11 luglio 2007

Aggiornamento della rassegna stampa dell'11 luglio 2007


Vedi anche:

Rassegna stampa dell'11 luglio 2007

Maga Maghella ha colpito ancora

I titoloni dei giornaloni di domani (di Maga Maghella)

SPECIALE: IL MOTU PROPRIO "SUMMORUM PONTIFICUM"

IL TESTO DEL MOTU PROPRIO (in italiano)

LA LETTERA DEL SANTO PADRE AI VESCOVI PER PRESENTARE IL MOTU PROPRIO.

ECCO LA VERA FACCIA DI MELLONI

IL PAPA IN CADORE: LO SPECIALE DEL BLOG

Radio Vaticana intervista Mons. Amato sul documento della congregazione per la dottrina della fede

Il Concilio Vaticano II non ha cambiato la dottrina della Chiesa

Documento vaticano sulle Chiese: un servizio obiettivo

Il Papa: i protestanti non sono una chiesa

«Piena identità in Cristo solo nel cattolicesimo». Bufera su un documento approvato da Benedetto XVI

Luigi Accattoli

CITTÀ DEL VATICANO — Cristo ha «costituito sulla terra un'unica Chiesa» che trova la sua «piena identità» soltanto nella Chiesa cattolica, risentendo ogni altra Chiesa o comunità ecclesiale di una qualche «carenza» rispetto a quell'identità: lo afferma un documento della Congregazione vaticana per la Dottrina della Fede pubblicato ieri che ha immediatamente provocato reazioni allarmate e polemiche da parte di ortodossi e protestanti.
Il documento, firmato dal prefetto della Congregazione, cardinale William Levada, e approvato da Benedetto XVI, è di sole sei pagine. Si intitola: «Risposte a quesiti riguardanti alcuni aspetti circa la dottrina della Chiesa».
Le risposte sono cinque e nel loro insieme costituiscono una specie di assicurazione — si direbbe rivolta al movimento tradizionalista, lefebvriani in testa — sul fatto che il Vaticano II non ha «rivoluzionato» la «dottrina sulla Chiesa», ma l'ha soltanto «sviluppata, approfondita ed esposta più ampiamente». La prima domanda suona infatti: «Il Concilio Vaticano II ha forse cambiato la precedente dottrina sulla Chiesa?».
Le cinque domande girano intorno a quest'affermazione del documento conciliare Lumen Gentium (1964): «L'unica Chiesa di Cristo sussiste nella Chiesa cattolica». La dottrina precedente (per esempio Pio XII nella enciclica
Mystici corporis, 1943) diceva «è». Perché dunque l'identità è diventata sussistenza? E che vuol dire questa parola?
Il documento afferma che «sussistenza » vuol dire «permanenza », «continuità storica», «piena identità». Cambiando linguaggio, il Concilio non ha inteso rinunciare all'affermazione che «la Chiesa cattolica costituisca l'unica vera Chiesa di Cristo», ma ha voluto «esprimere più chiaramente come al di fuori della sua compagine si trovino numerosi elementi di santificazione e di verità».
La «risposta» venuta ieri — che riformula quanto già affermato nel 2000 dalla dichiarazione Dominus Jesus, che aveva la firma del cardinale Joseph Ratzinger — diventa più chiara se si tiene conto che la parola conciliare «sussiste» è invocata dai teologi progressisti (per esempio Leonardo Boff, espressamente citato) per affermare che l'unica Chiesa «può pure sussistere in altre Chiese» ed è contestata — per avversione a quella possibilità — dai lefebvriani.
I lefebvriani il documento non li cita, ma un loro «studio» del 2004 intitolato «Dall'ecumenismo all'apostasia» attribuiva a quell'espressione del Vaticano II la responsabilità di aver reso «indefiniti» i «contorni» della Chiesa. L'impressione è dunque che il documento costituisca una seconda mano tesa al movimento tradizionalista dopo il motu proprio sulla messa preconciliare pubblicato sabato scorso.
Sempre riaffermando posizioni già note, il testo di ieri spiega come il «titolo di Chiesa» vada riconosciuto alle Chiese ortodosse ma non a quelle protestanti: perché le prime — pur «carenti» della «comunione» con il vescovo di Roma — condividono con la Chiesa cattolica «sacerdozio ed eucarestia», mentre le seconde mancano del «sacerdozio ministeriale » e, pertanto, «non hanno conservato la genuina e integra sostanza del Mistero eucaristico ». Quelle nate dalla Riforma non sono dunque Chiese ma «comunità ecclesiali».
Come già la dichiarazione del 2000, anche le «risposte» di ieri hanno provocato vivissime proteste da parte del Patriarcato di Mosca («Non siamo d'accordo »), della Chiesa Copta d'Egitto («Colpisce la sensibilità delle Chiese ortodosse e protestanti »), dell'Alleanza riformata mondiale («Siamo sconcertati»), della Comunità delle Chiese protestanti d'Europa («Un'idea monopolistica del cristianesimo e un attacco all'identità altrui») e della Federazione delle Chiese evangeliche in Italia («Un vistoso passo indietro nei rapporti con le altre comunità cristiane»).

