile ai cambiamenti che hanno eroso ed esautorato gli antichi valori, Guardini fu tra i primi a parlare della "fine della modernità" e ad auspicare, attraverso una critica misurata ma radicale della tecnica, l'avvento di un'età "postmoderna". Oggi che il disagio nei confronti dell'ideale moderno di ragione si è diffuso un po' ovunque nella coscienza contemporanea, siamo in condizione di apprezzare lo spessore teoretico che sostiene pagine apparentemente svelte come quelle delle Lettere dal Lago di Como. Pensieri sulla tecnica del 1927, La fine dell'epoca moderna del 1950, Il potere del 1952 o dei saggi raccolti nel 1962 in Ansia per l'uomo, che rimangono invece esemplari per la loro sensibilità e la loro lungimiranza.
A ragione Papa Ratzinger ha sottolineato con vigore l'importanza della sua opera: forse più che per ciò che essa può ancora effettivamente insegnare, per il fatto che svetta come esempio da emulare: alla Weltanschauung cattolica manca oggi un difensore intellettuale dell'efficacia di Guardini.

© Copyright Il Giornale di Vicenza, 1° ottobre 2008

ANNIVERSARIO. QUARANT’ANNI FA MORÌ UNO DEI PIÙ SIGNIFICATIVI TEOLOGI DEL XX SECOLO

Romano Guardini, «faro» di Benedetto XVI

Quarant’anni fa moriva Romano Guardini, considerato uno dei più significativi rappresentanti della filosofia e della teologia cattolica del XX secolo, soprattutto per quanto riguarda la liturgia, la filosofia della religione, la pedagogia, l’ecumenismo e la storia della spiritualità. Non solo. Le sue interpretazioni letterarie di filosofi e poeti come Rilke, Raabe e Dostoevskij sono tuttora apprezzate al di là del mondo cattolico. Come le sue esposizioni del pensiero e della vita di Socrate, Platone, Agostino, Dante Alighieri, Pascal, Kierkegaard o Friedrich Nietzsche, esempi convincenti della sua capacità di fondere profondità e chiarezza. È anche il teologo di riferimento di Papa Benedetto XVI, che spesso lo ha citato nelle sue pubblicazioni teologiche. Guardini nacque a Verona nel 1885. Un anno dopo, la sua famiglia si trasferì a Magonza. Dopo avere frequentato per due semestri la facoltà di chimica a Tubinga e tre semestri economia politica a Monaco e Berlino, entrò in seminario. Studiò teologia a Friburgo in Brisgovia e Tubinga. Nel 1910 fu ordinato sacerdote a Mainz. Seguirono il dottorato e l’abilitazione all’insegnamento della teologia dogmatica. Nel 1923 ottenne la cattedra di filosofia della religione e visione cristiana a Berlino, che conservò fino al 1939, quando fu pensionato dai nazisti.
Nel 1945, con la fine del regime di Hitler, ottenne la cattedra di filosofia della religione e visione cristiana a Tubinga, nel 1948 passò alla Ludwig-Maximilians-Universität di Monaco di Baviera. Fu fra i fondatori della Katholische Akademie, che distribuisce ogni anno il premio a lui intitolato.
Nel 1952 Guardini vinse il Premio alla Pace dei librai tedeschi. Nel 1962 cessò la sua attività accademica per motivi di salute, che gli impedirono pure di partecipare al Concilio Vaticano II, come membro della commissione liturgica. Si spense il 1° ottobre 1968.

© Copyright Il Giornale di Vicenza, 1° ottobre 2008

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