6 luglio 2007

Motu proprio sulla Messa tridentina: la parola alle agenzie Apcom e Ansa


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Domani viene pubblicato Motu proprio, in vigore il 14 settembre

Città del Vaticano, 6 lug. (Apcom) - Annunciato per la prima volta ad ottobre dell'anno scorso, un provvedimento papale che permetterà di celebrare messa secondo il rito antico (uso esclusivo del latino e celebrante spalle all'assemblea) verrà infine pubblicato domani. Sarà corredato da una lettera con cui lo stesso Benedetto XVI spiega ai vescovi di tutto il mondo le intenzioni di questa iniziativa e risponde, così, alle preoccupazioni da loro espresse nel corso dei mesi. Il Motu proprio di Ratzinger si intitola 'Summorum Pontificum' dalle prime due parole del suo incipit ('Summorum Pontificum cura...', cura dei sommi pontefici...'). Rivolto ai fedeli tradizionalisti (presumibilmente qualche migliaio in tutto il mondo) il documento punta, in realtà, ad incoraggiare l'unità di tutta la Chiesa, toccando una materia - quella liturgica - che rimanda alla fondamentale questione dell'interpretazione del Concilio vaticano II e del rapporto, centrale nel pontificato di Benedetto XVI, tra fede e modernità.

Fin da quando era prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, l'attuale Papa si occupò dei tradizionalisti, e in particolar modo degli scismatici di monsignor Marcel Lefebvre. L'allora cardinal Ratzinger arrivò a siglare con Lefebvre un protocollo d'accordo, nel 1988, e il giorno dopo l'arcivescovo tradizionalista annunciò l'intenzione di nominare alcuni vescovi senza l'assenso di Roma. Un gesto che fece scattare la scomunica vaticana.
Salito sul soglio pontificio, Benedetto XVI ha ricevuto nella residenza estiva di Castel Gandolfo il nuovo superiore, monsignor Bernard Fellay. Quanto al Motu proprio, i lefebvriani hanno più volto spiegato la loro posizione. "Se realizza la prima condizione posta da monsignor Fellay", ha detto di recente il segretario generale della Fraternità San Pio X, l'abate Arnaud Selegny, "ne esiste una seconda: l'annullamento delle scomuniche del 1988". Non solo, per gli scismatici con base ad Econe, in Svizzera, rimane il dissenso su "molti" altri temi, a partire da libertà religiosa ed ecumenismo. Tutte questioni riconducibili all'atteggiamento assunto dalla Chiesa cattolica con il Concilio vaticano II (1962-1965).

Ma non è tanto per la posizione dei tradizionalisti che il Papa è preoccupato, quanto per le possibili reazioni degli episcopati europei ed americani. Che nei mesi scorsi hanno tirato fuori, pubblicamente o privatamente, critiche e perplessità. C'è chi teme un ritorno al passato dal sapore retrivo e chi l'esplodere di tensioni all'interno delle diocesi.
Motivo per cui Benedetto XVI ha sondato a più riprese i vescovi, ne ha invitati una quindicina da vari paesi, la settimana scorsa, per spiegare loro il Motu proprio, ha deciso - a quanto anticipato dall'agenzia stampa francese 'I.Media' - che il documento entrerà in vigore il 14 settembre per lasciare il tempo di metabolizzarlo, ed ha deciso di accompagnare il testo con una lettera nel quale risponde alle varie preoccupazioni. Da un canto usando, a quanto filtrato, parole molto dure su alcune libertà eccessive adottata qui e là in materia liturgica dopo la riforma del 1970. E dall'altro criticando le esagerazioni da parte dei tradizionalisti.

