18 luglio 2007

"Gesu' di Nazaret": il commento di Mons. Bruno Forte


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(nella foto un momento dell'ordinazione episcopale di Mons. Bruno Forte da parte dell'allora cardinale Ratzinger, 8 settembre 2004)

Il Gesù di Nazaret di Joseph Ratzinger

di S.E. Rev.ma Mons. Bruno Forte.

Il dibattito intorno al Gesù di Nazaret di Joseph Ratzinger – Benedetto XVI è ormai acceso.
Peraltro, era stato l’Autore stesso a sollecitarlo. “Non ho di sicuro bisogno di dire espressamente – è scritto nella Premessa - che questo libro non è in alcun modo un atto magisteriale, ma è unicamente espressione della mia ricerca personale del ‘volto del Signore’ (cfr. Sal 27,8). Perciò ognuno è libero di contraddirmi” (20).
Il punto su cui l’attenzione sembra essersi focalizzata può esprimersi nella domanda se si sia di fronte a un’opera scientifica, e dunque maturata attraverso il vaglio critico delle fonti e della loro interpretazione, o se si tratti “unicamente” di una testimonianza spirituale, in cui la fede viva del credente emerge in maniera limpida e si rivolge esplicitamente al lettore in forma di proposta e di invito al coinvolgimento personale. In realtà, entrambe queste letture mi sembrano parziali e – per certi aspetti – datate. L’opera di Ratzinger su Gesù non ignora i due secoli di critica moderna alla storicità dei Vangeli e certamente non vuol essere un ritorno a quell’innocenza narrativa pre-critica, che consentiva di scrivere una biografia del Nazareno dando per scontata l’attendibilità storica di ogni informazione evangelica. Il libro, però, non è neanche un esercizio critico nel senso della scuola protestante liberale – quella che si è espressa nelle innumerevoli “vite di Gesù” della cosiddetta “Leben-Jesu-Forschung” ottocentesca –, i cui risultati furono definitivamente relativizzati dall’accurata analisi compiuta su di essi da Albert Schweitzer, il futuro “medico dei lebbrosi”. Questi – esaminando a tappeto la sterminata produzione “liberale” su Gesù – aveva concluso significativamente che la presunta ricerca di oggettività storica si era risolta in un moltiplicarsi a caleidoscopio delle immagini del Profeta di Nazaret, a tal punto da poter concludere che “il Gesù di un protestante liberale non è altro che un protestante liberale”! Il lavoro del Papa teologo non può nemmeno classificarsi nella parimenti vasta produzione di Bultmann e dei cosiddetti “bultmanniani”, protesi a collocare al centro di ogni interesse l’annuncio del Risorto – il “kérygma” –, trascurando come del tutto prive di rilevanza le informazioni possibili sul Gesù prepasquale: osserva anzi Ratzinger che il rischio di una simile impostazione è quello di svuotare semplicemente di ogni contenuto l’umanità del Figlio venuto nella carne.
Dove si colloca allora la ricerca di cui il volume è espressione? Risponderei a questa domanda con una indicazione di massima, formulata così: si tratta di un tentativo rigoroso di presentare la figura di Gesù di Nazaret alla luce di una sorta di “innocenza narrativa post-critica”.