© Copyright Corriere della sera, 11 luglio 2007

Francamente non credo che i "destinatari" del documento siano i Lefebvriani (cosi' come il motu proprio "Summorum Pontificum" non e' diretto a loro ma ANCHE a loro), ma ritengo che esso miri a mettere nella giusta collocazione certe interpretazioni, diciamo cosi', "fantasiose" del dettato della "Lumen Gentium".
Raffaella

IL PASTORE VALDESE

«Un segno di paura verso il mondo che cambia»

Gian Guido Vecchi

MILANO — «La Chiesa romana si definisce madre e maestra. Ma una maestra che deve bacchettare così spesso i suoi allievi forse non è più così sicura della propria autorevolezza. E una buona madre non ha paura dei suoi figli, della loro libertà di diventare adulti». Il pastore Daniele Garrone, 53 anni, biblista e decano della facoltà valdese di teologia, tre mesi or sono fu invitato in Vaticano a presentare il libro di Benedetto XVI su Gesù con il cardinale Christoph Schönborn e il filosofo Massimo Cacciari. Un segno di apertura ecumenica, certo, «ma qui la posta in gioco è diversa, è in ballo l'identità della Chiesa».

Un passo indietro nel dialogo?

«Certamente sì. È offensivo sentirsi dire: voi non siete chiesa. Ma dire che la Chiesa di Cristo "sussiste" oppure "è" in quella di Roma, in fondo, è una distinzione cavillosa che va bene per i teologi. Il punto non è questo. Si conferma una posizione già detta nella "Dominus Jesus". E questo fa il paio con il divieto ripetuto ai cattolici tedeschi di ricevere l'eucarestia con i protestanti...».

E allora?

«E allora il vero problema è: come mai, con sempre maggiore insistenza e rigidezza, viene ribadito che così dev'essere? Certo non dipende da un pericolo protestante, dalla terribile attrazione fatale che eserciterebbe sui cattolici...».

Quindi da cosa dipende?

«Secondo me è un problema interno. Una bacchettata sulle dita a quei settori del cattolicesimo che hanno interpretato il Concilio come apertura, rinnovamento profondo, riforma... Soprattutto è un segno di debolezza e di paura. Una grandissima paura».

Di che?

«In Europa il cristianesimo è stato egemone per secoli. Oggi la "civiltà cristiana" è finita. Così ci sono due strade: possiamo salutare questo equivoco, la fede come civiltà, e ci mettiamo a scoprire cosa significa essere discepoli di Cristo. Oppure si cerca di arginare, ribadire, pronunciare diktat... Le cose sono andate troppo avanti e bisogna mettere in riga. Ha notato il vocabolario?»

Quale vocabolario?

«L'"interpretazione autentica"! Significa che la pluralità di interpretazioni è minacciosa ed è compito della Congregazione dire quale sia quella vera, unica e vincolante. Certo è anche una questione di potere. Se uno comincia a pensare che, in quanto battezzato, è libero e responsabile davanti a Dio, dove va a finire il fatto che la tua coscienza è vincolata dall'interpretazione autentica del magistero?».