Mentre nelle conferenze episcopali di tutto il mondo si approntano traduzioni del Motu proprio latino per poter meglio capirne il senso e apprezzarne il valore, del contenuto sono ormai note le grandi linee. Per poter celebrare la 'messa in latino' non sarà più necessaria la previa autorizzazione del vescovo ma basterà che un "gruppo stabile" di fedeli tradizionalisti lo chieda per ottenere che in una chiesa della diocesi essa venga celebrata (al massimo una volta ogni domenica o giorno festivo). Il Motu proprio, a quanto anticipato sempre da 'I.Media', incoraggerà la creazione di "parrocchie personali" in cui si celebra solo in latino. Il provvedimento papale sottolineerà che il messale pre-conciliare non è mai stato abrogato, riconoscendolo come "forma straordinaria" dell'unico rito romano. Il ruolo del vescovo non sarà esautorato. Egli interverrà ogni volta che si creassero contenziosi tra un sacerdote della sua diocesi ed i fedeli. Ai vescovi, si sottolinea negli episcopati nord-europei, rimarrà inoltre il compito di organizzare la formazione dei celebranti, i 'curricula' dei seminari, la gestione del doppio calendario liturgico. "Il ruolo del vescovo è centrale nelle disposizioni dell'ordine delle celebrazioni", ha riassunto di recente il cardinale Tarcisio Bertone. D'altra parte, ha aggiunto il principale collaboratore del Papa, "c'è una comunione e ci deve essere sintonia in questa bella orchestra".

I vescovi potranno far sentire la loro voce, insomma, ma non sarà permesso stonare. Anche perché l'intenzione di Benedetto XVI è la restaurazione, ma, come ha spiegato di recente il cardinale Dario Castrillon-Hoyos (presidente della Pontificia Commissione 'Ecclesia Dei' istituita nel 1988 da Giovanni Paolo II per favorire il ritorno nella Chiesa cattolica degli scismatici tradizionalisti), il desiderio di "mettere a disposizione della Chiesa tutti i tesori della liturgia latina che per secoli ha nutrito la vita spirituale di tante generazioni di fedeli cattolici". Continuità nella tradizione, insomma, e non rivoluzione liturgica. Unità e non divisione.

Gli stessi concetti espressi da Benedetto XVI nel suo primo discorso alla Curia, il 22 dicembre del 2005, quando spiegò che il Concilio vaticano II andava interpretato non come "rottura" ma come "continuità" nella storia della Chiesa. "La Chiesa è, tanto prima quanto dopo il Concilio, la stessa Chiesa una, santa, cattolica ed apostolica in cammino attraverso i tempi", spiegò allora. "Chi si era aspettato che con questo 'sì' fondamentale all'età moderna tutte le tensioni si dileguassero - aveva aggiunto - aveva sottovalutato le interiori tensioni e anche le contraddizioni della stessa età moderna". Sempre in quel discorso - uno dei più importanti del suo pontificato - il Papa, spiegando la controversa ricezione del Concilio vaticano II, aveva citato san Basilio (330-379), che paragonò la situazione della Chiesa successiva al Concilio di Nicea ad una "battaglia navale nel buio della tempesta". Non è un caso, forse, che mercoledì scorso il Papa abbia dedicato proprio a san Basilio la sua catechesi del mercoledì. Spiegando che egli "si impegnò a ricomporre le divisioni all'interno della Chiesa, adoperandosi perché tutti si convertissero a Cristo e alla sua parola, forza unificante alla quale tutti i credenti devono obbedire".

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TRE ANNI DI PROVA PER LA MESSA IN LATINO

CITTA' DEL VATICANO - Vinte le perplessità di molti episcopati nazionali e singoli vescovi, dato ascolto ai molti dubbi e obiezioni del suo gregge, dopo mille indiscrezioni e annunci smentiti, il Papa pubblicherà il motu proprio che liberalizza la messa in latino secondo il rito tridentino. Dal Concilio per celebrarla era necessario uno speciale "indulto" del vescovo, che Benedetto XVI abolisce, venendo incontro in questo modo alle aspirazioni dei cattolici più tradizionalisti. L'abbandono della messa in latino è stato, infatti, uno dei motivi di allontanamento dalla Chiesa cattolica di mons. Marcel Lefebvre e dei suoi seguaci, dichiarati scismatici da Roma. Il motu proprio "Summorum Pontificum cura", secondo indiscrezioni, dovrebbe entrare in vigore il 14 settembre per dare ai vescovi il tempo di organizzarsi per rispondere alle eventuali richieste dei fedeli di celebrazioni in latino, e sembra che, dopo tre anni, sarà chiesto ai vescovi di far giungere a Roma un resoconto sull'esperienza, indicando eventuali difficoltà. La pubblicazione dell'atteso documento è stata annunciata per domani da una nota della sala stampa vaticana.

