1 ottobre 2008

I riflessi della Bibbia nella storia dell'arte. La Bibbia, istruzioni per l'uso (Osservatore Romano)


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In un libro di Pietro Principe tutte le informazioni di base che si danno sempre per scontate e nessuno spiega mai

I riflessi del Libro nella storia dell'arte

Il libro di Pietro Principe, Guida essenziale alla Sacra Bibbia (Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana, 2008, pagine 64, euro 8) viene presentato il 10 ottobre alle ore 17 nella Sala Marconi di Radio Vaticana. All'incontro partecipano l'arcivescovo Nikola Eterovic, segretario generale del Sinodo dei Vescovi, Mario Cimosa, della Pontificia Università Salesiana, e il direttore dei Musei Vaticani che ha sintetizzato per noi i temi del suo intervento.

di Antonio Paolucci

Dopo le donne e gli uomini di religione nessuno conosce la Bibbia meglio di noi storici dell'arte. La ragione è puramente professionale. La gran parte delle opere d'arte realizzate nei secoli passati hanno per argomento soggetti scritturali, del Nuovo e dell'Antico Testamento. Uno storico dell'arte è tanto più bravo quanti più capolavori di autori diversi riesce ad associare ad un personaggio o a un episodio del Libro. Prendiamo quel protagonista smisurato, grandiosamente contradditorio che risponde al nome di David. Quanti David ci sono nella storia dell'arte! C'è il David "fionda del Signore" l'adolescente che sfida il gigante Golia, lo abbatte e poi, feroce come un giovane leopardo, salta su di lui per staccargli la testa dal busto. C'è il David "folle di Dio" che danza e salta come un giocoliere, come un mimo, di fronte all'Arca dell'Alleanza. C'è il David re d'Israele carico di gloria e di onori. Ma c'è anche il David adultero e omicida che concupisce e possiede Betsabea e ne fa uccidere il marito. E infine c'è il David santo e profeta, il salmista autore di pagine fra le più belle della letteratura universale.
Lo storico dell'arte elenca questi episodi e subito si affollano nella sua mente Donatello e Verrocchio, Michelangelo e Bernini, Caravaggio e Lanfranco, Pietro da Cortona e Terbrugghen, Cranach e Rembrandt, Hontorsth e Poussin. Il fatto è che la Bibbia è una immensa biblioteca di figure, un repertorio sterminato di fatti, di colpi di scena, di emozioni, di sensazioni. C'è tutto nel Libro. Ci sono guerre e avventure. E infatti quale regista saprebbe inventare uno sceneggiato più avvincente della storia di Giuseppe Ebreo, un "effetto speciale" più drammatico della caduta delle mura di Gerico o del passaggio del Mar Rosso? C'è l'eros; quello splendente e luminoso del Cantico dei cantici, quello torbido e obliquo di Susanna insidiata dai vecchioni, di Giuseppe concupito dalla moglie di Putifarre, quello tragico e sadico di Giuditta che decapita Oloferne dopo l'amore. E ci sono, nella Bibbia, gli episodi e le parabole di Gesù nelle quali si entra - diceva Oscar Wilde - come in un campo di gigli.
Ogni episodio del Libro ha permesso agli artisti di esprimere sensibilità emozioni preferenze. Se Cristo sosta nella casa di Marta e Maria, il pittore naturalista fiammingo approfitterà dell'occasione per descrivere cucine operose e fumose lucenti di rami e tavole debordanti di pollame, di pesci, di selvaggina. Se Caravaggio racconta il martirio del Battista, entreremo con lui in una cupa galera divorata dall'ombra e abitata dalla paura. Se Rembrandt dà immagine a Betsabea peccatrice, ecco di fronte a noi una povera donna simile a tutte le donne del mondo che l'amore opprime e consola.
Uno dice Daniele e subito lo storico dell'arte "vede" i sarcofagi paleocristiani e i rilievi scolpiti nelle cattedrali romaniche con il profeta miracolosamente incolume nella fossa dei leoni. Uno dice Matteo e subito vede il Cristo di Caravaggio in San Luigi dei Francesi che entra, preceduto dalla luce della porta aperta, nella sordida trattoria romana dove l'evangelista ancora pubblicano sta concludendo i suoi affari. Potrei continuare a lungo parlando dei riflessi del Libro nella storia dell'arte. La nostra lingua figurativa è cresciuta descrivendo i personaggi e gli episodi della Bibbia, si è modellata e diversificata, secondo le tradizioni e le culture dei popoli cristiani, avendo come riferimento i valori e gli insegnamenti del Vecchio e del Nuovo Testamento.
Oggi il mondo delle figure che popolano il Libro è oscurato e in gran parte incognito. Ecco perché il piccolo libro edito dalla Editrice Vaticana è importante. Ci aiuta a entrare nel Libro, è propedeutico alla lettura e quindi alla comprensione del repertorio di figure più importante del mondo. Senza conoscere quelle figure la storia artistica d'Occidente rimarrebbe in gran parte incomprensibile.

