27 febbraio 2008

Accordo PD-radicali: il commento di Padre Sorge e di don Carlo Nanni (Corriere della sera)


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Padre Bartolomeo Sorge

«Con i dirigenti del vecchio Pci c'era più sintonia»

Paolo Conti

ROMA — «Con Giorgio Napolitano ci conoscevamo bene. Avevamo una certa similitudine fisica... Il Borghese, il settimanale della destra, mi affiancò a lui. Didascalia: "Guarda questi due come si somigliano"...».
Il gesuita Bartolomeo Sorge, classe 1929, direttore della rivista Aggiornamenti sociali, tra il 1973 e il 1985guidò Civiltà cattolica, un punto di riferimento culturale per il cattolicesimo. «Mi chiamavano "il gesuita che dialoga"». Ed era famosa, e discussa, l'attenzione con cui analizzava le ragioni del Pci.
Aveva amici tra i comunisti: «Penso a Lucio Lombardo Radice. Ci invitavano spesso insieme a dibattiti. Ci chiamavano "i gemelli"».

Qual era la chiave del vostro codice?

«Forse lo stesso che portò Togliatti e De Gasperi a firmare insieme la carta repubblicana. Non è che De Gasperi sia diventato comunista e Togliatti democristiano».

Altro pezzo di memoria storica: «Metà anni 70. Un discorso di Berlinguer, da poco segretario del Pci: "Farò di tutto perché il Pci diventi laico". Io lo ascolto e dico: "Più laico di così?". Invece capisco che esiste una laicità non solo confessionale. E che Berlinguer vuole liberarsi del dogmatismo ideologico di stampo sovietico».
Oggi il Pd ha una difficoltà opposta: «Il problema di oggi, caduti muri e ideologie, è riuscire a fare unità nel rispetto della diversità. Mi sembrava che il Pd di Veltroni fosse riuscito a muoversi quasi nel solco di De Gasperi, che si rivolse non solo ai cattolici ma a tutti i "liberi e forti", credenti e non credenti».

E invece, padre Sorge?

«C'è questa introduzione dei radicali. Che mi preoccupa. Rischia di vanificare l'"andiamo da soli", la vera novità. E introduce la stessa frammentazione che ha provocato i problemi a Prodi».

E perché apre un contenzioso con i cattolici?

«Sì. Di cui non c'era alcun bisogno. Veltroni dovrebbe spiegare bene come si scioglie la contraddizione tra l'arrivo dei radicali e i valori cattolici».

Di nuovo una sospensione: «Altrimenti i voti cattolici potrebbero prendere altre strade. Penso alla proposta della "Rosa bianca", ancora in fase embrionale. Ma sono certo che potrebbe pescare in un bacino molto ampio, attirare molti consensi».

© Copyright Corriere della sera, 26 febbraio 2008


Il salesiano don Carlo Nanni

«Se i programmi sono contro i valori ci si deve opporre»

M. Antonietta Calabrò

ROMA — «I cattolici nel Pd hanno il diritto e il dovere di dire "non ci sto".

"Non ci sto" a programmi che contraddicono quella pienezza di valori umani di cui i cattolici sono portatori, ma che sono non solo per loro, ma per tutti», sostiene don Carlo Nanni, ordinario di filosofia dell'educazione, vicerettore della Pontificia Università Salesiana, di cui è rettore emerito il suo buon amico, il cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone.

Sarà proprio di Nanni, 63 anni, vicino al ministro dell'Istruzione Giuseppe Fioroni, la relazione più attesa («Il bene comune nella società globalizzata») tra quelle (di Andrea Riccardi, Giorgio Formigoni, Franco Garelli) che verranno svolte domani pomeriggio alla convention tra le diverse anime della galassia cattolica del Partito democratico (dai bindiani, ai popolari, ai teodem). Un incontro di scottante attualità, dopo quanto avvenuto durante il governo Prodi (sui Dico e non solo), e le recentissime polemiche su aborto, eutanasia e candidature dei radicali.
Per spiegare quello che dirà, il teologo e pedagogista salesiano cita il filosofo francese Emmanuel Mounier e fa un paragone storico che a prima vista sembrerebbe lontano anni luci dal dibattito di questi giorni: il periodo della lotta per le investiture tra Papato e Impero.

«Allora, come oggi, spesso si riteneva che le prese di posizione del Papa fossero tutte politiche, calate dentro la situazione storica, allo scopo di contrastare un determinato assetto di potere. Eppure — spiega — proprio così il Papa riuscì a difendere la dimensione profetica della Chiesa, contro l'assolutismo monarchico e lo stato etico».

Quindi, venendo ai giorni nostri, nessuna invasione di campo, nelle parole di Papa Benedetto che anche ieri ha parlato contro l'eutanasia?

«"Guai a me se non parlassi", dice San Paolo — risponde Nanni — il Papa si determina a far sentire la sua voce in difesa di ciò che è umanamente degno».

Che fare in concreto della "sofferenza" dei cattolici sotto le insegne veltroniane?

«Ripeto: hanno il diritto-dovere di dire "non ci sto", devono avere, nella loro situazione concreta, capacità di condivisione, discernimento e profezia e mettere in atto tutti gli strumenti dell'azione politica».

© Copyright Corriere della sera, 26 febbraio 2008

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