1 settembre 2007
Mons. Bagnasco: il problema dei giovani sono gli adulti
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Bagnasco: il problema dei giovani sono gli adulti
di FRANCA GIANSOLDATI
LA questione giovanile irrompe nella Chiesa. La rottura del patto tra le generazioni vale anche per la trasmissione della fede. Il contesto socio-culturale non aiuta e così i giovani si ritrovano sempre più esposti alle «lusinghe e ai falsi miti». Il presidente della Cei, Angelo Bagnasco (nella foto), tutto questo lo conosce bene; da ex insegnante ed assistente diocesano della Fuci, il mondo dei ragazzi ha potuto radiografarlo a fondo. Occorre mettere «il mondo adulto in stato di auto-analisi», rileva l’arcivescovo. Ai teen-ager lancia un appello: basatevi sul Vangelo, impegnatevi in politica, quella con la P maiuscola e aiutate il prossimo. A chi gli evidenzia uno scollamento tra i comportamenti giovanili e i valori morali che la Chiesa difende con tanta energia risponde che esistono ancora coloro che sanno andare controcorrente.
Gettare le basi per la società del futuro significa badare a che vi sia una comunione d’intenti tra vari soggetti educativi. Contributi e integrazioni sono utili perché vi sia «come riferimento un umanesimo alto e non un compromesso a ribasso».
A Loreto sta arrivando una fiumana di papaboys. facce pulite, zaino in spalla, chitarra, impegnati nel sociale, attenti ai valori fondamentali, poco modaioli. Perché i giovani, invece, spesso vengono descritti in chiave problematica o quasi patologica?
«Per come li conosco io i giovani hanno una specie di istinto radicato attorno ai valori importanti, percepiscono a naso ciò che vale da ciò che è falso, ciò che è autentico da ciò che è contraffatto. Purtroppo però in questa capacità di cogliere istintivamente il bene non sono affatto aiutati dal mondo adulto, al quale spetta di presentare ciò che conta Gli adulti appaiono e sono poco convincenti e non solo quando si tratta di argomentare, ma ancor prima quando si tratta di trascinare con la forza degli esempi».
Perché i ragazzi di oggi sono così esposti al vento del relativismo?
«Perché sono aiutati meno dall’ambiente culturale in cui vivono e in particolare sono esposti più facilmente alle lusinghe e alla serie dei falsi miti. Qui più che colpevolizzare i giovani dovremmo piuttosto mettere il mondo adulto in stato di autoanalisi. Perché è lì e non tra le giovani generazioni il problema».
I preti sanno parlare ai ragazzi?
«Quando un prete o una suora o un laico riesce a parlare ai giovani col linguaggio semplice, diretto, fedele, senza sconti si arriva al cuore dei giovani. Non è necessario rincorrere i giovani, ma proporre con passione e chiarezza il messaggio evangelico che è poi l’incontro con Cristo e la Chiesa. Se si riesce a far questo si arriva infallibilmente al cuore dei nostri interlocutori».
Vi trovate a fronteggiare più una sfida educativa o culturale?
«Sono sfere che si richiamano a vicenda. Se non c’è una cultura aperta alla ricerca del bene, del bello e del vero anche l’educazione è destituita di fondamento e credibilità. Se non c’è niente di vitale da trasmettere, a parte il libero gioco delle opinioni, perché mai impegnarsi a far crescere. Per i cristiani la cultura non è una ideologia, ma la persona storica di Cristo, la cui esperienza non è relegata al passato.»
In che cosa pensa che la Chiesa abbia fallito, se ha fallito, nei confronti dei giovani?
«A me pare che la Chiesa sia sollecitata nell’ora presente ad un annuncio sempre più chiaro, distinto, e materno del volto di Dio. Alla Chiesa tocca oggi, in particolare, annunciare l’amicizia calda che si sperimenta con l’incontro col Signore. Un compito che deve essere svolto con un di più di dedizione e fede proprio intorno all’annuncio dell’amore di Dio. In secondo luogo la Chiesa deve essere una casa accogliente e abitabile, punto di riferimento per tutti, a cominciare dai giovani, con la presenza disponibile e serena del sacerdote».
Si sente di incoraggiare i giovani ad impegnarsi in politica?
«Mi sento di incoraggiare i giovani ad interessarsi agli altri. Questo è un aspetto qualificante del vangelo che non è mai una ritirata nell’intimismo, ma è sempre una uscita verso la realtà. L’amore per il Signore spinge verso gli altri e non esclude quindi la dimensione sociale e politica. Anzi, proprio la disponibilità a farsi carico dei problemi e dei bisogni degli altri è uno dei segni del cristianesimo. L’importante è sapere che la vera politica, quella con la P maiuscola, è sempre una forma importante di servizio».
© Copyright Il Messaggero, 1° settembre 2007
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4 commenti:
assolutamente vero! il problema dei giovani sono gli adulti che non sanno farsi compagni di strada, che non sanno esser per loro padri e madri... benedetto ci prova e nel mio piccolo anch'io
francesco
Le auguro di tutto cuore di riuscirci, caro don Francesco, perché l'impresa non è delle più facili!
Con tutta sincerità, il problema dei giovani della moderna società è molto complesso che non si può liquidare con una frase ad effetto. Io credo che il primo problema dei giovani sono essi stessi, perchè non hanno saputo reagire ad una società di adulti malata. Per esempio, non è sempre vero il fatto che chi nasce da genitori delinquenti debba per forza essere delinquenti, quanti figli hanno capito la realtà sbagliata dei lori genitori e hanno preso una strada diversa e migliore? Nel contempo è anche vero che il problema dei giovani sono gli adulti, e anche qui, la questione è complessa, perchè da molti anni molt cose sono lasciate andare senza che nessuno se ne preoccupasse. Si è vissuto un lungo periodo e ancora lo si vive, in cui sono venuti a mancare drammaticamente i punti di riferimento, dove il genitore non fa più il genitore, il politico non fa più il politico, i vescovi i preti e le suore non fanno più i vescovi i preti e le suore. I problemi dei giovani sono il frutto scaturito da essi stessi e dalla rinunzia dei ruoli che ciascuno dovrebbe occupare nella società.
il "giovane" che cerca un padre o una madre in un adulto solo perchè adulto non è un giovane, ma un bambino.
Quello di cui hanno bisogno i giovani, quello di cui sono affamati, è la vita, in tutte le sue forme, e la libertà per esprimere la propria potenza. Dinanzi a questa sana spinta anarchicoide, genitore chiesa e istituzioni non possono che essere obiettivi da distruggere. Il giovane spesso si sente in colpa per questo sentimento di distruzione e lo rivolge contro se stesso facendosi del male, in altri casi invece se ne libera e lo trasforma in energia positiva e creativa e, dopo aver "distrutto" il concetto stesso di autorità, torna sui suoi passi e magari torna ai suoi genitori (che riconosce nella propria carne anche quando non vorrebbe) e magari anche alla chiesa (che riconosce nel proprio spirito anche se non vorrebbe).
Questo è un ciclo naturale: perdersi e ritrovarsi. E' il ciclo della vita, il ciclio dell'esistenza.
Non potete proteggere i giovani da loro stessi e dalla vita, così come non dovreste proteggere la chiesa dai giovani.
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