7 luglio 2007

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Alberto Bobbio

CITTÀ DEL VATICANO Questa mattina il Papa pubblicherà il motu proprio con il quale concederà la possibilità di celebrare la Messa, secondo il rito tridentino, nell'ultima versione corretta da Giovanni XXIII il 23 giugno 1962, quando promulgò il nuovo messale, nel quale non c'erano più le espressioni «perfidi giudei». Il motu proprio si intitola «Summorum pontificum». L'annuncio è stato dato ieri dalla sala stampa della Santa Sede. Tra i vescovi di tutto il mondo c'è attesa e qualche preoccupazione per ciò che potrebbe apparire un nostalgico ritorno al passato.
Ma così non sarà. Il dispositivo (un motu proprio è una sorta di legge disposta dal Papa) verrà accompagnato da una lunga lettera di Ratzinger per spiegare i motivi pastorali che lo hanno indotto a sbloccare una situazione di stallo, che assolutamente non puntano a indebolire la riforma liturgica del Concilio Vaticano II. Intanto non si tratta del riconoscimento di un altro rito accanto a quello post-conciliare, cosiddetto «di Paolo VI». Semplicemente la disposizione lo considera una forma straordinaria dell'unico rito romano, che vale per la Messa, per i sacramenti e anche per i funerali. Nei mesi scorsi infatti l'ex arcivescovo di Parigi, il cardinale Lustiger, e il presidente dei vescovi francesi, cardinale Ricard, arcivescovo di Bordeaux, erano stati dal Papa per manifestargli dubbi e timori circa la minaccia all'unità della Chiesa che due riti potrebbero portare.
Nella Chiesa d'Occidente infatti non sono mai esistiti due riti uno accanto all'altro, salvo alcuni casi, legati a un particolare contesto geografico e senza altra motivazione teologica, come quello del rito ambrosiano a Milano. Finora la possibilità di celebrare secondo l'antico rito tridentino era data dal vescovo diocesano con una dispensa o indulto. Dopo l'entrata in vigore del motu proprio di oggi dovrebbe esserci maggiore libertà. Il Papa avrebbe previsto un periodo di prova limitato e sperimentale di tre anni. Dopo di che i vescovi dovranno riferire circa l'esperienza e solo allora la Santa Sede prenderà una decisione definitiva.
La disposizione del Papa arriva dopo due anni di riflessione. L'anno scorso a marzo, Benedetto XVI ha consultato tutti i cardinali, i quali, sembra all'unanimità, si sono espressi in favore di un gesto verso i movimenti più tradizionalisti. Ma è sbagliato dire che il motu proprio riguarda principalmente i seguaci del vescovo ribelle monsignor Lefebvre, morto qualche anno fa, dopo aver dato vita a uno scisma. L'obiettivo di Ratziger è quello di eliminare l'argomento principale, ma non sostanziale, degli integristi, appunto la celebrazione delle Messa tridentina.
Con i lefebvriani le condizioni per una ricomposizione dello scisma restano invariate e riguardano l'accettazione del Concilio Vaticano II. Piuttosto il Papa è preoccupato di quei fedeli, pochi in Italia, ma più numerosi in Francia e in Svizzera, che sono legati all'antico rito per tradizione e non si pongono il problema dell'accoglienza piena di tutta la dottrina contenuta nel Vaticano II, in ordine alla teologia, al dialogo interreligioso, all'accettazione della modernità. La lettera che accompagna il testo del motu proprio serve a questo ed è rivolta anche ai cattolici conciliari, ai quali si chiede di non guardare con sospetto il vecchio rito.
La cornice è quella già fissata con chiarezza da Ratzinger nel discorso alla Curia romana del 2005, quando spiegò che gli insegnamenti del Vaticano II vanno interpretati alla luce della tradizione, senza rinunciare alla libertà religiosa e ai nuovi rapporti tra la Chiesa e il mondo. La stessa cosa il Papa ha ripetuto tante volte, anche da teologo, riguardo alla liturgia, criticando tutto ciò che dà l'impressione di voler liquidare, con metodi troppo decisi, il valore positivo e religioso della tradizione. Con il dispositivo di oggi Benedetto XVI tenta di ricucire gli strappi su liturgia e tradizione, senza concedere nulla agli anticonciliari.
La decisione del Papa non è tuttavia una sua scelta solitaria. Vi sono state moltissime consultazioni. L'ultima, con 15 tra cardinali e vescovi rappresentanti di numerose conferenze episcopali, è avvenuta la scorsa settimana, quando il Papa ha presentato il testo definitivo e ha discusso con loro per oltre un'ora. E, secondo quanto si è appreso, non vi sono state sostanziali obiezioni. I due testi che saranno pubblicati oggi confermeranno ancora una volta lo stile di Ratzinger e la sua forza tranquilla, ancorata alla tradizione cattolica, ma aggiornata, senza alcun equivoco, dai documenti del Concilio e dalle disposizioni dei suoi predecessori.

© Copyright L'Eco di Bergamo, 7 luglio 2007

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