Preoccupato?

«No, in verità non mi turba più di tanto. Credo che il Papa non abbia interesse alcuno a un ecumenismo con i protestanti. È con gli ortodossi che ci sono più affinità: si vuole saldare il fronte cristiano-tradizionale contro la modernità. Però ho fiducia, il cattolicesimo è plurale, non un'armata monolitica. E non basterà una bacchettata a fermare i rapporti spirituali e umani avviati dopo il Concilio. Piuttosto...».

Piuttosto?

«È triste che i cristiani, anziché chiedersi ciò che Cristo si aspetta da noi, stiano a preoccuparsi delle delimitazioni. Dentro e fuori. Quando tutto comincia proprio facendo entrare chi sta fuori: Gesù va a cena con i peccatori, non con gli uomini di chiesa. Il problema non sono i confini. Tanto più che la Chiesa, lo sappiamo, è e sussiste in Cristo».

Daniele Garrone, 53 anni, è il decano della Facoltà valdese di teologia

© Copyright Corriere della sera, 11 luglio 2007

E' curioso che si accusi la Chiesa Cattolica di bacchettare Protestanti, fedeli e teologi e poi si faccia esattamente la stessa cosa :-)
Raffaella

LE OPINIONI

CONTRO

Non si deve rottamare il Concilio

Ferita a morte la credibilità dell'ecumenismo

di ALBERTO MELLONI

Ieri l'ex sant'Ufficio ha reso note 5 domande e risposte circa la dottrina sulla chiesa il cui nucleo si raccoglie attorno all'interpretazione di Lumen Gentium 8. In quel punto il concilio dice che la unica e vera chiesa di Cristo sussiste nella
(subsistit in) chiesa cattolica, governata dal successore di Pietro e dai vescovi: e l'aveva fatto per un motivo chiaro. Sotto Pio XII s'era sfiorata l'identificazione fra Chiesa di Cristo e Chiesa cattolica romana. Qualche estremista, come il padre Leonard Feeney, ne aveva dedotto che fuori dalla istituzione ecclesiastica romana, allora, non c'era salvezza: e per questo era stato scomunicato nel 1953. Al concilio dunque si cercò di uscire da questa pericolosa strettoia ereticale: si rigettò una prima stesura che diceva che la chiesa di Cristo «è» (est) la chiesa cattolica; si rifiutò la correzione per cui «la Chiesa di Cristo è presente nella» ( adest in) Chiesa cattolica e a fine novembre del 1963 si adottò la formula: «sussiste nella» ( subsistit in, e sottolineo in).
Per tre decenni è stato pacifico che quella frase — reinterpretata anche dal decreto sull'ecumenismo e non solo — voleva sostenere teologicamente il cammino ecumenico di Roma. Poi nel 2002, a valle della Dominus Jesus di Ratzinger che già ne conosceva le tesi, uscì un libro di Alexandra von Tauffenbach, chiuso dentro quella sola frase e dentro la sola teologia di padre Tromp, membro della commissione che lavorò al testo conciliare. Attraverso una serie di piccole forzature storico- critiche (severamente rimproverate dal compianto monsignor Sartori, da padre Sullivan), la Tauffenbach arrivava a sostenere che: a) l'espressione «subsistit» veniva da Tromp; b) che per questo andava interpretata secondo le intenzioni di Tromp; c) e che dunque significava ancora più che un semplice «est» .
A questa esegesi pignola, ma storicamente miope, si rimette oggi la Congregazione della dottrina della fede per evitare le «interpretazioni errate». Il risultato o almeno il rischio di queste risposte, però, è non evitare nulla, ma anzi ferire a morte la credibilità ecumenica del cattolicesimo romano, solo per il gusto di dire che il Vaticano II non ha cambiato la precedente dottrina sulla chiesa (che è onestamente ovvio, tanto quanto è ovvio che se un concilio si fa sarà per dire qualcosa...). Ma alla domanda che viene subito spontanea — la Chiesa di Roma desidera o pensa di riuscire a rottamare il Concilio Vaticano II? — non è una Congregazione che deve rispondere.