La messa in latino secondo il rito tridentino, disposto dal papa san Pio V a seguito del Concilio di Trento (1542-1563), è rimasta in uso - con i successivi aggiornamenti - sino al 1970, anno in cui Paolo VI, dopo alcuni anni di sperimentazione, codificò nel nuovo messale la messa (in latino e nelle lingue moderne) secondo le indicazioni scaturite dalla costituzione conciliare Sacrosanctum Concilium. L'ultimo messale romano aggiornato del rito tridentino fu pubblicato per disposizione di Giovanni XXIII nel 1962, lo stesso anno che si aprì il Concilio Vaticano II. Con il motu proprio - che in questi mesi è stato ampiamente modificato e rimaneggiato, per la reazione fortemente negativa di alcuni episcopati, in particolare quello francese -, papa Ratzinger pubblicherà anche una lettera esplicativa in cui presumibilmente cercherà di chiarire le perplessità di quanti temono che queste disposizioni significhino un ritorno al passato e una negazione del Concilio. E per favorire la ricezione positiva di questo testo la scorsa settimana ha convocato una riunione di cardinali e vescovi di tutto il mondo per illustrarne contenuti e obiettivi. Alcuni episcopati temono infatti di essere scavalcati, non essendo più necessario l'"indulto" del vescovo per celebrare secondo il rito tridentino.
Intanto la agenzia vaticana Fides ha ammonito che il motu proprio "andrebbe accolto in maniera molto favorevole da tutti poiché si tratta non di un provvedimento restrittivo, ma di un vero "allargamento delle possibilità, secondo l'ormai nota linea ratzingeriana dell"allargamento della ragioné".
"A nessuno - rimarca Fides - sarà impedito alcunché, al limite verrà impedito di impedire la celebrazione secondo il rito antico". "Non si comprende - aggiunge l'agenzia - perché molti, talora forieri delle più libertarie teorie in molti campi, oggi temano una maggiore libertà nella scelta del rito in cui celebrare la divina Eucaristia. Impressione, fondata, è che siano essi i medesimi forieri di quella perniciosa creatività liturgica che troppo spesso stravolge i riti impedendo ad essi di parlare realmente al Popolo di Dio. Chi ha paura della libertà? Speriamo nessuno". "Il Motu proprio - è la conclusione - è un atto della responsabilità personale del Papa che allarga la libertà nella Chiesa".

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2 commenti:

euge ha detto...

Non credo che le stesse menti che ora si ribellano al Motu proprio siano abbasta intelligenti e di ampie vedute da capire che è un provvedimento che serve ad eliminare ulteriori divisioni e discriminazioni ed alterazioni nella celebrazioni che si sono prodotte anche in maniera pesante dopo il CVII
all'interno della chiesa ; ma, la cosa più grave e che il maggiore ostruzionismo arriverà proprio da coloro che saranno chiamati magari a spiegare il significato di questo Motu Propio che sta diventando senza ragione, lo spauracchio di preti e forse di fedeli.
Eugenia

Cristiano ha detto...

No cara Eugenia, preghiamo perchè ogni sacerdote sia degno ministro di cotanto Ministerio... io credo che i preti modernisti, più che avere idee bacate in proprio, siano vittima di una forte influenza ideologica da parte del "mondo". A parte tutto, non c'è stata una ricezione proprio pessima fin'ora... aspettiamo e preghiamo!