1 ottobre 2008

Sei connesso? Allora impara a comunicare (Osservatore Romano)


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Sei connesso? Allora impara a comunicare

di Mario Ponzi

"Papà, ci sei? sei connesso?". È il leit motiv di una gag televisiva di qualche tempo fa, divenuta un vero e proprio tormentone nel mondo giovanile. Una giovane "ipertecnologica" rivolge la domanda a un padre esterrefatto, che cerca di entrare in qualche modo in comunicazione con la figlia. Non riesce a comprendere il linguaggio sms o da chat line con il quale la giovane si esprime e ripete domande per le quali non intercetterà mai la risposta.
Fece molto ridere quella gag; ma in realtà è stata un'efficace rappresentazione della realtà che oggi ci circonda: in tanti si connettono, in pochi comunicano e si preoccupano di cosa comunicare o di quale comunicazione ricevono.
"È su questo aspetto che il Papa invita a concentrare la nostra attenzione: in un momento in cui il mondo della comunicazione si arricchisce di nuove e coinvolgenti tecnologie, propone nuove forme di relazione, dovremo essere in grado di promuovere una cultura del rispetto, del dialogo, dell'amicizia". L'arcivescovo Claudio Maria Celli, presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, commenta così il tema proposto dal Papa per la celebrazione della prossima giornata mondiale e reso noto ieri, lunedì 29 settembre.
"Il Papa - ci ha detto l'arcivescovo - offre una valutazione positiva del mondo della comunicazione, sempre più multimediale, in costante evoluzione e sempre foriero di novità tecniche che consentono di allargare gli orizzonti della nostra capacità di comunicare. E nello stesso tempo ci invita a cogliere le grandi opportunità che i nuovi mezzi ci mettono a disposizione per promuovere sempre più una cultura del rispetto, il dialogo e dunque l'amicizia".
I mezzi effettivamente sono tanti, diversi e a disposizione di tutti. "Si pensi per esempio al blog - dice in proposito il presidente - che è un mezzo a disposizione del semplice utente per diventare di fatto un comunicatore. Quindi non è più soltanto l'apparato dell'informazione a fare comunicazione, ma è il cittadino stesso a diventare protagonista della comunicazione. Il problema allora si sposta: bisogna rendere positiva questa forma di protagonismo, trasformandola in vero e proprio servizio. Del resto era questo l'argomento proposto dal messaggio dello scorso anno".
Resta comunque il fatto - prosegue l'arcivescovo Celli - che "questo sistema ci consente di entrare in una realtà relazionale che non ha confini. E questo credo sia l'aspetto positivo delle nuove tecnologie: ci consentono di intrecciare nuove e più ampie relazioni sociali". È un dato di fatto che tuttavia apre una problematica altrettanto evidente: cosa avviene in concreto in questo mondo relazionale così allargato? "Effettivamente - dice monsignor Celli - è vero che oggi nuovi strumenti ci permettono di superare i tradizionali confini geografici e culturali, consentendoci di inserirci in contesti diversi dal nostro quotidiano. Ma è altrettanto vero che possono far perdere, proprio per questo, il senso del territorio in cui abitiamo, il senso sociale del gruppo nel quale operiamo. Si finisce insomma per vivere in un contesto virtuale, quasi in un mondo irreale dove si creano modelli che vanno al di là o al di sopra della nostra personale esistenza quotidiana. Si corre insomma il rischio di abituarci a una seconda vita, una vita appunto virtuale".
Non solo: la preoccupazione dominante in tale contesto è la capacità di connettersi con un numero sempre maggiore di utenti. "Si presta molta attenzione al fatto di essere connessi - prosegue l'arcivescovo - con un numero sempre più vasto di persone, ma nel contempo si presta scarsa attenzione ai contenuti di queste connessioni. Dunque se da un lato abbiamo ampliato le frontiere, dall'altro si corre il rischio, e questo già lo percepiamo, di essere degli sradicati. Apparteniamo a una realtà che in effetti non ci appartiene".
Per questo "Benedetto xvi ha sí espresso il suo giudizio positivo ma nel contempio invita, altrettanto positivamente, - prosegue Celli - a promuovere una cultura di rispetto, di dialogo e di amicizia. Il Papa non parla di pericoli, perché sono evidenti. Chi infatti non scorge in certi atteggiamenti il rischio di lasciarsi andare semplicemente a una fuga dal silenzio, a una presa di distanza da tutto ciò che ci riguarda personalmente, di dare un significato preciso solo all'immediato, perdendo così di vista la dimensione più ampia? Il rischio, cioè, è quello di appiattirci sul presente dimenticando radici più profonde, più vere". "Il Papa - avverte l'arcivescovo - piuttosto che far squillare campanelli d'allarme e parlare di rischi ci invita a vigilare: sì a nuove tecnologie, sì a nuove relazioni sociali, ma bisogna promuovere una cultura del rispetto e del dialogo che è maniera di essere, stile di vita, modo di relazionarci veramente con l'altro".
Tuttavia proprio la facilità di accesso a queste nuove tecnologie crea meccanismi che spesso sfuggono alla possibilità di un controllo responsabile di quanto viene diffuso. La cronaca quotidiana ci mette dinanzi a diverse forme di aberrazione in questo senso.
"Il controllo responsabile - ha detto in proposito l'arcivescovo Celli - è un dovere per la comunità internazionale. Sappiamo però che nonostante i notevoli sforzi messi in campo, l'universo della rete è talmente ampio da rendere molto limitato ogni intervento. Qui entra in gioco la formazione personale e responsabile di quanti operano nel settore. Ma perché la formazione non resti una parola vuota è necessario l'impegno di tutti: della scuola, dove potrebbero prevedersi ore di formazione dedicate alla comunicazione; della famiglia, all'interno della quale sviluppare un dibattito educativo proprio sulla necessità di una corretta comunicazione; della società, che dovrebbe insegnare con l'esempio le enormi possibilità di sviluppo comune offerte da corrette forme di comunicazione; e, non ultima, della Chiesa, all'interno della cui pastorale le comunicazioni sociali dovrebbero assumere un ruolo sempre più decisivo nell'accompagnamento del continuo progredire delle tecnologie".
In questa ottica il Pontificio Consiglio ha in programma per il mese di marzo un incontro con i Vescovi responsabili della comunicazione nelle varie Conferenze episcopali, per discutere proprio della necessità di dare nuovo slancio a uno specifico impegno in questo senso. "Si tratterà - ha sottolineato il presidente - di un seminario di studi durante il quale tracceremo le linee per la formulazione di una precisa e moderna pastorale dei mezzi della comunicazione sociale". Un impegno necessario visto il decisivo ruolo che i media esercitano nella società mondiale, pervasa da fenomeni sempre più emergenti e spesso impropriamente rilanciati dai media stessi con risvolti ancora più pesanti nella vita di ogni giorno. "Non spetta a noi - ha concluso Celli - rivolgere l'indice contro chi fa o non fa qualcosa. Abbiamo però la seria consapevolezza che non tutti i mezzi di comunicazione di massa vivono certi valori, o colgono l'enorme possibilità che essi hanno di favorire o di esasperare la pacifica convivenza tra gli uomini e tra i popoli".

(©L'Osservatore Romano - 1 ottobre 2008)

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