(©L'Osservatore Romano - 1 ottobre 2008)

La Bibbia, istruzioni per l'uso

di Silvia Guidi

Cos'è il Pentateuco? Cosa significa lectio divina? Cosa è Qumran? Che significa la sigla "Mc 9, 2"? Chi è Melkisedek? Sotto la copertina cartonata azzurra della Guida essenziale alla Sacra Bibbia di Pietro Principe appena pubblicata dalla Libreria Editrice Vaticana ci sono tutte quelle informazioni di base che si danno sempre per scontate e nessuno spiega mai, tutto quello che il lettore medio, spesso completamente digiuno di cultura biblica, ha sempre voluto sapere sui testi sacri e non ha mai mai osato chiedere, per pigrizia o per paura di essere considerato sprovveduto o ignorante. Un assaggio per stuzzicare l'appetito di conoscenza del lettore ed aiutarlo ad orientarsi nel mare magnum del testo più diffuso al mondo, ma, in proporzione, meno letto. Prima ancora di presentare il libro, l'autore fornisce un itinerario in internet attraverso i siti più importanti dedicati alle Sacre Scritture, volendo venire incontro alle nuove generazioni di lettori più abituati a cliccare un mouse e navigare in mezzo a link e ipertesti che a sfogliare un libro; le stesse pagine assomigliano di più alle schermate di un blog che all'impaginato di un volume tradizionale. Metà foglio è occupata dal testo, l'altra metà da un quadro celebre che illustra l'episodio o il personaggio di cui si sta parlando, ottenendo il triplice scopo di recuperare l'antica tradizione della biblia pauperum, comprensibile anche agli analfabeti, privilegiare un codice comunicativo adeguato alla nostra epoca abituata all'onnipresenza delle immagini e sfruttare il dono della sintesi della grande arte.
L'autore risponde a tutte le domande, anche alle più apparentemente semplici: per spiegare che l'uso delle sigle non è un inutile tecnicismo o un gergo da addetti ai lavori ripercorre la storia dell'approccio al testo biblico dall'antichità - in cui le parole erano scritte di seguito senza suddivisioni - al medioevo, quando si è affermato l'uso di dividere i libri in capitoli e versetti. Si capisce così come indicare con "Mc 9, 2" un versetto del Vangelo di Marco sia un metodo utile per trovare velocemente qualsiasi frase, qualunque sia l'edizione della Bibbia; sono le coordinate spaziali per orientarsi nel testo, come latitudine e longitudine permettono di localizzare il punto della superficie terrestre in cui ci troviamo.
Particolarmente interessante è la scheda sulla lectio divina e utile anche - o forse soprattutto - a quelli che credono di sapere già di che si tratta, visto che "gli uomini raramente apprendono quello che credono già di sapere" come notava acutamente Barbara Ward. Dopo aver letto il testo sacro, spiega Principe, biblista esperto e officiale della Segreteria di Stato della Santa Sede, si è solo a metà dell'opera: bisogna confrontarlo con la propria vita, paragonarlo con la propria esperienza, lasciandosi giudicare e provocare dalle parole lette.
Le difficoltà ci sono, spiega l'autore, ma non bisogna lasciarsi spaventare dall'oscurità di alcuni passi o dallo stile a volte ostico, ma sempre privo della retorica dolciastra e sentimentale che spesso rende inefficace tanta omiletica; la lettura del testo riserva delle sorprese a chi si aspetta una narrazione rassicurante, il linguaggio è spesso crudo e a volte disperato, nell'Antico Testamento ci sono molti episodi di una violenza sconcertante per la nostra mentalità.
Ma è proprio qui che si rende più evidente il chiaroscuro della speranza, spiega l'autore. Nei quattro capitoli del libro non mancano anche schede dedicate agli aspetti più curiosi o meno noti del testo sacro: dalle occorrenze dei patriarchi - il nome di Giacobbe è più citato di quello di Abramo - alla motivazione linguistica che si nasconde spesso dietro allitterazioni e ripetizioni. Un esempio: nell'ebraico non esiste il superlativo, per questo motivo "santo" viene ripetuto tre volte quando ci si riferisce a Dio.
Prima della quarta di copertina, occupata da una riproduzione del Giudizio universale di Michelangelo, un vero e proprio compendio teologico visivo dell'economia della salvezza, l'autore si congeda dal lettore con una bella citazione tratta dalla lettera di Galileo a Cristina di Lorena, granduchessa di Toscana: "L'intenzione dello Spirito Santo è d'insegnarci come si vadia al cielo, e non come vadia il cielo".

(©L'Osservatore Romano - 1 ottobre 2008)

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