L’Autore dà credito alla affidabilità storica dei Vangeli, ma non lo fa in maniera acritica e pregiudiziale, bensì vagliando le testimonianze e applicando i criteri che il raffinato dibattito di due secoli intorno alla storicità delle informazioni evangeliche ha elaborato. Certamente, anche in questa linea di lettura – oggi ampiamente condivisa (basti solo pensare al monumentale Gesù del grande esegeta tedesco Klaus Berger) – ci sono accenti diversi, che vanno da un minimalismo a un massimalismo. Il libro del Papa si colloca su una linea precisa – proprio per questo esposta al contraddittorio sull’uno o l’altro punto – che è motivata da una fondamentale opzione interpretativa, secondo cui l’accostamento alla figura del Gesù storico non è mai irrilevante per la mente e il cuore di chi lo opera. Gioca in questa scelta la maturazione della scienza ermeneutica compiutasi, ad esempio, attraverso il contributo di Hans Georg Gadamer: questi rivela giustamente che nel
rapporto a una figura o a un’opera del passato entrano in gioco almeno tre elementi, l’estraneità, la coappartenenza e la finale fusione di orizzonti. Il passato è passato e va trattato da passato: l’estraneità e il conseguente rigore critico sono in tal senso la garanzia dell’oggettività. E tuttavia non ci si avvicinerebbe a un testo o a una figura come quella di Gesù di Nazaret se non ci fosse anche una coappartenenza, un investire cioè il passato delle domande del presente, quelle che toccano da vicino il nostro cuore e la nostra vita. Quando si arriva all’incontro fra questi due poli si ha la comprensione, quella “fusione di orizzonti” in cui il passato parla al presente e lo feconda trasformandolo. Questa fusione è in particolare la meta di ogni accostamento del credente ai Vangeli, che non è mai mosso da semplice curiosità intellettuale, ma dal desiderio di comprendere meglio se stessi e la vita di tutti alla luce di quanto sappiamo della storia del Figlio di Dio venuto nella carne. Un simile approccio è tutt’altro che pregiudiziale o non scientifico: esso adegua la criticità necessaria alla conoscenza storica all’oggetto e rende la ricerca condotta sul passato una singolare sorgente di vita nuova e di freschi legami con il presente. Di qui tre conseguenze, espresse da Ratzinger senza remore: “Io ho fiducia nei Vangeli” (17). “Questo libro presuppone l’esegesi storico-critica e si serve dei suoi risultati” (409), ma “vuole andare oltre questo metodo mirando a un’interpretazione propriamente teologica” (ib.). Che cosa implichi questo terzo asserto è chiarito dallo stesso Autore: Gesù “ci mostra Dio, non un Dio astratto, ma il Dio che agisce, che entra nella nostra vita e ci vuole prendere per mano. Attraverso la vita di tutti i giorni ci mostra chi siamo e che cosa dobbiamo fare di conseguenza. Ci trasmette una conoscenza impegnativa, che non ci porta solo e anzitutto a nuove cognizioni, ma cambia la nostra vita” (229). Si tratta dunque di un approccio “performativo”, teso cioè a coinvolgere in prima persona il lettore: ed è precisamente questo a spiegare perché il libro si lasci leggere con tanto gusto e probabilmente – come mostra la sua diffusione – da tanti. Ma è ancora questo approccio a farci comprendere perché susciti tanto dibattito e non lasci indifferente chi se ne occupi: a favore o contro.

di + Bruno Forte Arcivescovo di Chieti-Vasto

http://www.pastoralespiritualita.net/modules/news/article.php?storyid=1361

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Raffaella, ma li fai tu i montaggi delle foto?!?!
Non sono male....
Già che ci sono ti ringrazio per avermi ospitato su questo blog...
io che come un maleducato non ho neanche salutato all'inizio!!!
Bè lo faccio adesso
CIao a tutti :-))))))))))))))))))

Anonimo ha detto...

Ciao Federico :-))
Mi limito a inserire le foto che trovo su internet, quindi il merito non e' mio :-))

francesco ha detto...

ma dove l'hai scovata sta bella foto? mi riporta a una delle celebrazioni più piene di speranza per le sorti della chiesa che abbiamo vissuto nel recente passato... a cui ho avuto l'onore di partecipare!
mons. forte è davvero forte!
tenetelo d'occhio
francesco

Anonimo ha detto...

Ciao Francesco, ho salvato sul mio pc molte foto del Papa (da solo o con fedeli, sacerdoti, vescovi e cardinali). Di volta in volta scelgo una foto per "arricchire" ciascun post. Tempo fa cercai la biografia di Mons. Forte e cosi' trovai anche la foto. Ho fatto bene a conservarla :-))
Piace molto anche a me Bruno Forte. Ricordo ancora la sua emozione (si vedeva dal viso), quando, a Manoppello, il Papa gli disse che imparava molto dai suoi libri.
Si vede che e' un uomo di Dio, molto preparato ma molto umile.
R.