© Copyright Corriere della sera, 11 luglio 2007

A parte il fatto che non ho capito molto di questo articolo (Melloni scusera' la mia ignoranza!), non capisco davvero dove si vuole andare a parare...boh!
R.


A FAVORE

Nuovo passo della strategia di Ratzinger

E' difficile trovare elementi di novità o di scandalo nel documento che è solo un altro tassello della strategia ratzingeriana: ammonire che il Concilio Vaticano II non è stato una rottura

Una scelta lineare nella tradizione del Magistero

Anche se qualche giornalista va sfruculiando esponenti di comunità non cattoliche eccitandoli alla polemica, è difficile trovare elementi di novità o addirittura di scandalo nelle quindici paginette. Sono quelle del documento della Congregazione per la fede intitolato «Risposte ai quesiti riguardanti alcuni aspetti circa la dottrina sulla Chiesa».
Già sette anni fa, in un altro documento ben altrimenti corposo, la Dominus Jesus, le stesse cose erano state ribadite. Ribadite, dico, in quanto neppure allora si trattava di novità, bensì di insegnamenti costanti del Magistero, riuniti in un solo testo all'insegna del repetita iuvant. Nel documento attuale si punta la lente, ingrandendola, su un'espressione usata dal Vaticano II e sulla quale si sono versati fiumi di inchiostro. Nella Costituzione conciliare Lumen Gentium,
cioè, si afferma che la vera Chiesa che Cristo ha fondato
«subsistit in Catholica Ecclesia». I Padri del Vaticano II, dunque, non hanno usato il verbo est, è, ma hanno preferito quel «sussiste» che molti teologi hanno letto come un'attenuazione delle pretese romane, quasi che la vera Chiesa voluta da Gesù «sussistesse » anche in altre comunità. E' un'interpretazione che è stata più volte respinta dal Magistero e che ora viene riaffrontata con ampiezza. Quel verbo, si dice, è stato scelto non per diminuire l'unicità della Catholica
ma per ribadire che elementi di verità possono sopravvivere altrove, restando però chiaro che la pienezza della verità e dell'efficacia del Cristo vivono nella gerarchia che ha il Romano Pontefice al vertice.

Una spiegazione classica ma che meritava di essere ribadita, visto che qualche teologo su quel subsistit aveva costruito castelli «ecumenici» che ora vengono dichiarati di carta.

Un déja vu anche nella distinzione tra le antiche comunità orientali che hanno diritto, pur se separate da Roma, ad essere dette «chiese», perché hanno conservato la successione apostolica (e, dunque, il sacerdozio, l'eucaristia e gli altri sacramenti) e i gruppi non solo scismatici ma eretici nati dalla Riforma protestante, che possono essere indicate solo come «comunità ecclesiali cristiane ». Un documento, insomma, che è solo un altro tassello della strategia ratzingeriana di sempre: ammonire che il Vaticano II non è stato una rottura con la tradizione ma uno sviluppo e un approfondimento di una fede che è rimasta la stessa, una fede che non conosce distinzioni tra «pre» e «post-conciliare ».

© Copyright Corriere della sera, 11 luglio 2007

Grazie, caro Messori!!! Finalmente una spiegazione chiara, limpida, non polemica ed assolutamente comprensibile :-)
R.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Melloni ma allora la sua è una fissazione!!!!!!! Comincio a pensare che lei veda sberleffi al Concilio anche dove non esistono.......... attenzione le ossessioni come le fissazioni sono pericolose tanto quanto l'odio .......non permettono il corretto funzionamente della parte pensante del nostro organismo!!!!!!!

francesco ha detto...

beh melloni è uno storico e ripesca l'origine della querelle
il suo intervento è preciso, puntuale e argomentato
certamente poco giornalistico, poco "controversistico"...
forse evoca fantasmi che non ci sono e il documento più che rifarsi al vecchio tromp vuole porre le basi per un sano ecumenismo, tutto qui!
a me messori, invece, pare semplicistico... e non aiuta a cogliere la complessità del problema
francesco